Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30156 del 16/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30156 Anno 2015
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di

Candian Alessandro, nato a Dolo il 30/08/1991

Giacomello Nicolò, nato a Dolo il 18/05/1991

Compagno Chiara, nata a Dolo il 14/03/1992

avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Padova in data 23/01/2014, nell’ambito del procedimento penale n.
1517/2013, a carico di
Bozzolan Giulio, nato a Dolo il 20/01/1991

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Francesco Mauro Iacoviello, che ha richiesto dichiararsi
l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 16/06/2015

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, con il
provvedimento indicato in epigrafe, disponeva l’archiviazione di un procedimento
penale iscritto nei confronti di Giulio Bozzolan per il delitto di violenza privata, in
ipotesi commesso in danno di Alessandro Candian, Nicolò Giacomello e Chiara
Compagno. L’ordinanza de qua veniva assunta a seguito dello svolgimento di
udienza camerale, essendosi le persone offese opposte alla richiesta di
archiviazione presentata dal P.M.: il Gip rilevava fra l’altro che le investigazioni
suppletive sollecitate dagli opponenti apparivano superflue ai fini del decidere,

volta imputati in un procedimento connesso); inoltre, assumeva valenza decisiva
la deposizione dell’unico testimone estraneo alla vicenda, già acquisita in atti.
Avverso la suddetta ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore dei
tre opponenti sopra richiamati, deducendo:
– violazione dell’art. 410 cod. proc. pen., nonché motivazione apparente ed
errata, atteso che le investigazioni suppletive richieste riguardavano in realtà
l’audizione di sette soggetti, due soli dei quali risultavano indagati (la Compagno
neppure lo era), perciò il Gip non si sarebbe affatto pronunciato sulla prospettata
escussione di quattro persone che nulla avevano a che fare con i protagonisti
degli episodi lamentati;
– inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 12 cod. proc. pen., ed ancora
motivazione apparente ed errata, in quanto le persone potenzialmente da
escutere erano in realtà indagate nell’ambito di un procedimento soltanto
collegato, e non già connesso, al presente (i fatti ascritti al Bozzolan debbono
intendersi diversi e antecedenti rispetto a quelli denunciati dal medesimo,
trattandosi dunque di reati posti in essere da più persone in reciproco danno).
Essi avrebbero pertanto dovuto deporre con l’assistenza di un difensore ma pur
sempre con l’obbligo di dire la verità;
– mancata assunzione di prove decisive, avendo il giudicante violato il principio
secondo cui (in caso di opposizione a richiesta di archiviazione) «al Gip è
preclusa ogni valutazione prognostica sull’esito degli accertamenti, dovendo solo
valutare la rilevanza e l’opportunità degli elementi indicati nell’atto di
opposizione ai fini del proseguimento delle indagini».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile, perché presentato fuori dei casi
previsti e consentiti dalla legge.

2

trattandosi in particolare di disporre l’audizione degli stessi querelanti (a loro

Infatti, una volta che – a seguito di rituale opposizione – si sia instaurato il
contraddittorio e celebrata l’udienza camerale – «l’ordinanza di archiviazione è
impugnabile soltanto nei rigorosi limiti fissati dal comma sesto dell’art. 409 cod.
proc. pen.; e tali limiti sussistono, quale che sia il procedimento a conclusione
del quale essa sia stata pronunciata. La citata norma, nel fare espresso e
tassativo richiamo ai casi di nullità previsti dall’art. 127, comma quinto, cod.
proc. pen., legittima il ricorso per cassazione soltanto nel caso in cui le parti non
siano state poste in grado di esercitare le facoltà ad esse attribuite dalla legge»

risultano costantemente ribaditi dalle pronunce intervenute negli anni successivi
(v., ad esempio, Cass., Sez. II, n. 29936 del 04/07/2013, Loffredo), e si è più
diffusamente precisato che «è inammissibile il ricorso per cassazione proposto
avverso il provvedimento di archiviazione per vizi di motivazione che non si
risolvano in violazioni del contraddittorio ovvero per errores in íudicando fondati
su una diversa interpretazione della legge sostanziale» (Cass., Sez. I, n. 9440
del 03/02/2010, Di Vincenzo, Rv 246779; v. anche, da ultimo, Cass., Sez. VI, n.
52119 del 14/11/2014, P.O. in proc. c/ ignoti, Rv 261681, secondo cui «il
provvedimento di archiviazione può essere impugnato per cassazione nei soli
casi di mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio, con la
conseguenza che è inammissibile il ricorso proposto per vizio di motivazione o
per travisamento dell’oggetto o per omessa considerazione di circostanze di fatto
già acquisite»).
Appare peraltro fuorviante l’argomento sviluppato dalla difesa dei ricorrenti
con l’ultimo motivo di doglianza, in quanto i limiti alle possibilità da parte del Gip
di effettuare valutazioni di merito sulla rilevanza delle indagini richieste
sussistono solo al momento della verifica dell’ammissibilità dell’opposizione (v.
Cass., Sez. V, n. 6442 del 25/11/2014, Galasso), e non certo quando – ritenuta
una opposizione ammissibile – il provvedimento non risulti emesso de plano ma,
al contrario, nella pienezza del contraddittorio conseguente al rito camerale.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, riconducibili
alla volontà dei ricorrenti medesimi – al versamento in favore della Cassa delle
Ammende della somma di € 1.000,00, così equitativamente stabilita in ragione
dei motivi dedotti.

P. Q. M.

3

(Cass., Sez. U, n. 24 del 09/06/1995, Bianchi, Rv 201381). Tali principi

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 16/06/2015.

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