Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30152 del 07/06/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30152 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MOCCI MAURO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
1.Mariano Sebastiano, nato a Sogliano Cavour il 02/05/1964
2.Genovese Angela, nata a Napoli il 22/02/1949

avverso la sentenza del 23/05/2014 della Corte d’Appello di Lecce;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso per l’inammissibilità detricorset.
udito per l’imputato Mariano l’avv. Donato Sabetta, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso e per l’imputata Genovese l’avv. Cristina Gandolfi, che
ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 07/06/2016

RITENUTO IN FATTO

1.In data 23 maggio 2014 la Corte d’Appello di Lecce confermava la
sentenza del Tribunale di Lecce, sez. distaccata di Maglie, che aveva condannato

ciascuno. Gli imputati erano accusati – in concorso fra loro ed in qualità di tecnico
progettista il Mariano e di proprietaria la Genovese – del reato p. e p. dall’art.
481 c.p. e 29 DPR 380/01, per avere fornito una falsa rappresentazione dei
luoghi nelle planimetrie allegate alla DIA.
La Corte territoriale, reputata pacifica la materialità del fatto, aggiungeva
che lo stesso Mariano aveva ammesso la propria consapevolezza della falsità e
che l’incarico conferito dalla Genovese ed accettato dal coimputato era finalizzato
alla realizzazione dell’opera richiesta.
2. Hanno proposto distinti ricorsi per cassazione i due imputati.

Ricorso di Sebastiano Mariano.
Con una prima censura, l’imputato denuncia violazione dell’art. 606 lett. b)
c.p.p., in relazione alla sopravvenuta normativa più favorevole, introdotta
dall’art. 131 bis c.p.
Con un secondo rilievo, il ricorrente deduce violazione dell’art. 606 lett. b)
c.p.p., giacché le risultanze istruttorie avrebbero dovuto condurre ad una
pronunzia di assoluzione per insussistenza dell’elemento soggettivo.

Ricorso di Angela Genovese.
Attraverso un primo motivo, la ricorrente lamenta manifesta illogicità della
motivazione [art. 606 lett. e) c.p.p.]. La sentenza impugnata avrebbe attribuito
alla stessa Genovese di aver firmato “fogli larghi”, mentre ella avrebbe detto solo
che “c’erano fogli larghi”, nel senso che avrebbe effettivamente conferito
l’incarico al professionista ma giammai firmato le planimetrie attestanti lo stato
dei luoghi.
Mediante la seconda lagnanza, la Genovese si duole del diniego di
rinnovazione dell’istruttoria circa l’acquisizione di una e-mail inviata dal di lei
figlio, l’assunzione dello stesso come testimone e l’esame dell’imputata, che
invece avrebbero potuto fornire informazioni essenziali sull’andamento
complessivo della vicenda.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

Sebastiano Mariano ed Angela Genovese alla pena di mesi due di reclusione per

1. Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati.
2. Quanto al ricorso del Mariano, osserva la Corte che il fatto non può
essere reputato di particolare tenuità, ex art. 131 bis c.p., considerato che la
falsificazione ha riguardato una dichiarazione tecnica proveniente da un
professionista di quel particolare settore, presumibilmente esperto della materia
e dunque perfettamente in grado di rendersi conto di quanto stesse affermando.
Va inoltre considerato che la suddetta dichiarazione ha natura di certificato in
ordine alla descrizione dello stato attuale dei luoghi, alla ricognizione degli

rappresentazione delle opere che si intendono realizzare e all’attestazione della
loro conformità agli strumenti urbanistici ed al regolamento edilizio [Sez. 3,
n.50621 del 18/06/2014 (dep. 03/12/2014), Cazzato, Rv. 2615133. Si tratta, in
altri termini, di un’autodichiarazione che ha lo scopo di sostituire il
corrispondente accertamento amministrativo e che dunque contiene una
presunzione di regolarità e di veridicità, che rende ancor più disdicevole ed
antigiuridica la sua falsificazione.
Neppure può dubitarsi della responsabilità penale del prevenuto – in
riferimento al principio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” – posto che lo stesso
Mariano ha ammesso la propria consapevolezza della falsità in sede di esame
dibattimentale.
3. Quanto al ricorso della Genovese, il primo motivo costituisce una mera
ripetizione del corrispondente motivo di gravame, a cui la Corte territoriale ha
congruamente replicato affermando che “la Genovese nel corso del proprio
esame ..ha ammesso che aveva visto l’immobile prima dell’acquisto e che in
occasione del conferimento dell’incarico firmò un contratto ed un foglio di DIA
(cfr. testualmente pag. 47 e inizio 48 verbale udienza del 14.3.2013)”.

Il

passaggio riportato dalla ricorrente a pag. 45 non è dunque quello considerato
dai giudici di secondo grado.
D’altronde,

le

prove

richieste attraverso

l’invocata

rinnovazione

dell’istruttoria non paiono affatto decisive, sia per la congrua motivazione in
proposito adottata dalla sentenza impugnata, sia perché le firme del contratto e
del foglio di DIA sono già sufficientemente indicative dell’elemento psicologico in
capo all’imputata.
4. In applicazione dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali, nonché – in mancanza di elementi che
possano far ritenere incolpevole la causa di inammissibilità del ricorso (cfr. Corte
Cost., sent. n. 186 del 2000) – al pagamento in favore della Cassa delle
Ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità
del ricorso stesso, si stima equo fissare in € 1.500,00 per ciascuno.
P.Q.M.

3

eventuali vincoli esistenti sull’area o sull’immobile interessati dall’intervento, alla

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500 per ciascuno a favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso il 07/06/2016.

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