Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30150 del 01/06/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 30150 Anno 2016
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: DE MASI ORONZO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

LAI JINCHUN, nata in Cina il 24/12/1975

avverso la sentenza in data 17/4/2015 della Corte di Appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Oronzo De Masi;
udito il pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Fulvio Baldi,
che ha concluso per l’annullamento con rinvio della impugnata sentenza;

Data Udienza: 01/06/2016

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 17/4/2015 la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza emessa,
in composizione monocratica, dal Tribunale di Firenze – Sezione Distaccata di Empoli
dell’11/6/2012, nei confronti di LAI JINCHUN, imputata del reato di cui all’art. 10 ter D.Lgs.
n. 74 del 2000, perché quale legale rappresentante della omonima ditta non aveva versato nel
termine di legge l’imposta sul valore aggiunto dovuta per l’anno 2007, per l’ammontare

era stata condannata alla pena – sospesa – di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle
spese processuali.
Avverso la sentenza

la LAI

propone, tramite il difensore, ricorso affidato ad un unico

motivo per l’annullamento della decisione.
La ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e) c.p.p., violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione alla ritenuta non concepibilità delle attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p.
in quanto la Corte territoriale avrebbe dovuto considerare le dimensioni dell’impresa
dell’imputata, la situazione di momentanea difficoltà economica e la condizione di straniero
nonché il modesto superamento della c.d. soglia di punibilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere accolto ma per ragioni diverse da quelle illustrate.
Ed invero, con il Decreto Legislativo n. 158/2015, art. 8, l’art. 10 ter D. Lgs. N. 74 del 2000 è
stato sostituito dal seguente: «Art. 10 ter (Omesso versamento di IVA). – 1. E’ punito con
la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il
versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore
aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a
euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.».
Tale modifica legislativa è entrata in vigore il 22/10/2015.
Atteso che le contestazioni mosse alla ricorrente riguardano omessi versamenti IVA di importo
inferiore a quello sopra indicato – esattamente Euro 119.917,00 – ne consegue l’annullamento
dell’impugnata sentenza.
Resta da esaminare la questione se, nei reati nei quali sia prevista una soglia di punibilità per
l’integrazione della fattispecie incriminatrice, debba essere pronunciata, qualora detta soglia
non risulti integrata, sentenza con la formula assolutoria “il fatto non sussiste” ovvero “il fatto
non è preveduto dalla legge come reato”.
Per le ragioni esaurientemente esposte nella sentenza n. 3098 del 5/11/2015, questa Corte ha
chiarito, con ampia e condivisibile motivazione, “che la soglia di punibilità rientra tra gli

complessivo di Euro 119.917,00, fatto per il quale, negate le circostanze attenuanti generiche,

elementi costitutivi (del fatto di) reato, in quanto completa la realizzazione della condotta
punibile e dunque partecipa pienamente all’integrazione giuridica della fattispecie penale, non
potendo collocarsi tra le condizioni obiettive di punibilità che invece presuppongono un reato
già strutturalmente perfetto nei profili oggettivi e soggettivi cosicché il verificarsi di un evento
futuro ed incerto ne condiziona esclusivamente la punibilità, la quale è un elemento esterno
alla struttura del reato” (Sez. 3, n. 3098 del 5/11/2015, dep. 25/1/2016, Vanni, non
massinnata).
Ne discende, che “in conformità all’insegnamento delle Sezioni Unite Romano, che l’art. 10-ter

formale) e di danno, il cui oggetto specifico della tutela penale è costituito dall’interesse dello
Stato alla percezione dei tributi ed i cui elementi costitutivi sono: a) la situazione tipica da cui
sorge l’obbligo di agire; b) la condotta omissiva

(non facere quod debetur) la quale deve

risolversi in un mancato versamento che raggiunge o supera la soglia quantitativa richiesta per
l’integrazione del fatto tipico; c) il termine, esplicito o implicito, alla cui scadenza
l’inadempimento dell’obbligo assume rilevanza e si consuma l’illecito; d) il dolo generico, con la
conseguenza che, per la commissione del reato, è sufficiente la coscienza e volontà di non
versare all’Erario l’imposta sul valore aggiunto legalmente dovuta. Ne consegue che tale
coscienza e volontà deve investire anche la soglia di punibilità (ora di Euro
duecentocinquantamila a seguito del d.lgs. n. 158 del 2015), che è un elemento costitutivo del
fatto di reato, contribuendo a definirne il disvalore e che dunque deve rientrare, in uno agli
elementi costitutivi del fatto tipico, nel fuoco del dolo, con la sottolineatura che la prova del
dolo è insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge
quanto è dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere saldato o almeno contenuto non
oltre la soglia, ora, di Euro duecentocinquantamila, entro il termine lungo previsto. Infatti, il
debito verso il fisco relativo ai versamenti Iva è collegato al compimento delle operazioni
imponibili sicché ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote già
(dall’acquirente del bene o del servizio) l’Iva dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per
l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter, alla scadenza, adempiere
all’obbligazione tributaria (Sez. U., n. 37424 del 28/03/2013, Romano, Rv. 255758)”.
Sulla base di quanto sopra esposto, come correttamente è stato affermato nella richiamata
sentenza, “la formula assolutoria da utilizzare in ipotesi di mancata integrazione della soglia di
punibilità nel delitto previsto dall’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 – vuoi perché, essendo stato
contestato un fatto integrante la soglia, lo stesso è invece risultato, a seguito
dell’accertamento processuale, sotto-soglia oppure vuoi perché, come nel caso di specie, la
soglia di punibilità è stata elevata a seguito della declaratoria di incostituzionalità della
disposizione che la prevede o, ancora, vuoi perché tale elevazione sia da attribuire allo

ius

superveniens – è di semplice soluzione, avendo le Sezioni Unite penali affermato che nel caso
in cui manchi un elemento costitutivo, di natura oggettiva, del reato contestato, l’assoluzione
dell’imputato va deliberata con la formula «il fatto non sussiste», non con quella «il fatto non è
3

d.lgs. n. 74 del 2000 configura reato omissivo proprio (di mera condotta e, dunque, cd.

previsto dalla legge come reato», che riguarda la diversa ipotesi in cui manchi una qualsiasi
norma penale cui ricondurre il fatto imputato (Sez. U, n. 37954 del 25/05/2011, Orlando, Rv.
250975; Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008, cit.) e che, dunque, non potrebbe essere utilizzata
neanche nell’ipotesi di mancanza di una condizione obiettiva di punibilità. In buona sostanza,
secondo il dictum delle Sezioni Unite Orlando, l’adozione della formula «il fatto non è previsto
dalla legge come reato» dipende dal tenore formale dell’imputazione, dalla circostanza cioè che
con essa si assume la riconducibilità della fattispecie concreta ad una fattispecie astratta mai
esistita, abrogata o dichiarata (in toto) costituzionalmente illegittima. Mentre, quando il fatto

fattispecie astratta, per la mancanza di un elemento costitutivo del reato, occorre adottare la
formula «il fatto non sussiste» (Sez. U, n. 37954 del 25/05/2011, Orlando, cit.)”.
E’ stato, infine, opportunamente chiarito “che l’insussistenza del fatto dichiarata, come nel
caso in esame, per la mancata integrazione della soglia di punibilità, attiene all’inconfigurabilità
della fattispecie incriminatrice quanto all’accertamento che non sussiste il fatto che sia stata
raggiunta una soglia pari o superiore a quella prevista per la realizzazione del reato, con la
conseguenza che è esclusivamente rispetto a tale fatto che, ai sensi dell’art. 652 c. p. p., la
sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata a seguito di dibattimento ha efficacia
di giudicato, restando impregiudicata, come in precedenza anticipato, l’eventuale mancato
versamento dell’Iva in misura inferiore alla soglia di punibilità (che integra un fatto diverso,
penalmente irrilevante e sanzionabile in via amministrativa) e potendo l’amministrazione
finanziaria quindi procedere in via amministrativa all’accertamento della violazione e
all’irrogazione delle relative sanzioni in relazione all’imposta dovuta e non versata, purché
sotto soglia”.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso l’ 1 giugno 2016.

storico, così come ricostruito, non è idoneo, come nella specie, ad essere sussunto nella

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA