Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30147 del 17/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 30147 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LIGUORI ANTONIO N. IL 03/04/1969
avverso l’ordinanza n. 1774/2014 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
02/01/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;
W/sentite le conclusioni del PG Dott. Ct\ro
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Data Udienza: 17/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con provvedimento del 2 gennaio 2015, il Tribunale, sezione del riesame,
di Milano ha confermato l’ordinanza del 5 dicembre 2014, con la quale il Gip
presso il Tribunale della stessa città ha applicato a Liguori Antonio la misura della
custodia in carcere in relazione ai reati di partecipazione ad associazione di
stampo mafioso (capo 1) e ad associazione finalizzata ad attività di narcotraffico
(capo 2) (per avere, quale titolare dell’autolavaggio sito in Milano, via Espinasse
137, messo a disposizione il proprio esercizio commerciale quale base logistica

Calabria nonché fornito notizie su ogni attività sospetta tale da intaccare la
sicurezza del luogo). A sostegno della decisione, il Tribunale ha rilevato che il
giudizio di gravità indiziaria si basa sulle dichiarazioni rese (nell’interrogatorio del
10 luglio 2014) dal collaboratore di giustizia Colangelo Edmondo Marco, intraneo
all’organizzazione criminale, riscontrate da plurimi elementi individualizzanti,
costituiti dagli esiti dei servizi di o.c.p. e del monitoraggio con GPS delle auto, a
dimostrazione del fatto che gli appartenenti alla consorteria si incontravano,
anche più volte al giorno, presso l’autolavaggio del Liguori. In risposta alle
specifiche doglianze mosse nel ricorso, il Collegio ha evidenziato come non vi
siano dubbi che l’autolavaggio a cui si riferisce il collaborante si individui in
quello del Liguori, mentre le fotografie depositate in udienza dalla difesa sono
prive di data certa o di elementi che consentano di accertare il periodo nel quale
sono state scattate, risultando comunque irrilevante che i sodali si incontrassero
all’interno piuttosto che all’esterno dell’esercizio commerciale. Sul fronte
cautelare, il giudice a quo ha osservato come, anche a prescindere dalla
presunzione di pericolosità prevista dal comma 3 dell’art. 275 del codice di rito, il
legame ventennale di Liguori con la cosca e l’attualità di interessi comuni
rendano sussistente il pericolo di reiterazione criminosa, fronteggiabile in modo
adeguato soltanto con la misura di maggior rigore.
2. Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso ex art. 311 cod. proc. pen.
l’Avv. Michele d’Agostino, difensore di fiducia di Liguori Antonio, e ne ha chiesto
l’annullamento per i seguenti motivi.

2.1. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione agli
artt. 192, comma 3, e 273, comma 1, cod. proc. pen., per avere il Tribunale
ritenuto integrato il requisito di gravità indiziarla sulla base delle dichiarazioni del
collaborante Colangelo Edmondo Marco, che tuttavia non possono ritenersi
credibili né confortate da elementi esterni a conferma, fondandosi il giudizio di
attendibilità su ragionamenti di tipo circolare e tautologico; mancano in ogni
caso riscontri che l’autolavaggio di cui parla il collaboratore si individui in quello

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per le riunioni del sodalizio espressione lombarda della “famiglia” Libri di Reggio

di proprietà dell’assistito, così come della circostanza che Liguori conoscesse
esponenti del forze dell’ordine.
2.2. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione agli

artt. 192, comma 3, e 274, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., per essere il
Tribunale caduto in contraddizione laddove ha assegnato credito alle
dichiarazioni del Colangelo e, nel contempo, ha trascurato di considerare che il
collaboratore ha escluso qualunque rapporto concernente gli stupefacenti tra
Liguori e la cosca. Il Tribunale è, inoltre, incorso in un travisamento di fatto

dell’autolavaggio, mentre dai servizi di appostamento compiuti dalla Polizia, dal
tenore delle conversazioni e dalle foto allegate al ricorso si evince che detti
incontri si svolgevano all’esterno.
3. Nella memoria depositata in Cancelleria, l’Avv. Lino Terranova, nuovo

difensore di fiducia di Liguori Antonio (revocato contestualmente l’Avv. Michele
D’Agostino), ha insistito per l’accoglimento del ricorso, evidenziando: 1) come
dagli atti non emergano elementi dimostrativi di un qualunque contributo
partecipativo del Liguori al sodalizio criminale sia nel periodo in contestazione dal
2009 – 2010, sia successivamente, avendo fra l’altro il collaboratore Colangelo
escluso che l’assistito abbia mai avuto a che fare con la sostanza stupefacente;
2)

come Colangelo abbia riferito di avere appreso dell’utilizzo in passato

dell’autolavaggio del Liguori da parte del gruppo criminale da una terza persona
e dunque de relato, sicchè manca un solido appiglio per affermare che la
disponibilità odierna si ponga senza soluzioni di continuità rispetto al pregresso;
3) come i rapporti fra Liguori ed i Martino si spieghino in ragione della vicinanza
degli esercizi commerciali da loro gestiti; 4) come manchino contatti personali o
telefonici fra Liguori ed i membri delle ipotizzate associazioni; 5) come risulti
indimostrato che l’indagato conoscesse esponenti delle forze dell’ordine o che gli
inquirenti abbiano mai inteso piazzare presso l’autolavaggio un qualunque
strumento di controllo e che vi abbiano rinunciato per la presenza del “fidato
Liguori”.
4. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato

inammissibile, mentre il difensore di Liguori Antonio ha chiesto che il ricorso sia
accolto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per

nuovo esame sui punti meglio precisati nel prosieguo.
2.

Nessun vizio processuale o logico argomentativo è ravvisabile nella

motivazione del provvedimento oggetto di impugnativa nella parte in cui i giudici

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laddove ha ritenuto che le riunioni fra i sodali avvenissero all’interno

della cautela hanno accertato l’esistenza e l’operatività dell’organizzazione
criminale di stampo ‘ndranghetistico (espressione lombarda della “famiglia” Libri
di Reggio Calabria), dedita altresì ad attività di narcotraffico, facente capo a
Giulio e Vincenzo Martino, già condannati per il delitto ex art. 416-bis cod. pen.,
ed hanno, quindi, delineato le condotte poste in essere dall’odierno ricorrente.

2.1. Il giudice per le indagini preliminari ed il Tribunale del riesame – i cui
provvedimenti si saldano a formare un unico atto complesso costitutivo del
vincolo della libertà personale (Cass. Sez. 6, n. 3411 del 3/10/1995, Peli ed altri,

ricostruzione dei fatti, costituiti dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia
Colangelo Edmondo Marco, già condannato per reati in materia di droga ed
elemento di spicco della medesima

societas,

che iniziava una proficua

collaborazione della giustizia a partire dal 2011) nonché dagli esiti delle
intercettazioni telefoniche ed ambientali e dei servizi di osservazione, controllo e
pedinamento, precisando che trattasi di dati conoscitivi dotati di autonoma
valenza probatoria (v. pagine 9 e seguenti, pagine 11 e seguenti e pagine 15 e
seguenti dell’ordinanza in verifica). La motivazione sviluppata sul punto si
appalesa puntuale, aderente alle emergenze degli atti e conforme a comuni e
condivisibili massime di comune esperienza e risulta, pertanto, immune da vizi
sindacabili in questa Sede.

2.2.

Altrettanto ineccepibile è l’apparato argomentativo dispiegato dai

decidenti del merito cautelare laddove ha ritenuto provato che gli appartenenti al
sodalizio criminale oggetto d’investigazione si incontrassero stabilmente presso
l’autolavaggio di Liguori Antonio (v. pagine 10 e seguenti e 14 e seguenti del
provvedimento impugnato).

2.3. Solidamente ancorate ai dati probatori e sorrette da considerazioni
conformi a logica sono le argomentazioni con le quali il Tribunale ha rilevato
come non vi possa essere dubbio sul fatto che l’autolavaggio di cui ha parlato
Colangelo si identifichi nell’esercizio commerciale del Liguori (v. pagina 14 del
provvedimento).

2.4. Correttamente il Giudice della impugnazione cautelare ha stimato
irrilevante la circostanza che i sodali si incontrassero all’interno piuttosto che
all’esterno dell’autolavaggio, laddove il dato rilevante ai fini dell’apprezzamento
del contributo prestato dal Liguori è costituito dal fatto che gli associati si
incontrassero in tale luogo poiché potevano fare affidamento sulla presenza di un
uomo fidato che poteva allertarli in caso di arrivo delle forze dell’ordine e
scongiurare che ivi fossero piazzate delle microspie o impianti di videoripresa,
consentendo loro di riunirsi in sicurezza (v. pagina 16 dell’ordinanza).

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Rv. 204104) – hanno invero ben esplicitato gli elementi su cui si fonda la

3.

Ritiene nondimeno questa Corte che il Giudice dell’impugnazione

cautelare non abbia sviluppato una motivazione adeguata in punto di
imputabilità della fattispecie incriminatrice sub capo 1) al ricorrente, seppure nei
termini di elevata probabilità delineati nell’art. 273 cod. proc.pen.
3.1. Il Tribunale è invero incorso in un difetto motivazionale laddove, per un
verso, non ha esplicitato i dati fattuali sulla scorta dei quali abbia ritenuto
dimostrata la conoscenza da parte dell’indagato di esponenti delle forze
dell’ordine, così da poter garantire che i consessi fra sodali avvenissero in

altro verso, ha omesso di argomentare sulla base di quali circostanze abbia
ritenuto provato, seppure in termini di gravità indiziaria, che Liguori Antonio,
laddove consentiva agli esponenti del gruppo – consapevole della loro caratura
criminale – di incontrarsi presso il proprio esercizio commerciale, fosse al
corrente anche dei temi oggetto di discussione nel contesto e se pertanto, per
tale via, intendesse prestare un consapevole e volontario contributo causale ai
fini della realizzazione degli scopi criminali della societas.
3.2. Per quanto più rileva, nell’ordinanza impugnata difetta una qualunque
disamina sia del requisito dell’affectio societatis, intesa come consapevolezza di
Liguori di aderire al patto associativo e di innestare la propria condotta all’interno
dell’assetto organizzativo ed operativo dell’associazione di stampo mafioso, sia
della messa a disposizione del contributo dell’indagato, stabile ed a prescindere
dalla concretizzazione dei singoli episodi criminosi, così da poter a ragione
ritenere integrata la sua intraneità alla consorteria. Ed invero, la consapevolezza
della “mafiosità” dei soggetti che si incontravano presso il proprio autolavaggio di
per sé non prova, neanche ex art. 273 cod. proc. pen., né l’organica
compenetrazione del Liguori nel tessuto organizzativo dell’associazione, né la
conoscenza dell’indagato circa la reale natura delle questioni oggetto di
trattazione nel corso degli incontri e dunque della strumentalità della messa a
disposizione di tale luogo, né pertanto la volontà del medesimo di favorire per
tale via la realizzazione degli scopi criminali del gruppo.
3.3. D’altra parte, il Collegio della cautela ha omesso di verificare
lasciandone traccia manifesta nel compendio argomentativo — se le condotte del
ricorrente, così come ricostruite in ordinanza (nel mettere a disposizione i locali e
gli spazi del proprio autolavaggio per riunioni fra i partecipanti al gruppo
criminale e nel prevenire situazioni che potessero mettere a repentaglio la
sicurezza del luogo, segnatamente fornendo notizie circa l’arrivo di forze
dell’ordine ed impedendo che ivi fossero collocate video camere), anziché essere
sussunte sotto la fattispecie di partecipazione all’associazione per delinquere di

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sicurezza e da scongiurare l’installazione sul luogo di strumenti di controllo; per

stampo ‘ndranghetista, non possano e non debbano essere più correttamente
ricondotte all’ipotesi del concorso esterno nell’associazione.
3.4. Al riguardo, mette conto evidenziare come questa Corte, nel ribadire i
principi già espressi nelle sentenze “Mannino” e “Contrada” (rispettivamente
Cass. Sez. U n. 30 del 27/09/1995, Rv. 202904, e Cass. Sez. 6 n. 15756 del
12/12/2002, Rv. 225566), abbia di recente affermato che la partecipazione
all’associazione mafiosa postula la conclusione di un pactum sceleris fra il singolo
e l’organizzazione criminale, in forza del quale il primo rimane stabilmente a

volontà di appartenere al gruppo, e l’organizzazione lo riconosce ed include nella
propria struttura, anche

per facta concludentia

e senza necessità di

manifestazioni formali o rituali, mentre il concorso esterno implica che l’agente
rimanga estraneo al vincolo associativo, pur fornendo un contributo causalmente
orientato alla conservazione o al rafforzamento delle capacità operative
dell’associazione, ovvero di un suo particolare settore di attività o articolazione
territoriale, e diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso
della medesima (Sez. 6, n. 16958 del 08/01/2014, Costantino, Rv. 261475).
In altri termini, nei rapporti tra partecipazione ad associazione mafiosa e mero
concorso esterno, la differenza tra il soggetto intraneus ed il concorrente esterno
risiede nel fatto che quest’ultimo, sotto il profilo oggettivo, non è inserito nella
struttura criminale, pur fornendo ad essa un contributo causalmente rilevante ai
fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione, e, sotto il profilo
soggettivo, è privo della affectio societatis, laddove il partecipe intraneus è
animato dalla coscienza e volontà di contribuire attivamente alla realizzazione
dell’accordo e del programma delittuoso in modo stabile e permanente (Cass.
Sez. 6, n. 49757 del 27/11/2012, Trapani, Rv. 254112; Cass. Sez. 1, n. 28225
del 1/7/2014, Dell’Utri Rv. 260940).
3.5. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio al
Tribunale del riesame di Milano che, sulla scorta delle predette argomentazioni e
dei citati principi di diritto, dovrà verificare se, a carico di Liguori Antonio,
ricorrano i presupposti — oggettivo e soggettivo – del reato di cui all’art. 416-bis
cod. pen., eventualmente anche nella forma del concorso esterno in associazione
per delinquere di stampo mafioso.
4. La rilevata carenza di motivazione assume rilievo concreto anche in
relazione al giudizio di gravità indiziaria in ordine al reato di cui al capo 2).
4.1. Preliminarmente, va chiarito come non sia revocabile in dubbio che il
reato di associazione per delinquere di stampo mafioso possa concorrere con il
delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti
anche quando la medesima associazione sia finalizzata alla commissione di reati
6

disposizione della seconda per il perseguimento dello scopo sociale, con la

concernenti il traffico degli stupefacenti e di reati diversi (Cass. Sez. U, n. 1149
del 25/09/2008, Magistris, Rv. 241883; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, P.G.,
Corso e altri, Rv. 258163).
Pertanto, nulla questi° quanto al ritenuto concorso fra le due contestazioni
associative.
4.2. Ferma la sovrapponibilità fra le due fattispecie, il Collegio della cautela
non ha nondimeno esplicitato gli elementi di fatto e le ragioni sulla scorta delle
quali abbia ritenuto che Liguori Antonio – allorchè consentiva che esponenti del
gruppo criminale si incontrassero negli spazi dell’autolavaggio da lui gestito –

abbia prestato un consapevole e volontario contributo anche alla realizzazione
degli scopi criminali dell’associazione ex art. 74 d.P.R. n. 309/1990.
4.2. Secondo i consolidati principi espressi da questo giudice di legittimità in
tema di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, la
configurabilità della condotta di partecipazione richiede la prova della stabile
adesione dell’agente ad un sodalizio riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 74
d.P.R. n. 309 del 1990, ovvero della consapevolezza e volontà di partecipare,
assieme ad altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una
società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale (Cass. Sez.
6, n. 50133 del 21/11/2013, Casoria, Rv. 258645; Sez. 6, n. 50965 del
02/12/2014, D’Aloia, Rv. 261379).
4.3.

Di tali coordinate ermeneutiche non hanno fatto buon governo i

decidenti del merito cautelare laddove non hanno chiarito sulla scorta di quali
elementi obbiettivi abbiano ritenuto integrati i gravi indizi di colpevolezza della
partecipazione del ricorrente all’organizzazione ex art. 74.
Ed invero, l’affermazione del collaboratore Colangelo circa la piena
consapevolezza del Liguori del fatto che il gruppo “favorito” trafficava in
stupefacenti (v. pagina 15 dell’ordinanza), su cui il Tribunale ha — nella sostanza
— imperniato il giudizio di gravità indiziaria dell’incolpazione cautelare

de qua, è

generica e non consente di apprezzare gli esatti termini fattuali in cui si è
articolato il ruolo svolto dal Liguori, se funzionale all’associazione ed alle sue
dinamiche operative e di crescita criminale nel campo degli stupefacenti e se
assistito dall’immanente coscienza e volontà di fare parte dell’organizzazione
dedita all’attività di narcotraffico. Precisazione che risultava tanto più necessaria
nella specie, dal momento che lo stesso Tribunale dava atto del fatto che
Colangelo aveva precisato che con Liguori non v’erano mai stati rapporti di
compravendita di stupefacente, quasi a delineare l’estraneità del ricorrente dagli
affari concernenti il materiale drogante.

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4.4. L’ordinanza impugnata va dunque annullata anche nella parte in cui si è
ritenuto integrato, ex art. 273 cod. proc. pen., il concorso di Liguori
nell’associazione ex art. 74 della Legge sugli Stupefacenti.
In sede di rinvio, il Tribunale di Milano dovrà verificare se l’indagato, nel
favorire con la propria condotta le riunioni del gruppo, fosse consapevole che, in
tali consessi, si svolgessero trattative concernenti la compravendita di sostanze
stupefacenti e se, dunque, egli abbia voluto scientemente dare il proprio
contributo materiale e morale alla realizzazione degli scopi dell’organizzazione

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame, con integrale
trasmissione degli atti, al Tribunale di Milano (sezione per il riesame delle misure
coercitive).
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma

1-ter, disp.

att. cod. proc. pen.

Così deciso in Roma il 17 giugno 2015

Il consigliere estensore

Il Presidente

finalizzata ad attività di narcotraffico.

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