Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30141 del 30/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30141 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ANCONA
nei confronti di:
BERNARDI MASSIMILIANO N. IL 29/08/1969
avverso l’ordinanza n. 166/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del
22/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 30/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 22 novembre 2012 la Corte di appello di Ancona,
decidendo quale giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza avanzata da
Bernardi Massmiliano, volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato
continuato, ex art. 671 cod. proc. pen., tra i reati di cui alle sentenze del 23
febbraio 2009 della Corte di appello di Firenze (irr. I’ll maggio 2100) e del 19

determinato la pena complessiva in anni sei, mesi nove e giorni ventotto di
reclusione ed euro millequattrocento di multa.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
Generale presso la Corte di appello di Ancona, che ne ha chiesto l’annullamento
sulla base di unico motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge, in
relazione all’art. 81 cpv. cod. pen., e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., per il contrasto della soluzione adottata
con i criteri indicativi offerti dalla costante giurisprudenza di questa Corte.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile.
1.1. La nozione di continuazione delineata nell’art. 81, comma 2, cod. pen.,
richiede che i fatti siano riferibili a un “medesimo”, dunque originario, disegno
criminoso.
Detta unicità di disegno, necessaria per il riconoscimento della continuazione
in fase di cognizione e in fase esecutiva, non può identificarsi con la generale
tendenza a porre in essere determinati reati o comunque con una scelta di vita
che implica la reiterazione di determinate condotte criminose. Occorre, invece,
che si abbia una iniziale programmazione e deliberazione di compiere una
pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine
progettati e organizzati, purché siano almeno in linea generale previsti in
funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo al
conseguimento di un unico fine, prefissato e sufficientemente specifico.
1.2. Nella specie, il Giudice dell’esecuzione, che ha preso in considerazione i
reati, cui il ricorrente ha riferito la sua richiesta, e i dati di fatto tratti dalle
sentenze in atti, ha logicamente e ragionevolmente rimarcato che, con la
2

ottobre 2010 della Corte di appello di Ancona (irr. 1’8 marzo 2012), e ha

sentenza del 19 ottobre 2010 della Corte di appello di Ancona, il ricorrente ha
riportato condanna per plurimi fatti che, ritenuti caratterizzati dalle medesime
modalità esecutive, sono stati unificati per continuazione con la stessa sentenza,
e in particolare per tre rapine commesse in danno di istituti di credito in
concorso, tra gli altri, con Sibilia e Gabriele tra il 22 luglio 2002 e il 16 settembre
2002, per due rapine commesse pure in danno di istituti di credito da solo e in
concorso con altri il 28 luglio 2003 e il 21 agosto 2003, e per reati di furto e
ricettazione di auto utilizzate per la commissione delle stesse rapine, e che, con

ricorrente ha riportato condanna per rapina commessa in danno di istituto di
credito in concorso con Sibilia e Gabriele il 17-18 novembre 2002, unificata per
continuazione, con ordinanza del 28 febbraio 2011, con altra rapina commessa
1’11 marzo 2002 e giudicata dal Tribunale di Alessandria con sentenza del 24
marzo 2004.
Il Giudice dell’esecuzione ha ritenuto, valorizzando tali dati fattuali, che la
rapina del novembre 2002, commessa in area territoriale limitrofa, verso
analoghi obiettivi, con modalità predisposte e condivise dal medesimo gruppo e a
breve distanza temporale rispetto alle altre rapine, antecedenti e successive,
condivideva con le stesse il medesimo disegno criminoso già per esse
riconosciuto.
1.3. A fronte di tali argomentazioni, logiche e congrue rispetto ai dati fattuali
esaminati e coerenti ai principi di diritto in materia, le censure del ricorrente, si
risolvono nella generica prospettazione di considerazioni di fatto insuscettibili di
valutazione in questa sede e nella riproposizione di argomenti, adeguatamente
presi in esame e plausibilmente apprezzati dall’ordinanza impugnata.
2. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso non segue la condanna del
ricorrente, parte pubblica, al pagamento né delle spese processuali né della
sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

la sentenza del 23 febbraio 2009 della Corte di appello di Firenze, il medesimo

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