Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30137 del 26/06/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 30137 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TROIANO GIUSEPPE N. IL 18/02/1980
PASSEGGIA RAFFAELE N. IL 06/01/1960
avverso l’ordinanza n. 301/2014 TRIBUNALE di TORRE
ANNUNZIATA, del 14/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette/se4itite le conclusioni del PG Dott.
CY-Lbe.t ei
0,{ dzi.

D uiLe

Uditi difensor Avv.;

oe,,,

oti
,q/soit),,

u 2Pe41/1

Data Udienza: 26/06/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 14 luglio 2014, il giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Torre Annunziata, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza
presentata nell’interesse di Troiano Giuseppe e Passeggia Raffaele, diretta ad ottenere la
rideterminazione della pena in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n.
32 del 2004 che, per i delitti previsti dall’art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990, in relazione alle
“droghe leggere” aveva determinato la reviviscenza della normativa antecedente la
riforma Fini-Giovanardi. Esponeva che a Troiano e Passeggia, con sentenza del 22

quattro di reclusione ed euro 26.000 di multa e di anni cinque di reclusione ed euro
26.000 di multa e riteneva che la revisione della pena irrogata ai condannati era
ammissibile solo laddove la stessa fosse risultata illegale. Nel caso di specie, la pena
base era stata fissata in anni sei di reclusione ed euro 30.000 di multa, e non poteva
essere considerata illegale, posto che la normativa applicabile dopo la sentenza n. 32 del
2014 prevedeva la pena massima di anni sei di reclusione e la pena pecuniaria massima
di euro 77.468.
2. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per Cassazione Troiano Giuseppe
e Passeggia Raffaele, a mezzo del difensore di fiducia, denunciando vizio di motivazione
e violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della disciplina più favorevole
in materia di droghe leggere. Essi avevano patteggiato partendo dalla pena edittale
minima e se fosse stata in vigore la legge Jervolino-Vassalli il calcolo sarebbe stato
effettuato sulla base di questa disciplina.
3. Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto di annullare con rinvio
l’ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il provvedimento impugnato va annullato. Sul tema del ricorso -oggetto di
contrastanti orientamenti giurisprudenziali – sono di recente intervenute le Sezioni Unite
di questa Corte che, con le coeve sentenze 26 febbraio 2015, ricorrenti Jazouli, Sebbar e
Marcon, hanno risolto i dubbi circa la possibilità di applicazione della disciplina più
favorevole in sede esecutiva, quale conseguenza della sentenza della Corte
Costituzionale richiamata.
2. In particolare, si rileva che la sentenza Marcon, per quanto noto con
l’informazione provvisoria n. 6 del 2015, ha affermato il principio di diritto secondo cui, la
pena applicata su richiesta delle parti per i delitti previsti dall’art. 73 D.P.R. n. 309 del
1990 in relazione alle droghe c.d. leggere, con pronuncia divenuta irrevocabile prima
della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, deve essere necessariamente
rideterminata in sede di esecuzione, con la precisazione che la pena deve essere
rideterminata attraverso la “rinegoziazione” dell’accordo tra le parti, “ratificato” dal
1

giugno 2013, era stata applicata la pena finale concordata rispettivamente di anni

giudice dell’esecuzione, che viene interessato attraverso l’incidente di esecuzione attivato
dal condannato o dal pubblico ministero. È stato quindi accolto il principio per cui pena
illegale non è solo quella superiore alla sanzione edittale massima reintrodotta per effetto
della pronuncia di incostituzionalità, ma anche quella applicata in base alla sanzione
prevista dalla norma incostituzionale. Osserva in proposito la sentenza 22471/2015,
Sebbar, esprimendo un principio applicabile anche in sede esecutiva, che “la valutazione
discrezionale del giudice nella individuazione della pena in concreto da applicare non può
prescindere dagli “indicatori astratti” (il minimo e il massimo edittale) che il legislatore gli

sua valutazione. Con la conseguenza che se detto spazio muta (si restringe o si dilata),
mutano inevitabilmente i parametri entro i quali la valutazione in concreto deve essere
effettuata. Per altro, in tema di sostanze stupefacenti, tale spazio sanzionatorio, con il
ripristino della distinzione tra “droghe leggere” e “droghe pesanti”, conseguente alla
sentenza del Giudice delle leggi n. 32 del 2014, è stato sensibilmente ridisegnato,
consentendo, di nuovo, il ricorso ad una forbice edittale (tanto per limitarsi alla sola pena
detentiva) – da due a sei anni di reclusione – di gran lunga meno ampia (e meno severa)
rispetto a quella posta a base delle statuizioni contestate, vale a dire da sei a venti anni
di reclusione (tanto che, come si è anticipato, il massimo della prima corrisponde al
minimo della seconda), così da comporre un quadro di riferimento non paragonabile a
quello tenuto presente al momento delle pronunzie dei giudici del merito e da realizzare,
pertanto, un sostanziale ridimensionamento dello stesso disvalore penale del fatto.
Ed è sostanzialmente per tale ragione che, ad esempio, nella sentenza n.
26340/2014 (Di Maggio), si osserva in particolare che la ripristinata distinzione della
risposta repressiva (che tiene conto della diversa natura delle sostanze stupefacenti),
implicando una così marcata differenza del trattamento sanzionatorio, comporta la
necessità di rideterminare la pena in concreto (a suo tempo) ritenuta congrua ed
applicata. Invero, una volta mutato il parametro di riferimento, il giudice del merito deve
inderogabilmente riesercitare il potere discrezionale conferitogli dagli artt. 132 e 133 cod.
pen.”.
3. Alla luce del dictum delle Sezioni unite, è evidente che il caso portato
all’attenzione del giudice dell’esecuzione va diversamente considerato rispetto a
quanto ritenuto nel provvedimento impugnato. La rideterminazione della pena deve
essere disposta nel contraddittorio delle parti, secondo il modulo procedimentale previsto
dall’art. 188 delle disposizioni di attuazione del codice di rito. Va solo aggiunto che, ove
le parti non raggiungano un accordo ed il giudice dell’esecuzione non ritenga
ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, spetterà a lui determinare la pena
legale, in base ai parametri posti dagli artt 132 e 133 cod. pen., non diversamente da
quanto già previsto per la determinazione della pena nel caso di riconoscimento della
continuazione in sede esecutiva.
2

ha fornito. È nell’ambito di quello spazio sanzionatorio che il giudicante deve compiere la

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Torre Annunziata.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2015
Il Presidente

Il Consigliere estensore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA