Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30133 del 26/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30133 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAVALLO ALDO

Data Udienza: 26/06/2015

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DAVID ELVIS N. IL 21/01/1989
avverso l’ordinanza n. 111/2014 GIP TRIBUNALE di VICENZA, del
21/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lette/sente le conclusioni del PG Dott. 9;v12Ce_

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Uditi difensor Avv.;

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Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza deliberata il 21 luglio 2014 il GIP del Tribunale dì Vicenza,
richiesto dal difensore di David Elvis di rideterminare, in sede di esecuzione – per
effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014 che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge 30
dicembre 2005, n. 272 – l’entità della pena inflitta al predetto con la sentenza
emessa il 19 dicembre 2012 dal quello stesso giudice, confermata in appello e

– che il David, con la sentenza oggetto della richiesta, era stato condannato
anche per la detenzione illegale di sostanza stupefacenti tipo marijuana oltre che
per la detenzione di sostanze stupefacenti così dette pesanti (cocaina), capo A
della rubrica;
– che in sede di cognizione era stata esclusa l’applicabilità dell’attenuante di
cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e che la pena inflitta al
condannato era stata determinata in misura di poco superiore al minimo edittale;
sostanzialmente la rigettava in quanto, pur procedendo, formalmente, ad una
rideterminazione della pena, modificando il metodo di calcolo – ovvero
suddividendo l’imputazione sub A in due autonome fattispecie e ritenendo la
detenzione della cocaina violazione più grave e pena base quella di anni 6 e mesi
6 di reclusione ed C 60.000,00 di multa) – perveniva, tuttavia, alla
determinazione di una “pena finale” complessiva (anni 6 e mesi 6 di reclusione
ed C 40.000,00 di multa) pari a quella stabilita nella sentenza di condanna.

2. Per l’annullamento di tale ordinanza il condannato ha proposto ricorso,
per il tramite del suo difensore, denunziando erronea applicazione dell’art. 73
comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, e dell’art. 133, cod. pen.., per avere il Tribunale
ritenuto, erroneamente, violazione più grave la detenzione di un’esigua quantità
di cocaina e non invece la detenzione di un’ingente quantità di marijuana, non
considerando, in particolare, che nel giudizio di cognizione non era stata
effettuata alcuna analisi dello stupefacente detenuto dall’imputato, volta ad
accertare il principio attivo della sostanza detenuta.
2.1 Non essendo stata accertata la percentuale di principio attivo, il giudice
dell’esecuzione avrebbe dovuto, ad avviso del ricorrente, riconoscere al David,
per il principio del favor rei, l’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n.
309 del 1990, trattandosi di detenzione di gr. 37,00 di cocaina, della quale non si
conosce la percentuale di principio attivo, e ciò conformemente, del resto, ad un
principio di diritto ripetutamente affermato da questa Corte di legittimità (Sez. 6,
n. 47523 del 29/10/2013 – dep. 29/11/2013, P.M. in proc. El Maddahi, Rv.
257836).

2,

divenuta irrevocabile, affermata !a propria competenza, nel rilevare:

2.2 In ogni caso, anche volendo ritenere la detenzione di cocaina violazione
più grave in relazione alla quale parametrare la pena base su cui apportare gli
aumenti per la continuazione, quella determinata dal giudice dell’esecuzione
deve ritenersi comunque una pena eccessiva, discostandosi dal minimo edittale.

Considerato in diritto

1. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito illustrate,

1.1 Osserva il Collegio che la fattispecie in esame si caratterizza – nell’ambito
della individuazione delle ricadute su decisioni irrevocabili della declaratoria dì
incostituzionalità operata con sentenza n.32 del 2014 – per essere la stessa
correlata ad una condanna subita dall’istante per l’illecita detenzione di sostanze
stupefacenti «miste» (droga cd. pesante e droga cd. leggera).
La pena originariamente inflitta al David risulta infatti determinata in
riferimento alla cornice edittale dell’art. 73 co.1 nel testo risultante dalle
modifiche dichiarate incostituzionali (d.l. n.272 del 2005 conv. con modificazioni
in legge n. 49 del 21 febbraio 2006) ed era stata pertanto commisurata in
riferimento ad una pena base prossima al minimo edittale per la droga pesante
vigente al momento del fatto (anni 6 di reclusione), con esclusione di aumenti
per l’ipotizzata continuazione, relativamente alla detenzione della droga così
detta leggera.
Ciò posto, va evidenziato che:
– è esatto affermare che anche in caso di condanna o di applicazione pena su
richiesta, lì dove la sostanza stupefacente sia rappresentata esclusivamente da
droga leggera è necessario operare rideterminazione del trattamento
sanzionatorío (in tal senso le decisioni emesse dalle Sezioni Unite di questa Corte
nella recente udienza del 26 febbraio 2015 ric. Jazouli e ric. Marcon, di cui
risultano disponibili le informazioni provvisorie);
– in nessun caso può tuttavia ritenersi «rideterminabile» la pena per effetto della
pronunzia di incostituzionalità lì dove la stessa risulti, come nel caso in esame,
inflitta anche in rapporto a sostanze stupefacenti al. ‘pesanti’ (originariamente
catalogate all’interno delle tabelle I e III, previste dall’art. 14 del dPR n.309/190)
e non vi sia aumento per continuazione riferita alla diversa tipologia di sostanze.
In rapporto alle droghe “pesanti”, la novellazione del 2006 aveva in realtà
introdotto un regime sanzionatorio di maggior favore, posto che la pena edittale
minima di anni otto (ferma restando la pena massima di anni venti) era stata
sensibilmente ridotta e determinata in quella di anni sei, come si è detto.
2. Se pure deve ritenersi incongrua, pertanto, l’impugnata decisione del giudice
dell’esecuzione laddove ha ritenuto dì procedere comunque ad una

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prospettando dei motivi d’impugnazione manifestamente infondati.

rideterrninazione, sia pure solo formale, della pena inflitta al David, non potendo
evidentemente l’istante, in violazione del generale divieto di reformatio in pejus,
essere ritenuto colpevole di due reati di detenzione illegale di sostanze
stupefacenti tra loro concorrenti, risulta comunque erronea la prospettazione
coltivata dal ricorrente di ottenere una riduzione della pena inflittagli, posto che
nel caso in esame la decisione in sede di cognizione, ha avuto ad oggetto
condotta di contestuale detenzione a fini di spaccio di droghe pesanti e droghe
leggere nel cui ambito non si è operata distinzione alcuna, in virtù della

considerata fattispecie unica e non si applicava la continuazione interna (in tal
senso giurisprudenza costante tra cui Sez. IV, n. 42485 del 17/07/2009, n/.
245458; Sez. IV, n. 37993 del 09/07/2008, rv. 241060; Sez. VI, n. 34789 del
21/04/2008, m. 241375).
Ora, la stessa decisione n. 32/2014 Corte Cost. evidenzia (al par. 6 della
parte motiva) come in rapporto alla caducazione delle norme introdotte nel 2006
– che ha determinato effetti ampiamente favorevoli lì dove la condotta sia in
concreto riferibile a droghe cd. leggere – l’effetto sfavorevole non può invece
prodursi per le condotte di detenzione illecita di droghe cd.pesanti in riferimento
a quanto previsto dall’art. 2 co.4 cod. pen. in tema di successione di leggi penali
nel tempo.
In altri termini, ferma restando l’efficacia retroattiva ricollegabile alla
pronunzia di incostituzionalità, va escluso che ciò possa comportare effetti
sfavorevoli (droghe pesanti) a carico di chi ha commesso il fatto durante la
formale vigenza della norma avente un contenuto di maggior favore.
E’ stato pertanto affermato che in ossequio al principio della irretroattività
della legge penale meno favorevole, la norma incriminatrice dichiarata
incostituzionale può continuare a trovare applicazione per le condotte realizzate
nel corso della sua vigenza, ove la sua disciplina conduca in concreto ad un
trattamento più favorevole per l’imputato (Sez. IV n. 44808 del 26.9.2014 rv
260735).
E’ evidente pertanto che il giudicato emesso nei confronti del David risulta
intangibile in virtù di quanto sopra ricordato (con applicazione di norma più
favorevole non più vigente) ma – al contempo – ciò rende del tutto inaccoglibile
la pretesa ulteriore rimodulazione in me/ius della pena per la ‘compresenza’ di
droga leggera nella originaria contestazione, senza che ciò abbia dato luogo ad
aumenti per la continuazione.
1.2 Quanto poi alla richiesta di applicazione dell’attenuante del fatto di lieve
entità con riferimento alla detenzione della cocaina a ragione del mancato
accertamento del principio attivo presente nella sostanza stupefacente, del tutto

formulazione della norma all’epoca vigente, in quanto la detenzione era

correttamente la stessa è stata rigettata dal giudice dell’esecuzione, trovando il
suo accoglimento un limite nel dato, evidenziato nel provvedimento impugnato e
non confutato espressamente in ricorso, che l’applicazione della diminuente era
stata esclusa in sede di cognizione con decisione non utilmente impugnata
dall’imputato, sicché del tutto incongruo si rivela il riferimento a principi di diritto
enunciati in relazione ad un giudizio di cognizione, e che affermano oltretutto
“che il giudice non ha alcun dovere di procedere a perizia o ad accertamento
tecnico per stabilire la qualità e la quantità del principio attivo di una sostanza

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende,
congruamente determinabile in C 1000,00.

P.Q.M

.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2015.

drogante”.

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