Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30132 del 26/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30132 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BORAKAJ MIZAFER N. IL 29/06/1975
avverso l’ordinanza n. 20/2014 TRIBUNALE di FROSINONE, del
23/04/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
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lette/se-te le conclusioni del PG Dott. ,s ocnift

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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 26/06/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 23 aprile 2014, il Giudice per le indagini preliminari del
tribunale di Frosinone, in funzione di giudice dell’esecuzione dichiarava l’inammissibilità
dell’istanza presentata da Borokas Mizafer, diretta ad ottenere la rideterminazione della
pena in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2004 che, per i
delitti previsti dall’art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alle “droghe leggere”,
aveva determinato la reviviscenza della normativa antecedente la riforma FiniGiovanardi, ritenendo preclusiva l’intangibilità del giudicato, perché,osservava, la Corte

aggravanti”. Nello specifico, al condannato, con sentenza del 21 settembre 2012, era
stata applicata la pena finale concordata di anni quattro mesi otto di reclusione ed euro
20.000 di multa per l’illecita detenzione di marijuana.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione Borakaj, a mezzo del
difensore di fiducia, per violazione di legge e vizio di motivazione insistendo per la
rideterminazione della pena.
3. Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto di annullare senza rinvio
l’ordinanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il provvedimento impugnato va annullatoVper ragionVdiverse da quelle sostenute.
Sul tema del ricorso – oggetto di contrastanti orientamenti giurisprudenziali – sono di
recente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte che con le coeve sentenze 26
febbraio 2015, ricorrenti Jazouli, Sebbar e Marcon, hanno risolto i dubbi circa la
possibilità di applicazione della disciplina più favorevole in sede esecutiva, quale
conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale richiamata.
2. In particolare, si rileva che la sentenza Marcon, per quanto noto con
l’informazione provvisoria n. 6 del 2015, ha affermato il principio di diritto secondo cui, la
pena applicata su richiesta delle parti per i delitti previsti dall’art. 73 D.P.R. n. 309 del
1990 in relazione alle droghe c.d. leggere, con pronuncia divenuta irrevocabile prima
della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, deve essere necessariamente
rideterminata in sede di esecuzione, con la precisazione che la pena deve essere
rideterminata attraverso la “rinegoziazione” dell’accordo tra le parti, “ratificato” dal
giudice dell’esecuzione, che viene interessato attraverso l’incidente di esecuzione attivato
dal condannato o dal pubblico ministero. È stato quindi accolto il principio per cui pena
illegale non è solo quella superiore alla sanzione edittale massima reintrodotta per effetto
della pronuncia di incostituzionalità, ma anche quella applicata in base alla sanzione
prevista dalla norma incostituzionale. Osserva in proposito la sentenza 22471/2015,
Sebbar, esprimendo un principio applicabile anche in sede esecutiva, “la valutazione
discrezionale del giudice nella individuazione della pena in concreto da applicare non può
1

Costituzionale “non aveva abrogato l’ipotesi di reato ovvero abrogato circostanze

prescindere dagli “indicatori astratti” (il minimo e il massimo edittale) che il legislatore gli
ha fornito. È nell’ambito di quello spazio sanzionatorio che il giudicante deve compiere la
sua valutazione. Con la conseguenza che se detto spazio muta (si restringe o si dilata),
mutano inevitabilmente i parametri entro i quali la valutazione in concreto deve essere
effettuata. Per altro, in tema di sostanze stupefacenti, tale spazio sanzionatorio, con il
ripristino della distinzione tra “droghe leggere” e “droghe pesanti”, conseguente alla
sentenza del Giudice delle leggi n. 32 del 2014, è stato sensibilmente ridisegnato,
consentendo, di nuovo, il ricorso ad una forbice edittale (tanto per limitarsi alla sola pena

rispetto a quella posta a base delle statuizioni contestate, vale a dire da sei a venti anni
di reclusione (tanto che, come si è anticipato, il massimo della prima corrisponde al
minimo della seconda), così da comporre un quadro di riferimento non paragonabile a
quello tenuto presente al momento delle pronunzie dei giudici del merito e da realizzare,
pertanto, un sostanziale ridimensionamento dello stesso disvalore penale del fatto.
Ed è sostanzialmente per tale ragione che, ad esempio, nella sentenza n.
26340/2014 (Di Maggio), si osserva in particolare che la ripristinata distinzione della
risposta repressiva (che tiene conto della diversa natura delle sostanze stupefacenti),
implicando una così marcata differenza del trattamento sanzionatorio, comporta la
necessità di rideterminare la pena in concreto (a suo tempo) ritenuta congrua ed
applicata. Invero, una volta mutato il parametro di riferimento, il giudice del merito deve
inderogabilmente riesercitare il potere discrezionale conferitogli dagli artt. 132 e 133 cod.
pen.”.
Ora, alla luce del dictum delle Sezioni unite, è evidente che il caso portato
all’attenzione del giudice dell’esecuzione va diversamente considerato rispetto a
quanto ritenuto nel provvedimento impugnato. La rideterminazione della pena deve
essere disposta nel contraddittorio delle parti, secondo il modulo procedimentale previsto
dall’art. 188 delle disposizioni di attuazione del codice di rito. Va solo aggiunto che, ove
le parti non raggiungano un accordo ed il giudice dell’esecuzione non ritenga
ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, spetterà a lui determinare la pena
legale, in base ai parametri posti dagli articoli 132 e 133 codice penale, non
diversamente da quanto già previsto per la determinazione della pena nel caso di
riconoscimento della continuazione in sede esecutiva.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Gip del Tribunale
di Frosinone.
Così deciso in Roma, il 26 giugno 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

detentiva) – da due a sei anni di reclusione – di gran lunga meno ampia (e meno severa)

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