Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30124 del 25/03/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30124 Anno 2014
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: CERVADORO MIRELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
UTANO NATALE N. IL 09/02/1957
avverso la sentenza n. 515/2008 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 09/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;

Data Udienza: 25/03/2014

RG. 41511/2013 Utano Natale
Considerato che:
Il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza in epigrafe, deducendo la nullità della sentenza per erronea applicazione
della legge penale, carenza ed illogicità della motivazione in ordine al giudizio di responsabilità, alla qualificazione giuridica del reato, e
al difetto dell’elemento psicologico del reato di ricettazione (art.606 lett.b) e), c.p.p.).
Nel ricorso vengono riproposte le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, e la mancanza di
specificità dei motivi va poi apprezzata non solo per la loro indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni

(Cass.Sez.IV n.5191/2000 Rv.216473).
Premesso che secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Sentenza n. 12433//2009 Rv. 246324) l’elemento
psicologico della ricettazione può essere integrato anche dal dolo eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione, da
parte dell’agente, della concreta possibilità e non del mero sospetto della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione
del rischio; che, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla
base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale e’ sicuramente rivelatrice della volontà
di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. (Cass. Sez. 2, 27.2.97, Savic, 207313), e che – in tal caso – la
ricorrenza dell’elemento indicativo del dolo non viene affermata sulla base della stigmatizzazione negativa della legittima scelta
dell’imputato di tacere, ma sulla base del fatto oggettivo che io stesso non ha ritenuto di dare alcuna spiegazione in ordine alle
circostanze e alle modalità nelle quali e con le quali ebbe ricevere la cosa provento di delitto (Cass.Sez.II, n.35176/07; Sez.II,
n.15757/03; Sez.II, n. 1176/03), rileva il Collegio che le motivazioni svolte dal giudice d’appello non risultano viziate da illogicità
manifeste e sono infine esaustive, in riferimento a tutti i motivi d’appello, avendo la Corte evidenziato le ragioni per le quali il reato non
poteva essere derubricato nell’ipotesi di cui all’art.712 c.p., dal momento che Battista Serpico, asserito consegnatario del titolo di
provenienza da reato, che peraltro non aveva apposto alcuna firma di girata, era deceduto in data anteriore alla data portata dal titolo
medesimo, e che non vi erano ulteriori elementi a suffragio della tesi difensiva.
Va infine evidenziato che il termine di prescrizione risulta sospeso dal 13.10.2006 al 16.2.2007, per rinvio dell’udienza per
adesione da parte del difensore all’astensione dalle udienze proclamata dagli organismi di categoria, e pertanto alla data della
pronuncia della Corte (9.5.2013) il termine massimo di anni dieci (aumentato di mesi quattro e giorni tre) non era ancora decorso
risultando il fatto accertato in data 16.6.2003, e ciò anche a voler calcolare la decorrenza dalla data dell’avvenuta sottrazione (5.2.2003).
L’inammissibilità del ricorso per Cassazione preclude, poi, la declaratoria d’estinzione del reato per prescrizione maturata
successivamente alla decisione impugnata (cfr.Cass.Sez.III, sent.n.42839/2009 Rv.244999).
Il ricorso va dichiarato quindi inammissibile. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili
di colpa emergenti dal ricorso (v.Corte Cost. sent.n.186/2000), si determina equitativamente in Euro 1000.
PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in
favore della Cassa delle ammende.
R a 25.3.2014

del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente, ai sensi dell’art.591, co.1 lett.c) c.p.p., nell’inammissibilità

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