Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30124 del 24/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30124 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

1) Rosati Pietro, nato il 21/12/1970;

Avverso l’ordinanza n. 572/2014 emessa il 25/09/2014 dal Tribunale di
Genova;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Giulio
Romano, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata;

Data Udienza: 24/06/2015

RILEVATO IN FATTO

1.

Con ordinanza emessa il 25/09/2014 il Tribunale di Genova, quale

giudice dell’esecuzione, dichiarava illegittima e non eseguibile la pena irrogata a
Pietro Rosati, con sentenza emessa dalla Corte di appello di Genova il
02/12/2009, divenuta irrevocabile, in accoglimento parziale dell’istanza proposta
dall’esecutato ai sensi degli artt. 666 e 673 cod. proc. pen.
Si riteneva, in particolare, che la pena irrogata al Rosati doveva essere
rideterminata nei soli limiti eccedenti la pena edittale prevista dalla norma

dell’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, così come riconfigurata dalla
sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2014, n. 32.
Queste ragioni processuali imponevano l’emissione dell’ordinanza
impugnata.

2.

Avverso tale ordinanza veniva proposto ricorso per cassazione,

deducendosi la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione ed erronea
applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod.
proc. pen.
Si deduceva, in particolare, che il giudice dell’esecuzione non doveva
limitarsi a rideterminare la pena originariamente irrogata al Rosati sulla base
degli attuali parametri edittali, ma doveva applicare un criterio di proporzionalità
della sanzione che gli era stata inflitta, tenendo conto del fatto che, pur non
potendo entrare nel merito della vicenda processuale, non poteva non ricalcolare
la sanzione penale alla luce dell’attuale normativa.
In questi termini, la sanzione irrogata al Rosati doveva ritenersi illegittima,
atteso che la pena base veniva calcolata tenendo conto di parametri edittali che
non si sarebbero dovuti applicare laddove fossero stati rispettati dal legislatore i
principi costituzionali risultati violati con la sentenza della Corte costituzionale n.
32 del 2014.
Per queste ragioni, l’ordinanza emessa dal Tribunale di Genova doveva
essere annullata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.
In via preliminare, deve rilevarsi che l’istanza proposta pone il problema della
disciplina applicabile nelle ipotesi in cui si procede per il reato di cui all’art. 73 del
d.P.R. n. 309 del 1990, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 32 del
2014, con cui veniva dichiarata l’incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vicies del
2

t

d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, in quanto ritenuti in contrasto con i principi di
ragionevolezza, uguaglianza e proporzionalità della pena.
Com’è noto, questa pronunzia della Corte costituzionale aveva eliminato con
efficacia ex tunc la disciplina che aveva introdotto un trattamento più severo per
lo spaccio delle cosiddette droghe leggere, ripristinando il più mite trattamento
sanzionatorio previgente.
Sulle conseguenze applicative di questa pronunzia si determinava un
contrasto giurisprudenziale in seno a questa Corte che imponeva l’intervento

Rv. 260700).
La questione che era stata demandata alle Sezioni unite, originariamente,
scaturiva dall’interpretazione della sentenza della Corte costituzionale 5
novembre 2012, n. 251, con cui era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 69 cod. pen., nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza
dell’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990.
Tuttavia, in tale ambito, compulsate sulle conseguenze derivanti dal suddetto
intervento della Corte costituzionale in sede esecutiva, le Sezioni unite si
pronunciavano anche sulle conseguenze della sentenza n. 32 del 2014, nel
frattempo sopravvenuta, affermando i principi di diritto, qui di seguito,
sinteticamente richiamati
Le Sezioni unite, innanzitutto, sulle conseguenze sistematiche prodotte dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, affermavano che, in questo
caso, l’esecuzione della pena deve ritenersi illegittima sia sotto il profilo
oggettivo, in quanto derivante dall’applicazione di una norma di diritto penale
sostanziale dichiarata incostituzionale dopo il passaggio in giudicato della
sentenza, sia sotto il profilo soggettivo, in quanto, almeno per una parte, non
può essere positivamente finalizzata alla rieducazione del condannato imposta
dall’art. 27, comma 3, Cost. Infatti, l’illegittimità della pena irrogata costituisce
un ostacolo al perseguimento di tali obiettivi rieducativi, perché viene avvertita
come ingiusta da chi la sta subendo, per essere stata non già determinata dal
giudice nell’esercizio dei suoi legittimi poteri giurisdizionali, ma imposta da un
legislatore che ha violato la costituzione (cfr. Sez. un., n. 42858 del 29/05/2014,
P.M. in proc. Gatto, cit.).
Sulla scorta di questa ricostruzione sistematica, le Sezioni unite
affermavano il seguente principio di diritto: «Successivamente a una sentenza
irrevocabile di condanna, la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una
norma penale diversa dalla norma incriminatrice, idonea a mitigare il
trattamento sanzionatorio, comporta la rideterminazione della pena, che non sia

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delle Sezioni unite (cfr. Sez. un., n. 42858 del 29/05/2014, P.M. in proc. Gatto,

stata interamente espiata, da parte del giudice dell’esecuzione» (cfr. Sez. un., n.
42858 del 29/05/2014, P.M. in proc. Gatto, Rv. cit.).

2. In questa cornice sistematica, passando a considerare il caso in esame,
deve rilevarsi che il Tribunale di Genova, quale giudice dell’esecuzione, era
tenuto a compiere una verifica preliminare sulla rilevanza della sentenza emessa
dalla Corte di appello di Genova il 02/12/2009, all’atto della domanda, sulla
libertà personale del Rosati, per essere in effettiva esecuzione la pena derivante

sanzionatorio.
A tale operazione preliminare, in caso di esito positivo dell’accertamento,
occorreva fare seguire la rideterminazione della pena irrogata, tenendo conto
della compiuta ricostruzione del fatto contestato al Rosati – così come accertato
nella sentenza presupposta, su cui si era formato il titolo esecutivo di cui si
controverte – e delle norme applicabili al momento della decisione sotto il profilo
della commisurazione della sanzione penale.
Tra queste disposizioni andavano valutate, in rapporto alla tipologia della
sostanza stupefacente considerata con riferimento alla posizione processuale del
Rosati, quelle interessate dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del
2014, che ha fatto riespandere – per i fatti illeciti commessi nell’arco temporale
compreso tra il 28/02/2006 e il 06/03/2014 – la previgente disciplina
incriminatrice e le correlate disposizioni sanzionatorie.
Ne discende che laddove, come nel caso di specie, il Rosati risultava essere
stato condannato per un fatto rientrante nel predetto intervallo temporale,
doveva ritenersi esportabile il contenuto delle affermazioni delle Sezioni unite
che si sono richiamate, relativamente all’abrogazione del trattamento
sanzionatorio vigente all’epoca della sentenza, in quanto contrario a norme
costituzionali.
Tale operazione comportava una rivalutazione complessiva del fatto di
reato contestato, che non veniva effettuata in termini congrui dal giudice
dell’esecuzione, tenendo conto dell’originaria verifica giurisdizionale, eseguita nei
confronti del Rosati dalla Corte di appello di Genova.
In questa cornice ermeneutica, nel cui ambito non si orientava
correttamente il giudice dell’esecuzione, limitandosi a compiere una rivalutazione
esclusivamente aritmetica della pena originaria, occorre ribadire il seguente
principio di diritto: «Per effetto delle sentenze della Corte costituzionale nn. 251
del 2012 e 32 del 2014, il giudice dell’esecuzione, ove il trattamento
sanzionatorio non sia stato ancora interamente eseguito, deve rideterminare la
pena in favore del condannato pur se il provvedimento “correttivo” da adottare
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da una norma incostituzionale, verificandone l’incidenza sul suo trattamento

non è a contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di
accertamento e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di
cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali»
(cfr. Sez. 1, n. 53019 del 04/12/2014, Schettino, Rv. 261581).
Invero, posto che l’operazione di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen. è il
frutto di una scelta discrezionale che il giudice della cognizione compie in un
ambito edittale predefinito, è evidente che il mutamento radicale della cornice
derivante dalla declaratoria di incostituzionalità rendeva necessaria – anche

pena al Rosati – una rivalutazione piena di tale profilo sanzionatorio, che
imponeva di tenere conto del fatto di reato, così come accertato in sede di
cognizione, non già nei termini esclusivamente matematici espressi da tale
giudice (cfr. Sez. 1, n. 53019 del 04/12/2014, Schettino, cit.).
A ben vedere, l’inadeguatezza del vaglio della pena edittale quantificata
nell’originario giudizio emerge dalla motivazione dello stesso provvedimento, nel
quale, senza alcun riferimento al mutamento complessivo della cornice edittale
nella quale la condotta delittuosa ascritta al Rosati andava inserita, ci si limitava
ad affermare che il trattamento sanzionatorio andava rideterminato nei soli limiti
di eccedenza dei quattro anni di reclusione, con una valutazione esclusivamente
aritmetica, che non teneva conto delle modalità di accertamento dell’illecito
contestato e della tipologia di sostanza stupefacente detenuta dall’esecutato.

3. Per questi motivi, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio
al Tribunale di Genova affinché provveda a un nuovo esame.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Genova.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 24 giugno 2015.

attesa la tipologia di sostanza stupefacente per la quale era stata irrogata la

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