Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30119 del 24/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30119 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CRISCI GIOVANNI N. IL 03/01/1965
avverso l’ordinanza n. 68/2014 TRIBUNALE di TEMPIO PAUSANIA,
del 06/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette/setitite le conclusioni del PG Dott.

(Le

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Uditi difensor Avv.;

fk,

i) P 01,1.1

724

eQ

Data Udienza: 24/06/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 6 giugno 2014, il Giudice per le indagini preliminari del
tribunale di Tempio Pausania, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava
l’istanza presentata da Giovanni Crisci, diretta ad ottenere la rideternninazione
della pena in conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del
2004, che aveva determinato la reviviscenza della normativa antecedente la
modifica dell’articolo 73 d.p.r. 309 del 1990 (cd. “Jervolino – Vassalli”),
ritenendo carente in capo al giudice la possibilità di modificare la sentenza

giudice della cognizione (natura della sostanza, quantitativo, principio attivo
della stessa, elementi posti dall’art. 133 cod. pen.). Ad avviso del giudicante,
l’unica ipotesi di intervento concerneva l’irrogazione di una pena superiore
all’attuale massimo edittale. Nel caso di specie la pena irrogata (anni due mesi
otto di reclusione nell’ambito di giudizio abbreviato, con concessione delle
attenuanti generiche) rientrava nella cornice edittale attualmente prevista e,
comunque, quand’anche il giudice dell’esecuzione avesse avuto il potere
discrezionale di rideterminare la pena, quella irrogata era congrua e
proporzionata al fatto commesso.
2.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione Crisci

Giovanni, a mezzo del difensore di fiducia, e ne chiede l’annullamento per vizio di
motivazione e violazione di legge. Ritiene il difensore che la rideternninazione
della pena rientrava nelle specifiche competenze del giudice dell’esecuzione e
che detto giudice avrebbe dovuto adeguare la pena alla normativa più favorevole
per il condannato.
3. Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del
ricorso alla luce della ritenuta congruità della pena inflitta dal giudice della
cognizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile. Il giudice
dell’esecuzione ha provveduto alla rideterminazione della pena come richiesto dal
ricorrente, adeguandosi al principio espresso della Cotte Costituzionale, ed ha ritenuto la
pena irrogata equa e proporzionata al disvalore del fatto, indicando i parametri cui si è
attenuto. Nel ricorso il difensore contesta genericamente il procedimento seguito dal
giudice dell’esecuzione, ma non indica le specifiche ragioni per cui la pena in concreto
determinata sia illegale, né spiega perché non sia congrua.
2. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento nonché al versamento in favore della
Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 1000,00,
1

irrevocabile, non essendo egli dotato di poteri cognitivi/commisurativi propri del

tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che “la parte
abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”. (Corte Cost. 186/2000).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1000,00 alla Cassa
delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2015

Il Consigliere estensore

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