Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30115 del 24/06/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 30115 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI BRINDISI
nei confronti di:
BONJAKU RENATO N. IL 07/05/1983
inoltre:
BONJAKU RENATO N. IL 07/05/1983
avverso l’ordinanza n. 102/2014 GIP TRIBUNALE di BRINDISI, del
07/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
,buju o
lette/sefit-ite le conclusioni del PG Dott.

cL(‘

LI: P(4 ckbeA)-WAt t (79-124

‘k tiv‹ (A)

Uditi difensor Avv.;

Li

,

tp

OLt ILLA, (-L Q,J(.1.

Data Udienza: 24/06/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 7 luglio 2014, il giudice per le indagini preliminari del tribunale
di Brindisi, in funzione di giudice dell’esecuzione, disattendendo il parere negativo del
pubblico ministero, accoglieva l’istanza presentata da Renato Boniaku, diretta ad
ottenere la rideterminazione della pena in conseguenza della sentenza della Corte
Costituzionale n. 32 del 2004 che per i delitti previsti dall’art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990
in relazione alle “droghe leggere”, aveva determinato la reviviscenza della normativa
antecedente la riforma Fini-Giovanardi. Esponeva che a Boniaku, con sentenza del 26

reclusione ed euro 27.000 di multa, diminuita di un terzo per le attenuanti generiche e
con un aumento di due anni euro 9000 di multa per la continuazione, era stata applicata
la pena finale concordata di anni quattro mesi due di reclusione ed euro 18.000 di multa
per aver illegalmente trasportato e detenuto, con più azioni esecutive del medesimo
disegno criminoso, complessivamente kilogramnni 139,95 di marijuana. L’organo
giudicante, richiamando la giurisprudenza formatasi in conseguenza delle dichiarazioni di
illegittimità costituzionale che avevano colpito altre norme penali sostanziali incidenti sul
trattamento sanzionatorio, riteneva che la pena irrogata al condannato, essendo stata
determinata all’interno di un quadro normativo dichiarato costituzionalmente illegittimo,
doveva essere considerata illegale e doveva essere rideterminata in sede esecutiva in
base ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen.
2. In conseguenza, sulla base dei limiti edittali applicabili, considerato il rilevante
dato ponderale e la non occasionalità del trasporto, riteneva adeguata al fatto la pena di
anni tre di reclusione ed euro 27.000 di multa, partendo da una pena base di anni
quattro mesi sei di reclusione ed euro 27.000 di multa, ridotta di un terzo per le
attenuanti generiche ed aumentata di un anno mesi sei di reclusione e C 9000 di multa
per la continuazione tenuto conto della oggettiva gravità dei singoli episodi. Cui
ritenendo carente in capo al giudice la possibilità di modificare il giudicato.
2. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per Cassazione Renato Boniaku, a
mezzo del difensore di fiducia, ed il Rocuratore della Repubblica di Brindisi.
2.1. Quest’ultimo deduce violazione di legge penale e processuale. In particolare,
ritiene che nell’ipotesi di reviviscenza di una norma incriminatrice che preveda un
trattamento sanzionatorio più favorevole per il condannato, l’intervento del giudice
dell’esecuzione sia ammissibile solo in quei casi in cui sia stata inflitta una condanna ad
una pena che, in base al nuovo quadro normativo di riferimento, sia illegale, cioè una
pena superiore a quella che potrebbe essere irrogata; invece ove la pena inflitta, come
nel caso di specie, si mantenga nell’ambito della forbice edittale della norma ritornata in
vigore, la preclusione del giudicato osterebbe alla rideterminazione della pena
executivis.

1

in

giugno 2012 (irrevocabile 4 aprile 2013), partendo da una pena base di anni sei di

2.2. Il difensore dell’imputato deduce violazione del giudicato nella rideternninazione
della pena, ed errato calcolo sanzionatorio. Richiamata la sentenza della Corte
Costituzionale n. 32/2014 e la giurisprudenza di legittimità formatasi in relazione alla
dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 69, comma 4, cod. pen. ed al caso Scoppola,
ed individuato nell’incidente di esecuzione lo strumento processuale utile per
l’applicazione della normativa più favorevole al condannato, il difensore ritiene che
avendo il giudice della cognizione posto a base del proprio calcolo la pena minima
edittale all’epoca prevista (sei anni di reclusione), il rispetto del giudicato avrebbe

legge attuale (2 anni), su cui poi apportarre gli aumenti o le diminuzioni connesse alle
aggravanti ed alle attenuanti. Chiede quindi l’annullamento dell’ordinanza e la
rideterminazione della pena.
3. Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto di annullare senza rinvio
l’ordinanza rideterminando la pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il provvedimento impugnato va annullato per ragioni diverse da quelle sostenute.
Sul tema dei ricorsi – oggetto di contrastanti orientamenti giurisprudenziali – sono di
recente intervenute le Sezioni Unite di questa Corte che con le coeve sentenze 26
febbraio 2015, ricorrenti Jazouli, Sebbar e Marcon, hanno risolto i dubbi circa la
possibilità di applicazione della disciplina più favorevole in sede esecutiva, quale
conseguenza della sentenza della Corte Costituzionale richiamata.
2. In particolare, in relazione al ricorso della parte pubblica, si rileva che la sentenza
Marcon, per quanto noto con l’informazione provvisoria n. 6 del 2015, ha affermato il
principio di diritto secondo cui, la pena applicata su richiesta delle parti per i delitti
previsti dall’art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alle droghe c.d. leggere, con
pronuncia divenuta irrevocabile prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del
2014 deve essere necessariamente rideterminata in sede di esecuzione, con la
precisazione che la pena deve essere rideterminata attraverso la “rinegoziazione”
dell’accordo tra le parti, ratificato dal giudice dell’esecuzione, che viene interessato
attraverso l’incidente di esecuzione attivato dal condannato o dal pubblico ministero. È
stato quindi accolto il principio per cui pena illegale non è solo quella superiore alla
sanzione edittale massima reintrodotta per effetto della pronuncia di incostituzionalità,
ma anche quella applicata in base alla sanzione prevista dalla norma incostituzionale.
Osserva in proposito la sentenza Sebbar, esprimendo un principio applicabile anche in
sede esecutiva, “la valutazione discrezionale del giudice nella individuazione della pena in
concreto da applicare non può prescindere dagli “indicatori astratti” (il minimo e il
massimo edittale) che il legislatore gli ha fornito. È nell’ambito di quello spazio
sanzionatorio che il giudicante deve compiere la sua valutazione. Con la conseguenza

imposto al giudice dell’esecuzione di individuare la pena base di calcolo nel minimo di

che se detto spazio muta (si restringe o si dilata), mutano inevitabilmente i parametri
entro i quali la valutazione in concreto deve essere effettuata. Per altro, in tema di
sostanze stupefacenti, tale spazio sanzionatorio, con il ripristino della distinzione tra
“droghe leggere” e “droghe pesanti”, conseguente alla sentenza del Giudice delle leggi n.
32 del 2014, è stato sensibilmente ridisegnato, consentendo, di nuovo, il ricorso ad una
forbice edittale (tanto per limitarsi alla sola pena detentiva) – da due a sei anni di
reclusione – di gran lunga meno ampia (e meno severa) rispetto a quella posta a base
delle statuizioni contestate, vale a dire da sei a venti anni di reclusione (tanto che, come

comporre un quadro di riferimento non paragonabile a quello tenuto presente al
momento delle pronunzie dei giudici del merito e da realizzare, pertanto, un sostanziale
ridimensionamento dello stesso disvalore penale del fatto.
Ed è sostanzialmente per tale ragione che, ad esempio, nella sentenza n.
26340/2014 (Di Maggio), si osserva in particolare che la ripristinata distinzione della
risposta repressiva (che tiene conto della diversa natura delle sostanze stupefacenti),
implicando una così marcata differenza del trattamento sanzionatorio, comporta la
necessità di rideterminare !a pena in concreto (a suo tempo) ritenuta congrua ed
applicata. Invero, una volta mutato il parametro di riferimento, il giudice del merito deve
inderogabilmente riesercitare il potere discrezionale conferitogli dagli artt. 132 e 133 cod.
pen.”.
1~-44• V;1144-1-‘‘

3. Le conclusioni sopra esposte spiegano anche le ragioni per cui
il-kzcq:s2:3::prarrEàz dal condannato. La rideterminazione della pena deve essere disposta
nel contraddittorio delle parti, secondo il modulo procedirnentale previsto dall’ad, 188
delle disposizioni di attuazione del codice di rito. Non oste. alla “rinegoziazione” della pena
la circostanza che in conseguenza dell’istanza proposta dal condannato il giudice per le
indagini preliminari abbia già sentito le parti in camera di consiglio ed in quella sede il
pubblico ministero abbia espresso un parere negativo. Come si legge nell’ordinanza, ed è
stato esplicitato nel ricorso della parte pubblica, il parere negativo fu determinato
dall’opzione interpretativa accolta dal requirente sul significato di pena illegale, tale
essendosi ritenuta solo quella superiore alla pena attualmente astrattamente irrogabile.
Ora, alla luce del dictum delle Sezioni unite, è evidente che il caso portato
all’attenzione del giudice dell’esecuzione va diversamente considerato da tutte le
parti rispetto a quanto ritenuto nel provvedimento impugnato. La rideterminazione
della pena deve essere disposta nel contraddittorio delle parti, secondo il modulo
procedimentale previsto dall’art. 188 delle disposizioni di attuazione del codice di rito,
“ratificato” dal giudice. Va solo aggiunto che, ove le parti non raggiungano un accordo
ed il giudice dell’esecuzione non ritenga ingiustificato il dissenso del pubblico ministero,
spetterà a lui determinare la pena legale, in base ai parametri posti dagli artt. 132 e

si è anticipato, il massimo della prima corrisponde al minimo della seconda), così da

133 cod. pen., non diversamente da quanto già previsto per la determinazione della
pena nel caso di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al GUP del tribunale
di Brindisi.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2015

Il Consigliere estensore

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA