Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30113 del 24/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30113 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da VANACORE Federico, nato a Napoli il 16/12/1989,
avverso l’ordinanza emessa in data 16/09/2014 dal Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Noia.
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata, il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Aurelio Galasso, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

1

Data Udienza: 24/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza in data 19 gennaio 2010, Federico VANACORE è stato

condannato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Noia, a seguito di
giudizio abbreviato, alla pena di 4 anni di reclusione e di 18.000,00 euro di multa per
il reato di cui agli artt. 73, comma 1-bis d.P.R. n. 309 del 1990, riferito a droghe
leggere.

Nola, decidendo quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di
rideterminazione della pena avanzata dal condannato per effetto di Corte cost. n. 32
del 2014.
A ragione ha osservato che non solo la pena irrogata rientrava nella reviviscente
cornice edittale, ma appariva in concreto adeguata alla gravità del fatto, concernente
la detenzione di oltre 2 chili di stupefacente e alla negativa personalità del
condannato, quale risultante dai suoi precedenti penali.
2.

Ha proposto ricorso Federico VANACORE con atto a sua firma personale

chiedendo l’annullamento della ordinanza.
Denunzia violazione di legge e vizi della motivazione, osservando che non poteva
considerarsi congrua una pena che all’atto della sua irrogazione corrispondeva al
minimo edittale e ora rappresentava il massimo e che il giudice della esecuzione
inammissibilmente aveva valutato di particolare gravità quello stesso fatto che il
giudice della cognizione aveva ritenuto di modesta gravità. Andava, invece, seguita
l’impostazione di Sez. 6, n. 376 del 20 marzo 2014 che in caso analogo, benché in
sede di cognizione, aveva ritenuto che a seguito della pronunzia della corte
costituzionale la pena già inflitta dovesse essere ridotta, senza alcun margine di
discrezionalità, in misura proporzionale al rapporto esistente tra le diverse cornici
edittali.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare fondato, nei termini, tuttavia, che si
diranno.
2. Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260697, ha affermato il principio
che, quando, successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di
condanna, interviene la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale,
ancorché diversa da quella incriminatrice, ma comunque incidente sulla
commisurazione della pena in espiazione, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare
il trattamento sanzionatorio in favore del condannato pur se il provvedimento
“correttivo” da adottare non è a contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di
penetranti poteri di accertamento e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla

2

Con l’ordinanza in epigrafe il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di

pronuncia di cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate
incostituzionali (o comunque derivanti dai principi in materia di successione di leggi
penali nel tempo, che inibiscono l’applicazione di norme più favorevoli eventualmente
“medio tempore” approvate dal legislatore).
Nel caso in esame rileva dunque, con riferimento al trattamento sanzionatorio
previsto per le droghe cosiddette leggere, Corte cost. n. 32 del 2014 che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale delle modifiche recate all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 dal
comma 1-bis, che interessa nel caso in esame, i previgentí limiti edittali.
Con le decisioni in data 26/02/2015, nei procedimenti r.g.n. 22621/2014 Jazouli;
r.g.n. 49591 Marcon; r.g.n. n. 48107/2013 Sebbar, le Sezioni Unite, hanno quindi
affermato: che per i delitti di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, relativi a droghe
c.d. leggere, la pena applicata con sentenza di patteggiannento sulla base di normativa
dichiarata incostituzionale con la sentenza Corte cost. n. 32 del 2014 deve essere
rideterminata in mitius, avuto riguardo ai più favorevoli limiti edittali, anche nel caso
in cui la stessa rientri nella nuova cornice edittale applicabile (Sez. U, informazione
provvisoria n. 5 del 2015); che tanto vale altresì nel caso in cui tali delitti siano stati
ritenuti in continuazione, parimenti dovendo essere rideterminata per detti reati satellite la pena alla luce della più favorevole cornice edittale (Sez. U, n. 22471 del
22/02/2015, Marcon); che analoghe rideterminazioni devono essere effettuata in sede
esecutiva, allorché si tratti di pene applicate con sentenze irrevocabili prima della
pronunzia d’illegittimità costituzionale, «attraverso la rinegoziazione dell’accordo tra le
parti, ratificato dal giudice dell’esecuzione che viene interessato attraverso l’incidente
di esecuzione attivato dall’interessato o dal Pubblico ministero», in sintonia con quanto
previsto dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen. (Sez. U, informazione provvisoria n. 6
del 2015).
E Sez. U, n. 22471 del 22/02/2015, Marcon (le altre sentenze non risultano ad
oggi depositate) ha, in particolare, stigmatizzato che «Invero, l’unico, obiettivo
indicatore della gravità di un reato è il trattamento sanzionatorio previsto dal
legislatore, il quale – evidentemente – modula la pena edittale a seconda del disvalore
che ritiene di attribuire alle ipotesi criminose, che egli stesso ha enucleato. Né
potrebbe essere diversamente, in quanto il giudice non può sostituirsi al legislatore, al
quale ultimo soltanto spetta decidere, nell’esercizio della funzione sovrana di
produzione del diritto, se una condotta contraria alla legge debba essere punita (e
quindi qualificata) più o meno gravemente di un’altra (cfr. Sez. U, n. 15 del
26/11/1997, Varnelli, Rv. 209485-209487)». «Va da sé che, sulla valutazione in
astratto compiuta dal legislatore (e di seguito ad essa), si innesta la valutazione in
concreto compiuta dal giudice di merito, il quale ha conosciuto tanto il fatto-reato,
quanto il suo autore (di persona e/o attraverso gli atti), e che, dunque, è in grado di
determinare, nello specifico, il trattamento sanzionatorio da applicare». Certamente,
«Come ebbe […] a chiarire, in una risalente sentenza, la Corte costituzionale (sent. n.
15 del 1962), l’individuazione della pena da parte del giudice non può prescindere

3

d.l. n. 272 del 2005 convertito in legge n. 46 del 2006, ristabilendo per l’ipotesi del

dalla considerazione della gravità del reato e della personalità del reo». «Ma, come è
ovvio, la valutazione discrezionale del giudice nella individuazione della pena in
concreto da applicare non può prescindere dagli “indicatori astratti” (il minimo e il
massimo edittale) che il legislatore gli ha fornito. è nell’ambito di quello spazio
sanzionatorio che il giudicante deve compiere la sua valutazione. Con la conseguenza
che se detto spazio muta (si restringe o si dilata), mutano inevitabilmente i parametri

3. A tali principi, che il Collegio condivide perché assicurano un controllo di
effettiva legalità della pena, non si è attenuto il provvedimento impugnato, che, avuto
riguardo alle diverse cornici edittali, ha arbitrariamente mantenuto ferma la pena
inflitta nonostante questa corrispondesse all’epoca al minimo edittale e rappresenti
oggi, invece, il massimo, facendo riferimento alla motivazione del giudice di merito
riferita al comma 5: così eludendo il dovere di prendere atto della declaratoria
d’illegittimità costituzionale e di adeguare la pena ai mutati parametri.
4. L’ordinanza impugnata deve per tali ragioni essere annullata, con rinvio al
Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Noia perché proceda a nuovo esame,
rideterminando la pena inflitta al ricorrente, non necessariamente in termini
matematicatente proporzionati, ma tenendo comunque conto della sensibilissima
differenza delle cornici edittali a suo tempo considerate e quelle invece applicabili per
effetto di Corte cost. n. 32 del 2014 e alla luce delle non sovvertibili valutazioni del
giudice della cognizione in ordine alla concreta gravità del reato, sia espresse sia
implicitamente desumibili dai criteri di determinazione della pena adottati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.u.p. del Tribunale
di Noia.
Così deciso il 24 giugno 2015
Il consigliere este ore

Il Presidente

entro i quali la valutazione in concreto deve essere effettuata».

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