Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30110 del 24/06/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30110 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di Milano,
avverso l’ordinanza emessa in data 15/05/2014 dal Tribunale di Milano, nei
confronti di:
D’ODORICO Massimo, nato a Milano il giorno 08/02/1968,
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata, il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 24/06/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 1° ottobre 2009, irrevocabile il 16 novembre 2009,
Massimo D’ODORICO è stato condannato, previo riconoscimento della circostanza
dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 equivalente all’aggravante e alla
recidiva, alla pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione e 20.000,00 euro di multa
(calcolando quale pena base anni 6 e mesi 6 di reclusione e 30.000 di multa, ridotta
per il rito) per il reato di cui agli artt. 73, comma 1-bis e 80, comma 1, lettere a) e g),

d.P.R. n. 309 del 1990, riferito ad hashish e commesso in data 8 settembre 2009.
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Milano, decidendo quale giudice
dell’esecuzione sull’istanza di rideterminazione della pena avanzata dal condannato per
effetto di Corte cost. n. 32 del 2014, ha ridotto la pena ad anni 2, mesi otto di
reclusione e 6.886,00 euro di multa (calcolando quale pena base anni 4 di reclusione e
10.329 euro di multa, ridotti per il rito).
2. Ha proposto ricorso il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di Milano chiedendo l’annullamento della ordinanza.
Denunzia violazione di legge richiamando Sez. 1, n. 27640 del 19/01/2012 ed
osservando che il giudicato doveva ritenersi intangibile, ai sensi dell’art. 2, comma 4,
cod. pen., essendo stata attinta dalla declaratoria d’illegittimità costituzionale non la
norma incriminatrice, ma la sola sanzione

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare infondato.
2. Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260697, risolvendo il contrasto al
quale ha pure fatto riferimento il ricorrente, ha affermato il principio che, quando,
successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di condanna, interviene la
dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale, ancorché diversa da
quella incriminatrice, ma comunque incidente sulla commisurazione della pena in
espiazione, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare il trattamento sanzionatorio in
favore del condannato pur se il provvedimento “correttivo” da adottare non è a
contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di accertamento
e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di cognizione in
applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali (o comunque
derivanti dai principi in materia di successione di leggi penali nel tempo, che inibiscono
l’applicazione di norme più favorevoli eventualmente “medio tempore” approvate dal
legislatore).
Nel caso in esame rileva dunque, con riferimento al trattamento sanzionatorio
previsto per le droghe cosiddette leggere, Corte cost. n. 32 del 2014 che ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale delle modifiche recate all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 dal

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d.l. n. 272 del 2005 convertito in legge n. 46 del 2006, ristabilendo sia per l’ipotesi del
comma 1-bis, sia per l’ipotesi del comma 5, che interessa nel caso in esame i
previgenti limiti edittali.
E’ appena il caso di aggiungere, quindi, che con le decisioni in data 26/02/2015,
nei procedimenti r.g.n. 22621/2014 Jazouli; r.g.n. 49591 Marcon; r.g.n. n.
48107/2013 Sebbar, le Sezioni Unite, hanno affermato i seguenti ulteriori principi: per
i delitti di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, relativi a droghe c.d. leggere, la pena
incostituzionale con la sentenza Corte cost. n. 32 del 2014 deve essere rideterminata
in mitius, avuto riguardo ai più favorevoli limiti edittali, anche nel caso in cui la stessa
rientri nella nuova cornice edittale applicabile (Sez. U, informazione provvisoria n. 5
del 2015); tanto vale altresì nel caso in cui tali delitti siano stati ritenuti in
continuazione, parimenti dovendo essere rideterminata per detti reati – satellite la
pena alla luce della più favorevole cornice edittale (Sez. U, n. 22471 del 22/02/2015,
Marcon); analoghe rideterminazioni devono essere effettuata in sede esecutiva,
allorché si tratti di pene applicate con sentenze irrevocabili prima della pronunzia
d’illegittimità costituzionale, «attraverso la rínegoziazione dell’accordo tra le parti,
ratificato dal giudice dell’esecuzione che viene interessato attraverso l’incidente di
esecuzione attivato dall’interessato o dal Pubblico ministero», in sintonia con quanto
previsto dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen. (Sez. U, informazione provvisoria n. 6
del 2015).
E tali arresti il Collegio condivide, perché essi assicurano un controllo di effettiva
legalità della pena.
3. Correttamente, dunque, il giudice dell’esecuzione ha rideterminato nel caso in
esame la pena inflitta al condannato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del
1990 in misura che eccedeva i limiti edittali reintrodotti per effetto della declaratoria
d’illegittimità costituzionale.
Mentre l’evocazione ad opera del ricorrente dell’art. 2, comma 4, cod. pen. sconta
l’errore di confondere il fenomeno della successione delle leggi nel tempo, con quello,
affatto differente, della dichiarazione d’illegittimità costituzionale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso il 24 giu

2015

applicata con sentenza di patteggiamento sulla base di normativa dichiarata

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