Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30109 del 23/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30109 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GALLO ANTONIO N. IL 06/04/1981
avverso l’ordinanza n. 6946/2014 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
12/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
e/sentite le conclusioni del PG Dott. \f’ 7
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Data Udienza: 23/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 12/11/2014, il Tribunale del riesame di Napoli rigettava
la richiesta di riesame proposta da Gallo Antonio avverso quella del G.I.P. del
Tribunale di Torre Annunziata di applicazione della misura della custodia
cautelare in carcere per il delitto di tentato omicidio, detenzione e porto illegali di
arma e resistenza a pubblico ufficiale.
Un assistente di polizia fuori dal servizio aveva visto Gallo giungere su una

d’uomo contro un giovane; quando l’assistente era intervenuto, l’uomo aveva
sparato nei confronti dell’altro giovane e poi aveva puntato l’arma contro il
poliziotto che era stato costretto a sparare, non colpendolo. La vittima era stata
identificata in Evacuo Aniello: questi aveva negato di essere stato vittima di un
agguato, ma il poliziotto lo aveva riconosciuto con certezza.
La motocicletta del fratello di Gallo Antonio veniva rinvenuta nel cortile della
sua abitazione, con un foro di ingresso di un proiettile all’altezza del fanalino,
corrispondente al colpo sparato dal poliziotto; era stato sequestrato anche il
giubbotto che Gallo indossava, recante tracce di polvere da sparo. L’Assistente di
polizia aveva affermato che l’indagato assomigliava moltissimo al soggetto che
aveva sparato che, peraltro, non aveva potuto vedere bene in quanto travisato
dal casco.
Il Tribunale riteneva sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per tutti i reati
contestati ed esattamente qualificata la condotta come tentato omicidio, nonché
esistenti le esigenze cautelari di cui all’art. 274 comma 1, lett. c) cod. proc. pen.,
tenuto conto delle modalità della condotta e dei precedenti del Gallo per delitti in
materia di armi e di estorsioni, a dimostrazione della non occasionalità della
condotta. Il Tribunale, infine, riteneva non adeguata la misura degli arresti
domiciliari sia per il pericolo di fuga posto in essere, sia perché, all’interno
dell’appartamento, era stato rinvenuto un locale destinato a nascondiglio.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Gallo Antonio, deducendo violazione
di legge e vizio di motivazione con riferimento alla qualificazione della condotta
come tentato omicidio.
La condotta dovrebbe essere qualificata come minaccia aggravata dall’uso
dell’arma, atteso che il colpo sparato verso la vittima è indicativo di un chiaro
intento intimidatorio: tenuto conto che la vittima era a tre metri di distanza ed
aveva le braccia alzate, lo sparatore avrebbe potuto ucciderlo, se avesse voluto;
né l’intervento del poliziotto aveva disturbato lo sparatore, essendo egli era
intervenuto dopo che il colpo era stato sparato. Del resto, il poliziotto aveva

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motocicletta, estrarre una pistola dalla cintura dei pantaloni e puntarla ad altezza

notato che la persona offesa zoppicava, forse perché colpito di striscio ad una
gamba.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato.

ricorrente deve essere risolta alla luce della fase cautelare in cui interviene la
presente decisione: per la conferma dell’ordinanza impugnata sono, quindi,
sufficienti gravi indizi di colpevolezza del reato contestato e non è necessaria la
prova della responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio.

Il ricorrente basa il ricorso su un’argomentazione di carattere logico: tenuto
conto della posizione in cui si trovavano lo sparatore e la vittima, era impossibile
per il primo mancare il bersaglio, tenuto anche conto che Gallo (che, almeno in
questa fase, non contesta la responsabilità per la condotta) non era stato
disturbato dall’intervento del poliziotto, giunto dopo lo sparo; il ricorrente
aggiunge l’ipotesi che Aniello fosse stato colpito agli arti inferiori, come
dimostrerebbe la circostanza che zoppicava.

L’argomentazione – di per sé – non pare in grado di dimostrare la manifesta
illogicità della motivazione dell’ordinanza che qualifica la condotta come tentato
omicidio; in effetti, il ragionamento del ricorrente esclude a priori l’esistenza di
fattori esterni che possono avere indotto Gallo a non colpire la vittima designata:
ad esempio le sue condizioni psicofisiche, l’errore di mira, la posizione non
stabile in cui poteva trovarsi ecc.

Ma la debolezza dell’argomentazione si apprezza ancora di più alla luce di
tre elementi evidenziati dall’ordinanza impugnata.
In primo luogo, non vi è alcuna prova che effettivamente Evacuo Aniello
fosse stato colpito ad un piede o ad una gamba; al contrario, il dato – oltre ad
essere negato dalla stessa vittima – sembra oggettivamente smentito (cfr.
ordinanza G.I.P. Torre Annunziata, pag. 3).
In secondo luogo, il Tribunale sottolinea che Gallo aveva sparato ad altezza
d’uomo (il poliziotto aveva riferito – come si evince dall’ordinanza del G.I.P. che Gallo “aveva puntato l’arma nei suoi confronti con il braccio teso e ad altezza
d’uomo e ha sparato”), chiaro indice della volontà di uccidere la vittima (non è in

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La questione della qualificazione giuridica della condotta attribuita al

discussione la idoneità della condotta).

Infine, l’intervento di De Fusco non era stato successivo allo sparo, come
sostenuto dal ricorrente che, sul punto, denuncia una inesistente
contraddittorietà dell’ordinanza: in effetti, come ben evidenziato dall’ordinanza
del G.I.P. di Torre Annunziata, De Fusco, sentito a sommarie informazioni, ha
descritto la contestualità del suo intervento rispetto al momento dello sparo
(“nello stesso istante mi sono qualificato e, buttata a terra la fondina, ho puntato

È vero che il testimone, molto correttamente, ha aggiunto di non essere
sicuro di avere disturbato Gallo nel momento in cui sparava, ma è legittima – e
per niente manifestamente illogica – la deduzione del Tribunale che il disturbo vi
sia stato, tanto da poter ipotizzare che fosse stata la causa (o la concausa)
dell’errore di mira.

Non ricorrono, quindi, i vizi denunciati di violazione di legge e manifesta

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illogicità della motivazione dell’ordinanza impugnata.

.i.: O

P.Q.M.
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Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
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processuali.

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Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al

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direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att.

o cod. proc. pen.

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Così deciso il 23 aprile 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

l’arma. Le due azioni sono state quasi simultanee”).

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