Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30104 del 08/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30104 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COPPOLA GENNARO N. IL 14/09/1987
avverso il decreto n. 116/2013 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
06/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. PA Squik
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Uditi difensor Avv.;

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LA.

Data Udienza: 08/04/2015

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Napoli, con decreto emesso il 6.02.2014, ha confermato
il decreto in data 4.10.2012 con cui il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
aveva applicato a Coppola Gennaro la misura di prevenzione personale della
sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune
di residenza per la durata di anni 2 mesi 6, imponendo a garanzia il versamento
di una cauzione di 1.000 euro, condividendo il giudizio di pericolosità sociale del
proposto formulato dal primo giudice sulla base di una molteplicità di elementi.

con unico motivo, mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione in
ordine ai presupposti oggettivi e soggettivi della misura applicata, ex art. 606
comma 1 lett. e) del codice di rito, lamentando l’inadeguatezza delle
argomentazioni del decreto impugnato, consistenti nel mero richiamo di quelle
del provvedimento di primo grado, e la loro inidoneità a dimostrare l’esistenza di
una pericolosità sociale attuale del ricorrente, non ricavabile dai risalenti
precedenti di polizia; lamenta altresì l’omessa valutazione del fatto che il
Coppola era ristretto in custodia cautelare da circa quattro anni.
3. Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte, chiedendo che il
ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’impugnazione è palesemente inammissibile, risolvendosi esclusivamente
nella deduzione di un vizio della motivazione del decreto impugnato che esula
dalle censure proponibili mediante ricorso per cassazione avverso i
provvedimenti in materia di misure di prevenzione.
Nel procedimento di prevenzione, infatti, il ricorso per cassazione è ammesso, ai
sensi dell’art. 10 comma 3 D.Lgs. n. 159 del 2011 (che riproduce il previgente
testo del penultimo comma dell’art. 4 legge n. 1423 del 1956), soltanto per
violazioni di legge, con la conseguenza che i vizi di motivazione del
provvedimento non sono autonomamente deducibili, ma possono esserlo solo
nella misura in cui la censura riguardi non già la pretesa inadeguatezza,
contraddittorietà o illogicità (manifesta) della motivazione, ma ne contesti
l’esistenza o ne lamenti la mera apparenza, sotto il profilo della carenza dei
requisiti minimi di completezza e logicità (Sez. 6 n. 35240 del 27/06/2013, Rv.
256263; Sez. 6 n. 24272 del 15/01/2013, Rv. 256805), così da tradursi nella
mancanza di uno degli elementi essenziali dell’atto prescritti a pena di nullità
dall’art. 125 comma 3 del codice di rito.
2. Nel caso di specie, la motivazione del provvedimento impugnato esiste e ha
puntualmente – e autonomamente – argomentato le ragioni della ritenuta
pericolosità del Coppola con riferimento ai plurimi e reiterati precedenti penali e
1

2. Ricorre per cassazione Coppola Gennaro, a mezzo del difensore, deducendo,

di polizia, costituenti altrettante manifestazioni della personalità aggressiva e
prepotente del soggetto, a partire dall’età minore, relativi a reati contro il
patrimonio (furto e tentata rapina), di favoreggiamento personale e di violenza
contro le forze dell’ordine in occasione di manifestazioni sportive, che hanno
condotto all’emissione del divieto di accesso agii stadi e dell’avviso orale del
Questore di Caserta (nel 2007), e culminati nella recente condanna per il delitto
di tentato omicidio commesso il 28.03.2010 di cui alla sentenza del GUP del
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere confermata in appello e divenuta

pericolosa.
L’allegata sottoposizione del Coppola alla misura coercitiva in corso della
custodia cautelare in carcere (con conseguente sospensione, durante la sua
esecuzione, della misura di prevenzione) comporta soltanto la necessità di
rivalutare, al momento della sua cessazione, la persistenza della pericolosità
sociale del soggetto come condizione di operatività della misura di prevenzione,
da parte del medesimo giudice che l’ha applicata (Corte Cost. sentenza n. 291
del 2013).
3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende
della sanzione pecuniaria che si stima equo quantificare in 1.000 euro.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso l’8 aprile 2015

definitiva l’8.10.2013, attestante che il proposto deve ritenersi tuttora persona

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