Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30102 del 26/03/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 30102 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASTALDO SAVERIO N. IL 19/02/1967
avverso l’ordinanza n. 1709/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 18/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIKj
lette/sentite le conclusioni del PG_Perr
\431/4

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 26/03/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 18/3/2014 il Tribunale di sorveglianza di
Roma rigettava il reclamo proposto da Saverio Castaldo, collaboratore di
giustizia, avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza che in data
5/2/2014 gli aveva concesso giorni 90 di liberazione anticipata in relazione ai
semestri compresi fra il 24/1/2013 ed il 24/1/2014, implicitamente respingendo
la richiesta di maggiore detrazione di pena ai sensi dell’art. 4 d.l. 23.12.2013, n.

2. A ragione, osservava che il Castaldo si trovava in regime di libertà
vigilata, avendo ottenuto il beneficio della liberazione condizionale, e che l’art. 4
cit., al comma 5, prevedeva che la maggior riduzione di pena imputabile alla
liberazione anticipata non si applicava ai condannati ammessi all’affidamento in
prova e alla detenzione domiciliare con riguardo ai periodi trascorsi, anche solo
in parte, in esecuzione di dette misure alternative (nè ai condannati che siano
stati ammessi all’esecuzione della pena presso il domicilio o che si trovino agli
arresti domiciliari ai sensi dell’articolo 656, comma 10, del codice di procedura
penale). La ragione giustificativa di questa esclusione, ad avviso del Tribunale di
sorveglianza, andava rinvenuta nella esigenza legislativa di incidere sul
fenomeno del sovraffollamento delle carceri e, come compensazione alla maggior
afflizione derivante dalle condizioni delle strutture di detenzione al fine di
conformarsi alle decisioni della Corte Europea (si cita la sentenza resa nel caso
Torreggiani). La diversità di situazione in cui si trovava il condannato detenuto in
carcere rispetto a colui che scontava la pena in una situazione di libertà pur
soggetta a vincoli, rendeva sensata, e non in contrasto con le norme
costituzionali, la scelta di escluderli dal maggior beneficio in questione (motivo
per cui venivano dichiarate manifestamente infondate e comunque non rilevanti
le questioni di legittimità costituzionale prospettate dalla difesa del ricorrente, in
relazione agli artt. 3 e 27 Cost.).

3. Risultavano, quindi, inconferenti le argomentazioni facenti leva su una
maggior meritevolezza a fruire del beneficio aggiuntivo da parte di coloro che
avevano ottenuto la liberazione condizionale, avendo rilievo esclusivamente la
partecipazione all’opera di rieducazione svolta nello stato di detenzione in
carcere.

4. Rilevava infine che comunque il reclamante stava scontando la pena
inflittagli per i delitti di associazione finalizzata al traffico di sostanze
stupefacenti, di associazione di stampo mafioso, di omicidio tentato e consumato
1

146.

con l’aggravante di cui all’art. 7 del Decreto-Legge n. 152 del 1991, e per altri
reati compresi nell’art. 4 bis O. P., di talché, in forza della previsione introdotta
in sede di conversione del Decreto-Legge n. 146, era escluso che i condannati
per tali reati potessero fruire del maggior beneficio in questione. Ai sensi dell’art.
77, comma 3, della Costituzione era irrilevante che l’istanza dell’interessato fosse
stata proposta nella vigenza del Decreto-Legge 146 richiesta [in base al comma
4 dell’art. 4 del citato decreto n. 146 del 2013, vigente all’epoca nel testo

5. Ha proposto ricorso Castaldo a mezzo del difensore, avvocato Sante
Foresta, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato.
5.1. Con un unico articolato motivo, qui sinteticamente riassunto in
conformità a quanto previsto dall’art. 173 disp. att. del codice di rito, lamenta
violazione o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 4 D.L.
n. 146 del 2013 (anche nel testo convertito), 176 c.p., 47 e 54 ord. pen. e 16
nonies L. n. 82/91 e, in ogni caso, per violazione degli artt. 3 e 27 Cost. in
riferimento alle norme sopra richiamate.
5.2. Ad avviso del ricorrente, l’interpretazione adottata dal Tribunale di
sorveglianza intesa ad escludere dall’applicazione della normativa di favore i
condannati non ristretti in istituto appariva irragionevole, dal momento che
venivano ad essere esclusi coloro che, come Castaldo, ne erano più meritevoli, in
forza del “doppio ravvedimento” manifestato. Nella legge non vi era nessun
riferimento alla sentenza Torreggiani ed anzi l’interpretazione addotta
contrastava con il fatto che la legge non si applicava ai condannati per i reati di
cui all’art. 4, bis 0.P., che erano sottoposti a regimi penitenziari ancor più
restrittivi e disagevoli. Sostiene ancora che doveva essere valorizzata la
pregressa applicazione dell’art. 16 nonies L. n. 82/91 e che erroneamente era
stato invocato l’art. 77 Cost. dal momento che la natura sostanziale delle norme
di diritto penitenziario rendeva legittimo il principio secondo cui coloro i quali
abbiano avanzato domanda al momento della legge di conversione avevano già
maturato il diritto al riconoscimento del beneficio in parola. In ogni caso, poiché
la pena residua contemplava reati non riconnpresi nella norma ostativa, il giudice
avrebbe dovuto operare lo scioglimento del “cumulo”.
5.3. Il ricorrente contesta ancora l’interpretazione formalistica data dal
giudicante alla norma senza aver considerato l’evoluzione del diritto e la
possibilità di una lettura costituzionalmente orientata della stessa ed evoca i
recenti approdi legislativi in materia, tra cui la possibilità di accesso alla
liberazione anticipata agli affidati in prova al servizio sociale, da cui è derivato il

2

antecedente le modifiche recate dalla legge di conversione del 21.2.2014, n. 10].

riconoscimento giurisprudenziale della compatibilità della liberazione anticipata
con la liberazione condizionale.
5.4. Argomenta ancora che essendo la liberazione anticipata uno strumento
penitenziario alternativo alla detenzione, che postula la partecipazione all’opera
di rieducazione, “la discriminazione operata dal legislatore non trovava alcuna
ragionevole giustificazione ponendosi, anzi in contrasto assoluto con lo spirito
della norma premiale”.
5.5. Indica gli aspetti paradossali e l’irragionevole discriminazione che

elevatissimo grado di ravvedimento, della riduzione di pena per la liberazione
anticipata speciale concessa invece in riferimento ad altri benefici penitenziari (a
chi si trovi in semilibertà o fruisca di permessi premio).
5.5. Ripropone l’eccezione di incostituzionalità in relazione al diverso
trattamento tra detenuti in carcere e detenuti nel domicilio, entrambi
materialmente ristretti tra le mura in relazione alla posizione del detenuto in
permesso in semi libertà. Richiama le sentenze costituzionali emesse in materia
e l’indirizzo legislativo che ha previsto misure alternative e premiali aventi come
minimo comune denominatore la perdurante esecuzione della pena. Il ricorrente
era stato ammesso alla liberazione condizionale e quindi doveva intendersi
superata ogni preclusione posta dall’art. 4 bis O.P. Non si ravvisava nessuna
ragione per cui la liberazione anticipata speciale non dovesse essere concessa
anche al ricorrente che, trovandosi nello stato di liberazione condizionale, era
soggetto a significative e pregnanti prescrizione restrittive, di varia natura e
portata, rimanendo comunque vincolato fortemente nella libertà personale.

6.

Il Procuratore generale presso questa Corte nella sua articolata

requisitoria ha chiesto il rigetto del ricorso.

7. In data 20/11/2014 il difensore ha depositato memoria difensiva con cui
ha replicato alle argomentazioni del Procuratore generale. Richiamati i profili
afferenti la liberazione anticipata con il riconoscimento di uno sconto di pena in
favore di coloro che avevano dato prova di partecipare all’opera di rieducazione,
ribadisce l’irragionevolezza e la contrarietà alla Costituzione dell’esclusione
prevista in sede di conversione, che ha finito per punire proprio coloro che si
erano contraddistinti per aver conseguito progressi significativi nel corso
dell’esecuzione, dimostrando sicuro ravvedimento.
7.1. Un secondo profilo di “illegittimità manifesta e di conclamata
incostituzionalità” viene dalla difesa del ricorrente indicata nella esclusione dal
beneficio in questione di colui che è stato ammesso alla liberazione condizionale,
3

derivano dal mancato riconoscimento al ricorrente, che aveva dimostrato un

in deroga alle preclusioni di cui all’art. 4 bis 0.P., in applicazione dell’art. 16
nonies L. n. 82 del 1991: ove non si ritenesse che l’applicazione di questa ultima
norma comporta indirettamente il superamento delle preclusioni poste dall’art. 4
bis 0.P., il ricorrente chiede che la questione sia rimessa alla Corte
Costituzionale per violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione. Richiama tutte
le decisioni che hanno ritenuto l’incostituzionalità delle preclusioni assolute e
rileva come, pur scontando un reato ostativo, egli era stato ammesso a fruire un
beneficio più ampio di quello oggi negatogli.

sorveglianza, rilevando come successivamente vi sia stato un nuovo intervento
normativo (d.p.r. n. 92 del 2014) con cui è stato previsto un indennizzo
economico.
7.3. Il fatto che la legge 146 cit. non prevedesse la liberazione condizionale
tra i benefici alternativi preclusivi comportava il divieto per il giudice di
interpretare le norme in danno del reo o del condannato.
7.4. Ripropone la tesi della natura sostanziale della liberazione anticipata e
quindi della applicabilità della norma vigente al tempo della proposizione della
domanda da parte di Castaldo, in una visione dinamica del diritto, superando
l’ignavia legislativa che, non disponendo della maggioranza qualificata per
applicare un indulto, ha finito per piegare l’Istituto della liberazione anticipata
alle esigenze di politica mediatica.

8. In data 27/11/2014 il predetto difensore ha depositato una ulteriore
memoria difensiva in cui, prendendo spunto dalla sentenza 42.858 del 2014 delle
Sezioni Unite Penali, propone una tesi “futurista” volta a riconoscere anche al
giudice della sorveglianza la facoltà di travolgere il giudicato rideterminando la
pena inflittagli, bilanciando il valore dell’intangibilità del giudicato con il diritto
fondamentale e inviolabile della libertà personale, cui va data prevalenza. In
sintesi, pare di capire, che avendo il giudice della sorveglianza gli stessi poteri
del giudice dell’esecuzione per il principio del favor rei può derogare ai principi
generali e applicare il beneficio della liberazione anticipata stanti i suoi effetti
sostanziali e “l’impossibilità di considerare diversamente fattispecie giuridiche
che presentano tra loro marcati profili di identità e/o analogia strutturale”. Infine
richiama la sentenza della Corte Costituzionale n. 239 del 2014, ritenuta
significativa ai fini che qui interessano.

9. In data 12 dicembre 2014 e 24 febbraio 2015 il difensore ha prodotto
ulteriori memorie difensive ribadendo la natura processuale della norma e le
differenzioni che l’interpretazione adottata dal Tribunale comporterebbe per i
4

7.2. Contesta il fine risarcitorio della legge, sostenuto dal Tribunale di

detenuti che hanno già raggiunto un suffciente grado di resipiscenza e di
rieducazione; segnalando ancora il diverso e reiterato orientamento della Procura
generale espresso in casi analoghi a quello per cui si procede. Si sostiene che il
disposto normativo non può essere interpretato in danno del condannato. Si
ribadisce che tra i reati per cui il condannato sta scontando la pena vi sono
anche reati non ostativi che consentono lo scioglimento del cumulo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

fondato e deve essere respinto. Il Tribunale di sorveglianza ha affrontato e
risolto la questione sottopostagli sia in relazione alla particolare situazione in cui
si trovava il condannato, sottoposto alla misura della libertà vigilata avendo
ottenuto la liberazione condizionale, sia per l’inapplicabilità della normativa ai
condannati per reati rientranti nel catalogo dell’articolo 4-bis della legge 26 luglio
1975, n. 354.
2. Tutti i temi sollevati dal ricorrente sono stati affrontati e risolti da questa
Corte nelle sentenze Sez. 1, n. 34073 del 2014, Panno; Sez. 1, n. 53781 del
2014, Ciriello; Sez. 1, n. 1650 del 2015, Giuliano, di seguito richiamate.
2.1. La legge di conversione del D.L. 146/2013 prescrive: “5. Le disposizioni
di cui ai commi precedenti non si applicano ai condannati ammessi
all’affidamento in prova e alla detenzione domiciliare, relativamente ai periodi
trascorsi, in tutto o in parte, in esecuzione di tali misure alternative, né ai
condannati che siano stati ammessi all’esecuzione della pena presso il domicilio o
che si trovino agli arresti dorniciliari ai sensi dell’articolo 656, comma 10, del
codice di procedura penale.»
2.2. E’ dunque testuale la previsione di esclusione dalla fruizione della
liberazione anticipata speciale dei condannati per i periodi di espiazione avvenuti
al di fuori delle strutture carcerarie grazie all’accesso alle misure alternative
indicate o comunque alla misura domiciliare esecutiva, prevista dati’ art. 656
cod. proc. pen., comma 10.
2.3. E’ quindi corretta l’interpretazione del Tribunale di Sorveglianza, che
ritiene che il detenuto sottoposto a libertà vigilata non rientra nell’ambito
applicativo della norma che ha introdotto la disciplina di favore.
2.4. Ogni dubbio sul punto è fugato dalla ratio legis. Il preambolo del D.L. n.
146/2013 indica l’obiettivo di “ridurre con effetti immediati il sovraffollamento
carcerario” quale primaria esigenza dai caratteri di straordinaria necessità ed
urgenza, cui si è inteso far fronte attraverso “misure straordinarie e temporanee”
in tema di liberazione anticipata; nella Relazione al disegno di legge di
conversione del decreto, si evidenzia che “la modifica [rispetto alla previsione
5

1. Osserva il Collegio che il ricorso non può ritenersi per alcun aspetto

originaria del Decreto Legge] si atteggia a rimedio compensativo, secondo le
indicazioni della Corte europea di Strasburgo della violazione dei diritti dei
detenuti in conseguenza della situazione di sovraffollamento carcerario e, più in
generale, del trattamento inumano e degradante che, per carenze strutturali,
possono essersi trovati a subire. Si tratta, pertanto, di una misura, la cui
adozione è indispensabile ai fini dell’adeguamento alle indicazioni della già
menzionata sentenza Torreggiani c/Italia della Corte europea. Ed è questa la
ragione che ha indotto ad individuare il termine di efficacia nel 1° gennaio 2010,

senso si esprime la Relazione Tecnica n. 34/2014 del Servizio del Bilancio del
Senato preposto alla verifica degli effetti finanziari dei testi di legge. Conferma
testuale delle finalità deflattive e compensative a vantaggio dei soli condannati
ristretti in carcere si trae dalle disposizioni che limitano la vigenza temporale
della liberazione anticipata speciale: sotto il primo profilo, viene in rilievo la
decorrenza iniziale dal 1° gennaio 2010, ossia dal momento in cui interviene la
prima condanna dell’Italia da parte della Corte EDU per le condizioni detentive,
considerate disumane e degradanti in contrasto con i principi sanciti dalla
Convenzione e del fenomeno le autorità nazionali prendono atto quale stato di
emergenza, apprestando i primi concreti rimedi, nonché la fissazione alla data
del 23 dicembre 2015 quale momento finale, in cui si è presunto di conseguire il
superamento dell’emergenza col ripristino di una situazione di generale vivibilità
negli istituti penitenziari, compatibile con i diritti fondamentali dei detenuti. Né
argomento in contrasto, come ritiene il ricorrente, è rinvenibile nell’emanazione
del d.p.r. 92/2014, trattandosi di intervento che persegue un fine riparatorio e si
affianca al D.L. 146.
2.3. Correttamente ancora il Procuratore generale ricorda che, dopo aver
esteso in via di interpretazione la liberazione anticipata “ordinaria” alla
liberazione condizionale per una sostanziale analogia tra questo istituto e la
detenzione domiciliare, sarebbe irragionevole, anche sul piano della
costituzionalità delle norme, riconoscere il beneficio dell’ulteriore riduzione di
pena alla detta liberazione condizionale, normativamente precluso all’affidato.

3. Manifestamente infondata è l’eccezione di illegittimità costituzionale
articolata in relazione alla disparità di trattamento tra detenuti in carcere e non
ristretti. Si è osservato in proposito che “La disciplina normativa di cui si verte
rappresenta, per espressa previsione del legislatore, una disciplina “speciale” che
estende, salvo alcune eccezioni, i vantaggi conseguenti ad un beneficio
penitenziario già previsto e applicabile indistintamente a tutti i condannati. Non
si è, quindi, in presenza di una disposizione che vieta l’accesso del beneficio alla
6

data in cui si è determinata la situazione di emergenza detentiva”; nello stesso

persona condannata per taluno dei delitti elencata nella L. n. 354 del 1975, art.
4 bis, ma piuttosto di una norma che amplia, in presenza di certe condizioni, gli
effetti di favore, escludendo da essi i condannati per determinate tipologie di
reato, come quelle indicate dal suddetto art. 4 bis. Rispetto ad una disposizione
speciale di favore, può porsi un problema di irragionevole diversità di
trattamento solo qualora sia riservato un trattamento irragionevolmente diverso
e deteriore rispetto a situazioni del tutto omologhe”.
3.1. Nel caso di specie il provvedimento impugnato ha correttamente

del Rilevato) che denotano profili di pericolosità sociale così peculiari che nessun
termine di paragone con i delitti non compresi nell’elencazione contenuta nella L.
n. 354 del 1975, art. 4 bis e successive modifiche è utilmente esperibile. La
particolare presunzione di pericolosità che accede alla condanna per il delitto di
associazione per delinquere di stampo mafioso, già reiteratamente ritenuta
giustificata nella giurisprudenza costituzionale (ed europea) in considerazione
delle affatto peculiari connotazioni del delitto, «di pericolo a carattere
permanente, che implica un vincolo “di appartenenza totalizzante” ad un
sodalizio caratterizzato da una particolare forza intimidatrice e da un elevato
grado di “diffusività” nel contesto ambientale, tali da porre a rischio, per comune
sentire, primari beni individuali e collettivi» (così tra molte C. cost. n. 146 del
2011), consente d’altro canto di escludere che l’eccezione prevista dalla
disposizione speciale di favore possa essere ritenuta intrinsecamente
irragionevole e di per sé in contrasto con l’art. 27 Cost.
3.2. Non paragonabile é poi la situazione di chi si trova semilibero, che
trascorre parte del giorno fuori dall’istituto e può usufruire della liberazione
anticipate speciale, rispetto a chi si trovi in libertà vigilata che, pur soggetto a
vincoli, é fuori dal circuito carcerario. Radicalmente diversa é la situazione di chi,
essendo in corso la detenzione, fruisce di semplici permessi premio.

4. Il Tribunale di sorveglianza, ancorché non tenutovi in relazione alle
precedenti ed assorbenti considerazioni, ha anche vagliato le ulteriori eccezioni
sollevate dal ricorrente sulla legittimità della esclusione dei condannati per reato
ostativi introdotta dalla legge di conversione e ne ha ravvisato l’infondatezza
richiamando la disciplina dettata dall’art. 77 co. 3 della Costituzione. Questa
Corte nelle decisioni richiamate ha evidenziato “che l’art. 77 Cost., comma 3 e
u.c., mentre collega la mancata conversione in legge di un decreto legge ad una
vicenda di “ultrattività sincronica fra situazioni normative, in nessun caso
considera la norma dettata con decreto legge non convertito come norma in
vigore in un tratto tempo quale quello considerato; ed anzi, se interpretata sia in
7

evidenziato che il condannato stava espiando delitti gravi (v. precedente punto 4

riferimento al suo specifico precetto (privazione per il decreto legge non
convertito di ogni effetto sin dall’inizio) sia in riferimento al sistema in cui esso si
colloca (inspirato – come appare anche dagli altri due commi dell’art. 77 Cost. – a
maggior rigore nella riserva al Parlamento della potestà legislativa) vieta di
considerarla tale”. Dunque, “indipendentemente da quello che possa ritenersi in
proposito della norma dettata con decreto legge non ancora convertibile, la
norma contenuta in un decreto legge non convertito non ha (…) attitudine, alla
stregua dell’art. 77 Cost., comma 3 e u.c. ad inserirsi in un fenomeno

ovverosia in un fenomeno successorio concernente norme penali sostanziali per
le quali vale il principio di irretroattività delle disposizioni di sfavore
limitatamente alla sancita applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 2 c.p.,
commi 2 e 3 al caso del decreto legge non convertito, e, quindi, alla sancita
operatività della norma penale sfavorevole, se in essa contenuta, relativamente
ai fatti pregressi. Di conseguenza, la disposizione contenuta nel D.L. n. 146 del
2013, art. 4, comma 4, (che consentiva, a determinate condizioni, l’applicabilità
del beneficio della liberazione anticipata speciale anche ai condannati per taluno
dei delitti elencati nella L. n. 354 del 1975, art. 4 bis e successive modifiche),
non recepita dalla L. n. 10 del 2014, non è suscettibile di avere vigore ultrattivo
per i comportamenti pregressi.”.
5. Quanto alla natura della norma in questione, le Sezioni Unite di questa
Corte, con decisioni condivise dal Collegio, hanno stabilito che le disposizioni
concernenti l’esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla
detenzione, non riguardando l’accertamento del reato e l’irrogazione della pena,
ma soltanto le modalità esecutive della stessa, non hanno carattere di norme
penali sostanziali e pertanto (in assenza di una specifica disciplina transitoria)
soggiacciono al principio tempus regit actum, e non alle regole dettate in materia
di successione di norme penali nel tempo dall’art. 2 c.p., e dall’art. 25 della
Costituzione (Sez. U., n. 24561 del 30 maggio 2006; Sez. U, n. 20 del 13 luglio
1998). Principi analoghi sono stati affermati dalla Corte Costituzionale (ord. n. 10
del 1981; sent. n. 376 del 1997) e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo
(sentenza Grande Camera del 21 ottobre 2013, Del Rio Prada c/Spagna;
decisione della Commissione del 15 gennaio 1997 nel caso L.C.R. c/ Svezia;
Monne c/ Francia dell’i aprile 2008; Giza c/Polonia del 23 ottobre 2012).

6. Inoltre, non risulta pertinente nemmeno il richiamo alla decisione nr.
239 del 2014, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato
l’incostituzionalità dell’art. 4-bis ord. pen. nella parte in cui non esclude dal
divieto di accesso ai benefici penitenziari dallo stesso stabilito la detenzione
8

successorio, quale quello descritto e regolato dall’art. 2 c.p., commi 2 e 3″,

domiciliare speciale prevista dall’art. 47-quinquies ord. pen. e quella
ordinaria ex art. 47-ter,. comma 1 lett. a) e b) ord. pen. nei riguardi di
detenute madri di prole in tenera età: la declaratoria è frutto della
considerazione della peculiare natura degli istituti scrutinati, volti sì alla
risocializzazione del condannato, ma soprattutto a tutelare un “soggetto
debole”, ossia il figlio minore e quindi a garantirgli la possibilità di crescita
con le cure e l’affetto della madre in ambiente extramurario, più confacente
alle sue esigenze di vita; trattasi di esigenze, considerate primarie ed

ravvisabili nel caso del Castaldo.

7. Quanto alla tesi “futurista” tesa all’ampliamento dei poteri del
giudice di

sorveglianza

riflessa su

quelli

riconosciuti

al

giudice

dell’esecuzione, lo spunto, che riecheggia teoriche che spostano in una fase
diversa da quella di cognizione la determinazione della pena da scontare, si
infrange sulla realtà normativa che disegna il ruolo di detto giudice abilitato
ad intervenire “nelle materie di sua competenza” sul presupposto di un
giudicato già formato, su cui non può incidere.

8.

Il motivo ribadito anche con la memoria 24 febbraio 2015,

inammissibilmente peraltro formulato in termini del tutto generici, con cui si
chiede lo scioglimento del cumulo per i reati non ostativi non può essere
esaminato perché non oggetto del reclamo davanti al Tribunale di
sorveglianza.

Per le considerazioni svolte, il ricorso va respinto con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma il giorno 26 marzo 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

insopprimibili, che per la peculiare “ratio” della tutela accordata, non sono

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA