Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30094 del 25/03/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30094 Anno 2015
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RIZZO SERGIO N. IL 26/09/1959
avverso la sentenza n. 1/2013 CORTE ASSISE APPELLO di LECCE,
del 18/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.
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Data Udienza: 25/03/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con sentenza del G.U.P. del Tribunale di Lecce emessa in data 10.01.2013,
Sergio Rizzo è stato ritenuto colpevole del reato di cui agli artt. a) 575 – 577 n. 4
cod. pen. in relazione all’art. 61 n.1 cod. pen. (commesso in Gallipoli il 10.08.11 in
danno di El Farissi Abdellatif); b) 81 cpv. cod. pen. 2, 4, 7 L. n. 895/67, 3 L. n.
110/75, 61 n. 2 cod. pen. e 648 cod. pen. (in relazione al porto e alla detenzione
dell’arma utilizzata per commettere l’omicidio, risultata provento di reato) e, riunite
le condotte in continuazione, con la diminuente del rito abbreviato, condannato alla

custodia cautelare. Seguivano le sanzioni accessorie dell’interdizione perpetua dai
pubblici uffici e dell’interdizione legale per l’intera durata della pena, l’applicazione
della misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 3 e il risarcimento dei danni in
favore delle parti civili costituite, cui veniva assegnata una provvisionale.
2. Secondo la ricostruzione operata dai giudici di merito, Rizzo Sergio, dopo
aver concordato con la vittima El Farissi Abdellatif un incontro in un luogo isolato, si era
recato all’appuntamento armato con un fucile a canne mozze carico e con ulteriore
munizionamento, ed aveva cagionato la morte dello stesso El Farissi, esplodendo al suo
indirizzo, ad una distanza stimata tra 4 e 5 metri, due colpi di fucile, con direzione frontale
dall’alto verso il basso e leggermente da destra a sinistra, che attingevano la vittima alla
gamba destra e all’addome, determinando la sub-amputazione dell’arto e la perforazione
della parete addominale e dell’intestino, con conseguente shock emorragico da cui derivava
la morte. L’imputato aveva agito per motivi abietti o futili, concernenti contrasti in ambito
commerciale per l’assegnazione degli spazi all’interno del mercato di Gallipoli.
Si appurava che quella stessa mattina vi era stata un’accesa discussione fra due
commercianti ambulanti, il predetto Rizzo e il marocchino El Milloudi Nainne, con riguardo
alle postazioni loro assegnate nell’area di mercato, che aveva determinato
l’intromissione di El Farissi, nipote di quest’ultimo, a difesa dello zio con scambi di
minacce reciproche.
Rizzo, aveva ammesso di essere l’autore del delitto e aveva indicato il luogo
di occultamento dell’arma, che veniva sequestrata e che risultava provento di
furto commesso il 13 maggio 2001, in Monteroni, in danno di Perrone Albino. Veniva
sequestrato anche munizionamento che risultava compatibile con i reperti rinvenuti sul
luogo del delitto. In particolare, una delle cartucce cal. 12 esplose contro la vittima aveva
evidenziato due segni sulla capsula d’innesco prodotti da un’anomalia del percussore del
fucile, drcostanza che attestava che lo sparo proveniva da quell’arma e che l’omicida aveva
inserito la cartuccia una prima volta nella canna inferiore e poi nella canna superiore. Le
prove balistiche consentivano di accertare che i colpi erano stati esplosi in posizione
pressoché frontale, con direzione obliqua da destra a sinistra e discreta inclinazione
dall’alto in basso, quando fra aggressore e vittima intercorreva uno spazio di circa 4 metri.
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pena di anni 30 di reclusione nonché al pagamento delle spese processuali e di

Ad awiso del primo giudice, il primo colpo era stato sparato alla gamba ed il secondo
all’addome per eliminare colui che avrebbe potuto fare il suo nome agli inquirenti.
3. Avverso la sentenza di primo grado aveva presentato appello l’imputato
contestando la qualificazione giuridica del fatto, sul rilievo che il secondo colpo sarebbe
stato esploso per colpa per effetto del rinculo dell’arma. Aveva chiesto l’esclusione della
circostanza aggravante dei motivi futili ed il riconoscimento delle attenuanti generiche. La
corte di assise di appello di Lecce respingeva tutte le istanze, ad eccezione di quella sulle
attenuanti generiche. Ad escludere l’ipotesi di un maldestro utilizzo del fucile da parte

testimoniato dalla doppia traccia dell’azione del percussore sulla capsula d’innesco. Ciò
stava a significare che l’imputato aveva già sparato una prima volta e avesse tentato di
sparare una seconda volta, non riuscendovi per difetto del percussore della seconda canna.
Da qui la necessità di estrarre la cartuccia, porla nella canna funzionante ed esplodere
anche il secondo colpo. Il reato era stato quindi commesso con dolo diretto, che induceva
ad individuare la pena del delitto nel massimo edittale, non potendosi paventare una sorta
di provocazione da parte dell’ucciso, in quanto l’accettazione di una sfida impediva il
riconoscimento di detta attenuante. La corte distrettuale riteneva sussistente l’aggravante
della futilità dei motivi posto che il fatto criminoso in questione aveva avuto sullo sfondo il
problema dell’area mercatale, rispetto al quale il Rizzo rivestiva la posizione di colui che
aveva usurpato lo spazio assegnato a Naime El Milloudi. I motivi della sfida tra i due,
culminata nel fatto di sangue, dovevano rinvenirsi nel desiderio del Rizzo di riaffermare la
propria supremazia anche contro il giovane marocchino, in modo da poter imporre
definitivamente la propria protervia, quella cioè che gli aveva permesso di occupare, in
maniera arrogante, l’area mercatale assegnata a El Milloudi.
In relazione al comportamento processuale dell’imputato, la corte di secondo grado gli
riconosceva le attenuanti generiche, dichiarate equivalenti all’aggravante, riducendo la pena
ad anni 18 di reclusione, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione Rizzo Sergio, a mezzo del
difensore di fiducia, articolando tre motivi.
4.1. Con il primo deduce mancanza e manifesta illogicita’ della motivazione – sub
specie travisamento della prova (art. 606 lett. e) c.p.p.). In particolare, il ricorrente contesta
l’affermazione contenuta nella sentenza di secondo grado secondo cui i segni rinvenuti su
una delle cartucce esplose contro la vittima erano indicativi del fatto che l’assassino avesse
inserito quella cartuccia una prima volta nella canna inferiore e poi nella canna superiore.
Invece, nella “Relazione di Consulenza Balistica”, il “reperto 3”, cioè la cartuccia che
presentava sulla capsula d’innesco un doppio segno, era indicata come una cartuccia
integra, cioè non esplosa. Era evidente che non si trattava di una delle due cartucce esplose
contro la vittima e non era necessariamente ricollegabile all’episodio criminoso per cui è
processo, potendo risalire ad altre occasioni in cui l’utilizzatore di un fucile avesse esploso un
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dell’imputato la Corte sottolineava la circostanza del doppio sparo della seconda cartuccia,

solo colpo e fosse presente nell’altra canna la cartuccia (reperto 3). La stessa cartuccia era
stata rinvenuta al di fuori di quello che sembrava essere stato lo spazio in cui si era
consumata l’azione delittuosa. Questi elementi supportavano la tesi dell’imputato secondo
cui egli aveva esploso un colpo verso il basso ed il rinculo del fucile aveva determinato
l’esplosione del secondo colpo che era in canna (di cui non era stato rinvenuto il bossolo
esploso), ferendo mortalmente la vittima.
Pertanto, i Giudici di merito avrebbero dovuto derubricare il reato in quello di omicidio
colposo, soprattutto in ragione del maldestro utilizzo dell’arma da fuoco.

della legge penale ex art. 606 comma 1 lett. b) c.p.p. in relazione alla sussistenza
dell’aggravante dei futili motivi di cui all’art. 61 n. 1 c.p. — manifesta illogicita’ della
motivazione ex art. 606 comma 1 lett. e). Richiamando la sentenza di questa sezione n.
31454 del 29.03.2012, ad avviso del ricorrente i Giudici di merito avevano minimizzato la
causa del litigio, originata da una lunga contesa tra El Milloudi e il Rizzo; quando la
questione stava per trovare una soluzione bonaria era intervenuto El Farissi, il quale aveva
sfidato l’imputato, aggredendolo, anche con insulti e provocazioni. Tenuto conto
dell’importanza dell’area marcatale e che El Farissi, non era direttamente interessato al
problema, Rizzo, suo malgrado, non aveva resistito alle provocazioni e aveva pensato di
risolvere la questione dimostrando alla vittima di non temerlo. L’incontro aveva avuto un
esito infausto per una errata valutazione fatta dallo stesso Rizzo nei riguardi di El Farissi,
soprattutto in ordine al presunto possesso da parte di quest’ultimo di un’arma. I giudici di
merito avrebbero dovuto valutare la situazione che si era creata ed escludere l’aggravante
dei futili motivi.
4.3. Infine, viene dedotta inosservanza o errata applicazione della legge penale ex
art. 606 comma i lett. b) c.p.p. in relazione all’art. 62 bis c.p. La pena irrogata era
particolarmente eccessiva e sproporzionata. In particolare la Corte di Assise di Appello
aveva dato risalto solo ad alcuni aspetti positivi della vicenda ed avrebbe potuto ritenere
quantomeno prevalenti il riconoscimento delle attenuanti generiche rispetto all’aggravante
di cui all’art. 61 n. 1 c.p., considerando che la stessa vittima aveva in qualche modo
contribuito all’azione criminosa.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo di motivo di ricorso è infondato. Il primo giudice aveva attribuito al
rinvenimento della cartuccia inesplosa un preciso significato. La vittima era stata attinta da
due colpi e in sede autoptica dal corpo erano state estratte due borre. Sul luogo del delitto
erano stati rinvenute tre cartucce, due esplose ed una inesplosa. Quest’ultima presentava
due segni sulla capsula d’innesco prodotti da un’anomalia del percussore, e questo
dimostrava che l’assassino avesse inserito quella cartuccia due volte, prima nella canna
inferiore e poi in quella superiore. Il giudice di appello ha frainteso questa dinamica ed ha
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4.2. Con il secondo motivo il difensore deduce inosservanza o errata applicazione

ritenuto che quella cartuccia fosse stata esplosa. Pur inficiata da questo errore
motivazionale, la conclusione che se ne è tratta è stata corretta in quanto il doppio segno
del percussore e la condotta da cui derivava faceva logicamente escludere ogni possibilità di
errore ed evidenziava la coscienza e volontà del fatto. L’aver l’imputato estratto la cartuccia
dalla prima canna del fucile per riporla nella seconda canna e poi nuovamente sostituirla è
stato elemento ritenuto significativo per inferire che il delitto era stato eseguito con piena
coscienza e l’esito letale perseguito e voluto da chi imbracciava il fucile. La circostanza che il
reperto fosse stato trovato sul luogo dell’omicidio e fosse perfettamente sovrapponibile alle

esclude ogni possibilità di lettura alternativa. È noto che in tema di sindacato del vizio della
motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria
valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di
prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro
disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e
convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole
della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la sc e lta di
determinate conclusioni a preferenza di altre. Tenendo conto dei suddetti principi la
valutazione della condotta in termini di omicidio volontario è stata aderente ai dati
acquisiti e suona assolutamente corretta sotto il profilo giuridico, non prestandosi
alle censure elevate
2. Il secondo motivo è fondato. Nel capo di imputazione era stato contestato
indistintamente a Rizzo di aver agito “per motivi abietti o futili, concernenti contrasti in
ambito commerciale per l’assegnazione degli spazi all’interno del mercato di Gallipoli”.
Secondo i principi costantemente affermati da questa Corte, la circostanza aggravante dei
futili motivi sussiste allorché la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo
esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire,
secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l’azione
criminosa, e da potersi considerare, più che una causa determinante dell’evento, un mero
pretesto per lo sfogo di un impulso violento (Sez. 1, n. 29337 dell’08/05/2009, Albanese,
Rv. 244645; Sez. 1, n. 39261 del 13/10/2010, Mele, Rv. 248832; Sez. 1, n. 59
dell’01/10/2013 (02/01/2014), Pemia, Rv. 258598). Per motivo abietto invece si intende
quello turpe, ignobile, che rivela nell’agente un grado tale di perversità da destare un
profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità, nonché quello che secondo
il comune sentire è espressione di un sentimento spregevole o vile, che provoca ripulsione
ed è ingiustificabile per l’abnormità di fronte al sentimento umano. Anche se accomunate
nella formulazione dell’art. 61 n.1 cod. pan., le due aggravanti sono concettualmente
diverse, soggettiva la prima, oggettiva l’altra, ed ancorate a dati fattuali diversi, richiedenti
idonea specificazione. La indeterminatezza del capo di imputazione si è riflessa nelle
motivazioni delle sentenze di merito che sul punto presentano una insormontabile aporia.
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munizioni sequestrate al Rizzo per produzione, tipologia, modalità costruttive e calibro

Mentre il giudice di primo grado aveva radicato l’aggravante dei futili motivi su un dato
oggettivo “per l’enorme sproporzione fra il movente e l’azione delittuosa”, la Corte di assise
di appello per rispondere al motivo che contestava la sussistenza dell’aggravante, anziché
approfondire le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata ha sviluppato un
diverso concetto di futilità, di natura soggettiva, facente leva sulla riaffermazione di
supremazia finalizzata ad imporre la propria protervia in merito all’occupazione dell’area
mercatale. Tuttavia, l’aver spostato l’accento sugli interessi di natura economica in gioco,
certamente non banali, non consente più di qualificare futile la spinta al delitto, ma

supremazia-, che però come tale doveva essere esplicitamente affrontata e risolta.
Tali essendo i parametri di riferimento da utilizzare per la valutazione della ricorrenza
dell’aggravante, si impone l’annullamento della sentenza sul punto per i necessari
approfondimenti.
3. Il motivo relativo alle attenuanti generiche è assorbito. Solo dopo che saranno sciolti
i dubbi sulla connotazione dell’aggravante dovrà essere affrontato l’aspetto delle circostanze
attenuanti generiche e la loro influenza sulla pena, come previsto dall’art. 62 bis cod. pen.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza aggravante dei futili
motivi e rinvia per nuovo giudizio al riguardo ad altra sezione della Corte di assise di appello
di Lecce. Rigetta nel resto il ricorso. Condanna il ricorrente a rifondere le spese sostenute in
questo giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi C 5.000, oltre accessori come per
legge, da distrarsi in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

introduce surrettiziamente la tematica del motivo abietto -volontà di affermare la propria

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