Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30043 del 15/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30043 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUCCINI RAFFAELE N. IL 24/05/1994
avverso l’ordinanza n. 7582/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
21/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere DottUGO DE CRESCIXNZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Udit i difensor Avv.;

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Data Udienza: 15/04/2014

BUCC1NI Raffaele ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza 24.5.2013
con la quale il Tribunale del riesame ha confermato nei suoi confronti
l’applicazione della misura della custodia cautelare degli arresti domiciliari.
Il ricorrente chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, deducendo:
§1.) vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, perché la prova costituita dal solo atto di riconoscimento ad
opera della persona offesa, è > insufficiente. La persona offesa avrebbe
fornito una descrizione generica dell’aggressore riconosciuto, e comunque
con il ricordo influenzato da un precedente atto di ricognizione in fotografia.
§2.) vizio di motivazione circa l’esistenza di esigenze cautelari;
in
particolare il ricorrente afferma che il Tribunale del riesame non ha preso in
considerazione la dimostrata circostanza che l’indagato dispone di un
regolare posto di lavoro, sicché è contraddittoria la motivazione con la quale
il Tribunale da un lato attesta che l’indagato stesso svolge attività lavorativa
e dall’altro afferma che la stessa persona è proclive alla commissione di
reati.
PREMESSA IN FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il BUCCINI è sottoposto a procedimento penale, siccome accusato: ” del
delitto di cui agli artt. 56, 110, 628 commi 1° e 3° n. 1 cp, perché in
concorso con DEL GIUDICE GIOVANNI, al fine di procurarsi un ingiusto
profitto, mediante violenza e minaccia consistita nell’affiancare SPAVONE
Vincenzo mentre procedeva a bordo del proprio motociclo Honda SH di
colore bianco tg. DY 581 98, in Napoli, via delle Repubbliche Marinare,
all ‘incrocio con via IV Novembre, nel puntargli una pistola tipo
semiautomatico (condotta materialmente tenuta da DEL GIUDICE
Giovanni) e nell’intimargli di fermarsi, compiva atti idonei diretti in modo
non equivoco ad impossessassi del motociclo mit quale viaggiava
SPAVONE Vincenzo che lo deteneva; evento non verificatosi per cause
indipendenti dalla volontà degli agenti, ovvero per l’intervento di personale
della Polizia di Stato.
Con l’aggravante di avere commesso il fatto con l’uso di un’arma.
Fatto commesso in Napoli il 13.8.2013.
Con La recidiva infraquiquiennale per il BUCCINI”
Dalla lettura del provvedimento impugnato e dello stesso ricorso del
BUCCINI si evince che in data 13.8.2013 SPAVONE Vincenzo era stato
vittima di un tentativo di rapina ai suoi danni e che per la presenza di
personale della polizia l’azione criminosa era stata interrotta da parte del
DEL GIUDICE GIOVANNI (materiale aggressore esecutore del reato) che
si era dato alla fuga, (liberandosi della pistola adoperata – accertata essere un
giocattolo privo del tappo rosso). La Polizia procedeva quindi all’arresto
del BUCCINI che si era allontanato dal luogo della commissione del reato a
bordo del proprio mezzo.
Lo SPAVONE Vincenzo, procedeva quindi al riconoscimento del DEL
GIUDICE e nel corso delle indagini effettuava un riconoscimento
fotografico del BUCCLNI del quale forniva anche una descrizione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso che nell’ambito cautelare, la valutazione delle doglianze
difensive soggiace ai noti limiti del giudizio di legittimità. Infatti in materia
di provvedimenti “de libertate”, la Corte di Cassazione non ha alcun potere
né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi
compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni
soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed
all’adeguatezza delle misure; infatti, sia nell’uno che nell’altro caso si tratta
di apprezzamenti propri del giudice di merito. Il controllo di legittimità
rimane pertanto circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per
verificare, da un lato le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e,
dall’altro l’assenza di illogicità evidenti, nelle argomentazioni rispetto al
fine giustificativo del provvedimento [Cass. SU 22.3.2011 n. 11; Cass. Sez.
Il 7.12.2011 n. 56; Cass. Sez VI 12.11.1998 n. 3529; Cass. Sez. I ordinanza
20.3.1998 n. 1700; Cass. Sez. 111.3.1998 n. 1496; Cass. Sez. 120.2.1998 n.
1083]. Da quanto sopra discende che: a) in materia di misure cautelari la
scelta e la valutazione delle fonti di prova rientra fra i compiti istituzionali
del giudice di merito sfuggendo entrambe a censure in sede di legittimità se
adeguatamente motivate ed immuni da errori logico giuridici, posto che non
può contrapporsi alla decisione del Tribunale, se correttamente giustificata,
un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione del materiale
probatorio; b) la denuncia di insussistenza di gravi indizi di colpevolezza o
di assenza di esigenze cautelari è ammissibile solo se la censura riporta
l’indicazione precisa e puntuale di specifiche violazioni di norme di legge,
ovvero l’indicazione puntuale di manifeste illogicità della motivazione dti,
provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto,
esulando dal giudizio di legittimità sia le doglianze che attengono alla
ricostruzione dei fatti sia quelle che si risolvano in una diversa valutazione
delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito. [v. in tal
senso Cass sez. III 21.10.2010 n. 40873]. Infatti 11 sindacato del giudice di
legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere
volto a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente
idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della
decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei
suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori

Successivamennte al suddetto atto di indagine il Pubblico Ministero
formulava la richiesta di emissione di provvedimento cautelare nei confronti
del BUCCINI che il GIP respingeva ritenendo insufficiente la prova.
Proseguite le indagini, il PM procedeva al compimento di un atto formale di
riconoscimento personale nel corso del quale
la persona offesa
riconosceva, in mezzo ad altre due controfigure, il BUCCINI.
A seguito di tale atto di indagine, su richiesta del Pubblico Ministero il G1P
emetteva ordinanza applicativa degli arresti domiciliari che veniva
confermata dal Tribunale del riesame con il provvedimento che viene qui
impugnato.

nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente
“contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue
diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa
contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del
processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi
posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o
radicalmente inficiata sotto il profilo logico [Cass. Sez. I 19.10.2011 n.
41738; e nello stesso senso Cass. Sez. IV 3.5.2007 n. 22500; Cass. Sez. VI
15.3.2006n. 10951]
Passando quindi in disamina i punti di ricorso va osservato quanto segue.
Le censure formulate attengono ad aspetti di valutazione della prova
costituita dal riconoscimento effettuato dallo SPAVONE Vincenzo e che il
Tribunale ha ritenuto idonea e sufficiente alla luce di considerazioni che
esulano dal piano squisitamente formale dell’assunzione dell’atto di
indagine. Infatti sul piano logico appare insuperabile la constatazione che lo
SPAVONE, svolgendo il proprio riconoscimento ha indicato una persona
che è risultata essere in rapporto di conoscenza con il coindagato del
medesimo reato arrestato nella flagranza del delitto contestato. La
considerazione che il riconoscimento sarebbe stato preceduto da un atto di
individuazione fotografica rifluente sulla attendibilità del testimone è priva
di pregio processuale. Infatti la precedente ricognizione atipica, effettuata in
fotografia, non costituisce un pregiudizio legale alla validità probatoria della
successiva ricognizione personale essendo solo richiesto che del precedente
si dia atto ai fini delle valutazioni di merito sull’attendibilità del risultato del
mezzo di prova. [v. Cass. 25.3.1991 n. 7709 in Ced Cass. Rv 187806]. Nel
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caso sottoposto a questo Collegio emerge ancora che l’atteA di
persona offesa è stata vagliata dal Tribunale, sia sotto il formale
dell’atto processuale, che del suo risultato (lo SPAVONE ha riconosciuto
proprio una persona che è legata da vincoli di conoscenza e frequentazione
con l’altro indagato della presente vicenda)
Sotto il profilo delle esigenze cautelari va osservato che la decisione del
Tribunale appare corretta e la motivazione è corroborata da motivazione
adeguata e non sindacabile nel merito. Il tribunale ha considerato che
l’indagato ha già commesso altro reato in precedenza, e ha valutato la
condotta di quest’ultimo al momento della consumazione del reato., Il
Tribunale ha valutato la personalità dell’indagato in termini negativi in base

a considerazioni non manifestamente illogiche. Infatti il Tribunale ha messo /”.
che l’indagato, titolare di un regolare lavoro, commette reati senza
necessità, così dimostrando una personalità proclive al delitto e come tale
inidonea alla formulazione di una prognosi favorevole di astensione dal
futuro dalla commissione di ulteriori reati.
La manifesta infondatezza delle argomentazioni del ricorrente, tutte
poggianti su aspetti inerenti all’apprezzamento delle prove, senza indicare
ipotesi di violazione della legge penale, comporta la dichiarazione di
inammissibilità del ricorso. Per le suddette ragioni il ricorso è
manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile. Il
Ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della
somma di E 1.000,00 alla Cassa delle ammende, così equitativamente

determinata la sanzione amministrativa prevista dal’art. 616 cp, da
comminarsi alla luce del comportamento processuale del ricorrente che
versa in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di e .1000,00 alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 15.4.2014

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