Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3004 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 3004 Anno 2016
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: AIELLI LUCIA

Romano Kocis nato a Como il 10.8.1981;
avverso la sentenza n. 706/2014 del 28.1.2014 della Corte d’Appello di Milano ,
visti gli atti , la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita in pubblica udienza del 26.11.2015 la relazione del Consigliere dott.ssa Lucia Aielli;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott.ssa Maria Giuseppina Fodaroni che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza emessa il 28/1/2014 la Corte d’Appello di Milano in parziale riforma della
sentenza del GUP del Tribunale di Como qualificava il fatto contestato a Romano Kocis al capo
b) dell’imputazione, in termini di furto anziché di ricettazione, confermava nel resto la
condanna , riducendo complessivamente la pena .

Data Udienza: 26/11/2015

,

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, personalmente,
lamentando la errata applicazione della legge penale ( art. 606 c.1 lett. b) ed e) c.p.p., in
relazione all’art. 337 c.p. in quanto la Corte d’Appello al pari del giudice di primo grado,
avrebbe omesso di motivare in punto di incompetenza territoriale del giudice italiano ovvero in
ordine alla insussistenza della giurisdizione dell’autorità giudiziaria italiana atteso che i reati di
indebito utilizzo di carta di credito e di ricettazione contestati, sarebbero stati commessi in
territorio straniero; inoltre, ad avviso del ricorrente, il giudice di secondo grado non avrebbe
correttamente valutato il profilo procedibilità del reato, nel caso di specie mancante, essendo

Giustizia; asseriva inoltre il ricorrente che la Corte d’Appello avrebbe errato nel valutare i reati
di indebito utilizzo di carte della di credito e di ricettazione concorrenti tra loro, dovendo invece
sussumere il secondo nella fattispecie di cui all’art. 12 D.L.vo 143/1991 in ragione del rapporto
di specialità tra le norme; così come avrebbe omesso di motivare in punto di trattamento
sanzionatorio e riconoscimento della aggravante della recidiva. In ultimo, l’imputato lamentava
un vizio nell’accertamento della penale responsabilità dell’imputato, basata esclusivamente sul
filmato della videocamera di sorveglianza .
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto generico e aspecifico.
Esso riproduce pedissequamente gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali la Corte
d’appello ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che
il ricorrente non considera né specificatamente censura ( Sez.4, 27 gennaio 2005 n.
11933/2005, CED Cass. 231708; Sez. 6 n. 20377 del 11/3/2009, rv.243838).

,
Occorre innanzi tutto premettere che la sentenza d’Appello è resa con riferènento ad una
sentenza di primo grado, emessa all’esito del giudizio abbreviato, rispetto al quale ogni
eccezione o doglianza in punto di inutilizzabilità della prova deve essere conciliata con la
natura premiale del rito e la scelta abdicativa operata dall’imputato relativamente ad eccezioni
o doglianze, eventualmente rilevanti in fase dibattimentale.
Difatti il giudizio abbreviato è stato definito da questa Corte come un procedimento a prova
contratta nel quale l’imputato accetta che la regiudicanda sia definita in base agli atti già
acquisiti in assenza del contraddittorio ed a quelli eventualmente richiesti compatibili con la
fisionomia del rito speciale, consentendo di attribuire agli elementi legittimamente raccolti nelle
indagini preliminari quel valore probatorio di cui essi normalmente sono sprovvisti nel processo
che si svolge nelle forme ordinarie (sez. U n. 16 del 21/6/2000, Rv. 216246). E sulla base di
tale sistemazione teorica del rito le sezioni unite, nella decisione ora citata, hanno affrontato la
problematica relativi alla sussistenza di eventuali limiti all’accettazione, da parte dell’imputato
che accede al rito abbreviato, dei risultati delle indagini preliminari; ed in questo senso, con
affermazione pertinente ai fini della decisione sui motivi di ricorso in esame, si è stabilito che
nel giudizio abbreviato non rilevano le inutilizzabilità delle prove stabilite dalla legge con
riferimento alla fase dibattimentale, in quanto ciò costituisce diretta conseguenza della scelta

stato il reato di ricettazione consumato all’estero e mancando la richiesta del Ministro della

abidicativa formulata dall’imputato con la richiesta del rito speciale. Viceversa l’esistenza di atti
probatori assunti contra legern o affetti da nullità assoluta potrà essere eccepita in tutte le fasi
del procedimento, compresa l’udienza preliminare, il rito abbreviato e le procedure incidentali,
in quanto vengono in rilievo, in tale ipotesi, invalidità sottratte al potere dispositivo delle parti
concretanti ipotesi di inutilizzabilità patologiche. Per quanto detto non rientrano in tale secondo
genere le prove assunte nel processo abbreviato già oggetto di verifica da parte del Giudice di
secondo grado, ovvero la notizia di reato della Questura di Chiasso del 1/12/2008, la
segnalazione del Centro di Polizia di Chiasso del 28/11/2008 ed il filmato del sistema di video

fisicamente individuato quale autore del prelievo indebito. Tale elemento perfettamente
utilizzabile nel rito abbreviato è stato ulteriormente valorizzato anche in considerazione
dell’assenza di elementi di segno contrario e del parziale risarcimento del danno subìto dalla
parte lesa.
Parimenti inammissibile in quanto generica la doglianza relativa al difetto di giurisdizione del
giudice italiano essendo stato, il reato di cui all’art. 55 D.L.vo 231/07 , commesso all’estero .
La Corte d’Appello sul punto ha evidenziato che trattandosi di reato punito con pena minima di
minore durata rispetto alla soglia dei tre anni di cui al comma 1 dell’art. 9 c.p., ricorreva la
condizione di procedibilità di cui all’art. 9 c.2 c.p. avendo la p.o., avanzato regolare richiesta di
punizione degli autori del fatto ( pag. 3), quanto al concorrente delitto di ricettazione , la Corte
ha correttamente qualificato la condotta in termini di furto, tenuto conto di elementi fattuali
logicamente connessi quali il brevissimo lasso temporale intercorso tra il furto ( avvenuto in
Como tra le 6.40 3e le 6.45) e l’utilizzo della carta di credito ( avvenuto in Mendrisio alle 7.23
dello stesso giorno), ha ritenuto i due reati concorrenti tra loro in conformità alla
giurisprudenza di questa Corte secondo cui il delitto di furto della carta di credito concorre con
quello di cui all’art. 12 L. n. 143 del 1991, limitatamente alla ipotesi dell’indebito utilizzo del
medesimo documento, in quanto si tratta di condotte eterogenee sotto l’aspetto fenomenico,
verificandosi la seconda quando la prima è ormai esaurita e non trovando, l’uso indebito, un
presupposto necessario ed indefettibile dell’impossessamento illegittimo ( Sez.5 ,n.4401 del
10/10/2005; rv 232810), ed ha correttamente ravvisato, anche con riferimento a tale reato, la
giurisdizione del giudice italiano secondo argomentazioni logico giuridiche che il ricorrente
genericamente censura senza addurre elementi specifici che consentano di superare le
pertinenti argomentazioni del giudice di appello.
Da ultimo vanno esaminate le doglianze relative al trattamento sanzionatorio che il ricorrente
ancora una volta censura in maniera generica. Occorre premettere che le valutazioni di merito
sono insindacabili nel giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia
conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici, come nel caso di
specie. (Sez. U., n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000,
Sakanì, Rv. 216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074) Uniformandosi a
tale orientamento che il Collegio condivide, il ricorso anche su tale punto va dichiarato

sorveglianza dell’istituto bancario attraverso il quale k=12131 l’attuale imputato < è stato inammissibile. Il giudice di appello ha perequato la pena finale mitigando quella inflitta dal primo giudice attraverso la diversa qualificazione giuridica del reato di ricettazione in quello di furto, il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in regime di equivalenza rispetto alle aggravanti, motivando adeguatamente il diniego dell'attenuante comune di cui all'art. 62 n. 6 c.p., per il solo parziale risarcimento del danno e la ritenuta recidiva per la maggiore pericolosità dell'imputato ricavabile dalla sua personalità, quale risultante dai precedenti penali già riportati. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in C 1.000,00 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle Ammende . COSI' DECISO IL 26.11.2015 Il consigliere estensore kA L ia iellic I Il presidente Franco Fia7anese pen., la condanna dell'imputato che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento,

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