Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30036 del 12/07/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 30036 Anno 2016
Presidente: ROTUNDO VINCENZO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Dimitrov Simeon Serafimov, nato in Bulgaria il 13/05/1986

avverso la ordinanza del 15/06/2016 della Corte di appello di Bologna

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo che sia dichiarato
inammissibile;
udito il difensore, avv. Gregorio Viscomi, che insiste nei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Simeon Serafimov Dimitrov ricorre personalmente avverso l’ordinanza
indicata in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Bologna disponeva, ai
sensi dell’art. 14 I. n. 69 del 2005, la sua consegna all’autorità giudiziaria
bulgara, a seguito di mandato di arresto.

Data Udienza: 12/07/2016

La Corte rilevava che Dimitrov aveva espresso il consenso alla sua consegna
in sede di udienza di identificazione e che pertanto doveva ritenersi irrilevante la
sua decisione espressa all’udienza davanti al Collegio di volerlo revocare.
Nel ricorso si chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, in quanto
il consenso sarebbe stato espresso in un momento di confusione e per evitare il
disagio alla famiglia. Al contrario, il consegnando avrebbe interesse a restare in
Italia, dove ha i suoi legami familiari e lavorativi.
In data 6 luglio 2016 il ricorrente ha depositato documentazione a sostegno

2. Il ricorso è originariamente inammissibile.
Il ricorrente non rappresenta infatti vizi deducibili davanti al Giudice di
legittimità, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., quanto piuttosto il mero
dissenso alla decisione adottata.
Nel caso in esame, correttamente la Corte di appello ha escluso la possibilità
della revoca del consenso, considerato il chiaro tenore dell’art. 14 della legge 22
aprile 2005, n. 69; né il ricorrente ha dedotto circostanze «oggettive» che
dimostrino che il consenso non sia stato validamente espresso.
L’inammissibilità dell’originario atto di impugnazione, che impedisce
l’instaurazione di un valido rapporto processuale, rende» irrilevanti i nuovi
profili di annullamento segnalati dal difensore in udienza, tra l’altro
tardivamente.

3. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso con la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma, non essendovi ragioni di
esonero, ritenuta equa di 500 euroi in favore della cassa delle ammende.
La cancelleria provvederà agli adempimenti di legge.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 500 in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge
n. 69 del 2005.
Così deciso il 12/07/2016.

dell’impugnazione.

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