Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30036 del 01/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30036 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUCCA MARIANO N. IL 28/10/1955
avverso l’ordinanza n. 1495/2013 TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE, del
25/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
f edt_ige,
lette/sentite le conclusioni del PG Dott

Uditi difensor Avv.;

0.0 –

Data Udienza: 01/04/2014

BUCCA Mariano, tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso
l’ordinanza 25.10.2013 con la quale il tribunale del riesame di Firenze ha
confermato la misura della custodia cautelare in carcere disposta dal gip di
di Firenze per il reati di cui agli artt. 110, 112 n. 1, 628 commi 1 e 3 n. 1 cp.
La difesa dell’indagato chiede l’annullamento della decisione impugnata
affermando che le risultanze a carico non sono decisive e univoche. La
difesa sostiene altresì che non ricorrono le esigenze cautelari ed è erroneo il
criterio di scelta adoperato dal tribunale.
IN data 24.3.2014 la difesa del ricorrente ha depositato una nuova memoria
ex art. 311 e 127 cpp con la quale sono stati illustrati ulteriori aspetti della
vicenda.
RITENUTO IN DIRITTO
Va premesso che la valutazione delle doglianze difensive soggiace ai noti
limiti del giudizio di legittimità. Infatti in materia di provvedimenti “de
libertate”, la Corte di Cassazione non ha alcun potere né di revisione degli
elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore
degli indizi), né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato in
relazione alle esigenze cautelari ed all’adeguatezza delle misure; infatti, sia
nell’uno che nell’altro caso si tratta di apprezzamenti propri del giudice di
merito. Il controllo di legittimità rimane pertanto circoscritto all’esame del
contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato le ragioni giuridiche
che lo hanno determinato e, dall’altro l’assenza di illogicità evidenti, nelle
argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento [Cass. SU
22.3.2011 n. 11; Cass. Sez. Il 7.12.2011 n. 56; Cass. Sez VI 12.11.1998 n.
3529; Cass. Sez. I ordinanza 20.3.1998 n. 1700; Cass. Sez. 111.3.1998 n.
1496; Cass. Sez. I 20.2.1998 n. 1083]. Da quanto sopra discende che: a) in
materia di misure cautelari la scelta e la valutazione delle fonti di prova
rientra fra i compiti istituzionali del giudice di merito sfuggendo entrambe a
censure in sede di legittimità se adeguatamente motivate ed immuni da
errori logico giuridici, posto che non può contrapporsi alla decisione del
Tribunale, se correttamente giustificata, un diverso criterio di scelta o una
diversa interpretazione del materiale probatorio; b) la denuncia di
insussistenza di gravi indizi di colpevolezza o di assenza di esigenze
cautelari è ammissibile solo se la censura riporta l’indicazione precisa e
puntuale di specifiche violazioni di norme di legge, ovvero l’indicazione
puntuale di manifeste illogicità della motivazione provvedimento, secondo i
canoni della logica ed i principi di diritto, esulando dal giudizio di
legittimità sia le doglianze che attengono alla ricostruzione dei fatti sia
quelle che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze
esaminate e valorizzate dal giudice di merito. [v. in tal senso Cass sez. III
21.10.2010 n. 40873]. Infatti il sindacato del giudice di legittimità sulla
motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare
che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare
le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non

MOTIVI DELLA DECISIONE

sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da
argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole
della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da
insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità
logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente
“incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed
esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale
da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico [Cass.
Sez. I 19.10.2011 n. 41738; e nello stesso senso Cass. Sez. IV 3.5.2007 n.
22500; Cass. Sez. VI 15.3.2006 n. 10951]
Passando quindi in disamina i punti di ricorso va osservato quanto segue.
Tutte le censure che riguardano gli elementi indizianti (sia quelli riportati
nel ricorso princiaple, che le considerazioni svolte nella memoria) sono
null’altro che considerazioni soggettive del ricorrente, generiche e in fatto,
tese ad una diversa valutazione del materiale probatorio che è preclusa in
questa sede.
Le censure che attengono alla scelta della misura cautelare sono anche esse
generiche, riguardano aspetti in fatto e non sono idonee a mettere in
evidenza vizi della motivazione o errori di diritto.
Il tribunale ha correttamente considerato e motivato gli aspetti inerenti alla
pericolosità sociale desunta dal fatto di reato (rapina di un furgone blindato
con asportazione di ingenti valori, e uso di armi) che denota professionalità
nella esecuzione e ha formulato una prognosi negativa in ordine alla
capacità dell’indagato di sottoporsi alle regole imposte per il regime degli
arresti domiciliataa motivazione non è sindacabile nel merito ed è corretta
in diritto. Infatti è legittima l’esclusione degli arresti domiciliari quando sia
possibile pronosticare, all’esito di una valutazione globale sia degli elementi
inerenti la gravità e le circostanze del fatto sia della personalità del
prevenuto, che il sottoposto si sottrarrà all’osservanza delle prescrizioni
attraverso il mancato assolvimento degli obblighi connessi all’esecuzione
della misura domestica [Cass. n 5121/2013].
Per le suddette ragioni il ricorso, proprio inerente ad aspetti che non possono
essere presi in considerazione nel giudizio di legittimità, senza mettere in
evidenza alcun aspetto involgente la legittimità del provvedimento
impugnato, deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va
condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende, così equitativamente
determinata la sanzione amministrativa prevista dall’art. 616 cpp,
ravvisandosi gli aspetti di responsabilità ivi richiamati.
Ex art. 94 disp. att. cpp, manda alla cancelleria per gli avvisi di legge.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
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Così deciso in Roma il 1.4.2014

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