Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30035 del 01/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30035 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROMANO RAIMONDO N. IL 18/01/1969
SPANU GIANLUCA N. IL 21/10/1987
avverso l’ordinanza n. 1482/2013 TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE, del
23/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 01/04/2014

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ROMANO Raimonodo e SPANU Gianluca con atti separati ricorrono per
Cassazione avverso l’ordinanza 23.10.2013 con la quale il Tribunale del riesame di Firenze ha confermato il provvedimento 3.10.2013 del GIP, applicativo della custodia cautelare in carcere per i reati di concorso in rapina aggravata, porto e detenzione di armi e ricettazione di una autovettura e di uno
scooter utilizzati per la commissione della rapina.
La difesa del ROMANO chiede l’annullamento della decisione impugnata
deducendo:
§1.) la nullità del provvedimento, perché, ex art. 309 cpp non era stato consegnato al Tribunale il supporto informatico inerente all’ intercettazione telefonica n. 48 del 20.4.2013 dovendo essere esteso il principio affermato
da Cass. SU 22.4.2010 n. 20300 anche alla fattispecie in esame, attesi i tempi ristretti per la impugnazione che rendono incompatibile la procedura di
richiesta all’organo requirente del rilascio di copia dei suddetti*tporti informatici.
§2.) violazione degli artt. 110, 628 cp e 273 cpp, perché il Tribunale ha giudicato sulla base di er un materiale probatorio contraddittorio: 1) uso di un
numero inconsueto di schede telefoniche; 2) uso di schede telefoniche intestate a cittadini di nazionalità cinese, acquistate nel medesimo luogo anche
da altre persone che sono sottoposte ad indagini; 3) contenuto dell’intercettazione ambientale n. 48 del 20.4.2013 e incontro avvenuto in data
10.4.2013 con il coindagato BUCCA Mariano; 4) telefonata 11.4.2013 tra
BUCCA Mariano e SPANU Gianluca. La difesa, mettedo in rilievo che gli
indizi si prestano a letture in fatto alternative, neppure considerate dal Tribunale, rileva che: a) la rapina oggetto di contestazione sarebbe stata commessa circa due settimane prima rispetto all’incontro tra il ROMANO e il
BUCCA e quasi un mese prima dell’incontro tra lo stesso ROMANO e lo
SPANU; b) il BUCCA e il ROMANO sono corregionali e sono stati lungamente detenuti insieme; c) SPANU ha accompagnato frequentemente in
macchina il ROMANO, essendo quest’ultimo privo di patente, perché revocata; d) la rapina ha avuto ad oggetto somme di denaro contante; e) il ROMANO, al momento dei fatti era in stato di semilibertà. La difesa sostiene
che: al) i suddetti elementi hanno carattere oggettivo e sono idonei a smentire la ricostruzione dei fatti svolta dalla pubblica accusa; b2) nell’ordinanza
cautelare l’accusa non spiega quale sia stato il ruolo rivestito dal ricorrente
nella esecuzione del reato; c3) il fatto dell’incontro tra il ROMANO e il
BUCCA del 10.4.2013 è un dato indiziario di carattere “neutro” essendo
“illogico” che quindici giorni successivamente alla commissione della rapina le suddette persone discutessero ancora dei proventi dell’illecito sulla
scorta delle seguenti ulteriori considerazioni: nel corso del colloquio del
20.4.2013 SPANU e ROMANO non fanno cenno della circostanza che
mancherebbe una parte del provento della rapina; attesa la natura del rapporto tra SPANU e ROMANO non si comprende perché il primo sarebbe venuto a conoscenza solo dal BUCCA che il ricorrente non fosse soddisfatto del-

MOTIVI DELLA DECISIONE

La difesa dello SPANU chiede l’annullamento del provvedimento impugnato deducendo:
§1.) la violazione di legge a cagione della mancata allegazione, da parte del
Pubblico Ministero dei supporti magnetici relativi alle conversazioni oggetto di intercettazione telefonica, con conseguente violazione del diritto di difesa non potendosi ritenere che l’omessa produzione possa essere surrogata
da quella dei “brogliacci” redatti dalla Polizia giudiziaria senza garanzia della fedeltà della riproduzione del contenuto delle conversazioni intercettate.

la spartizione del bottino; in nessun atto processuale si afferma che il ROMANO si avvalga del soprannome “geometra”, essendo questa affermazione frutto di mera illazione del giudicante; è illogico che successivamente al
colloquio intercorso tra il BUCCA e lo SPANU, quest’ultimo non abbia ripreso l’oggetto della suddetta conversazione proprio con il ROMANO, visto
che l’oggetto della conversazione 20.4.2013 sub n. 48 avrebbe riguardato il
tema della spartizione del profitto della rapina, aspetto, quest’ultimo che
non è stato considerato dal Tribunale del riesame.
In diritto la difesa sostiene che l’art. 273 cpp richiama il concetto di gravità
indiziaria, e non anche i parametri della precisione e della concordanza e
che nel caso in esame manca proprio il requisito della “gravità” quale elemento essenziale della valutazione della “qualificata probabilità” della riferibilità del fatto reato all’indagato sottoposto a misura cautelare. Nel caso in
esame gli indizi assunti a fondamento della decisione del Tribunale non presenterebbero il carattere della “gravità”. La difesa rileva ancora che secondo
la più recente giurisprudenza (Cass. sez. IV 21.6.2012 n. 40061) di legittimità, anche in materia cautelare gli indizi devono rivestire i caratteri della precisione e della concordanza posto che il secondo comma dell’art. 192 cpp
avrebbe carattere generale, anche se non espressamente richiamato dall’art.
273 cpp. La difesa sostiene ancora che il carattere della “gravità” degli indizi è attinente ad una loro valutazione non solo quantitativa, ma anche qualitativa, non potendosi far coincidere detta caratteristica con il dato della mera
“sufficienza indiziaria”, essendo richiesto dalla giurisprudenza di legittimità
che gli indizi devono permettere, proprio per la loro caratteristica di gravità,
di attribuire il reato alla persona sottoposta alle indagini con un alto livello
di attribuibilità logica. Sulla scorta degli esiti della giurisprudenza richiamata in ricorso (Cass. 17.5.2011 n. 19759; Cass. 4.4.2007 n. 23050; Cass.
15.11.2011 n. 6598; Cass. 8.7.2011 n. 33803) la difesa afferma che nel caso
in esame difetta il requisito della gravità indiziaria (da ricondursi ad una sovrapponibilità dei criteri di valutazione in eguale misura sia in materia cautelare che nella fase di merito) per la loro mancanza di certezza intrinseca,
perché: 1) la circostanza dell’incontro in luogo pubblico fra due vecchi
compagni di detenzione a giorni di distanza dalla rapina oggetto di contestazione non riveste alcun carattere apprezzabilmente significativo; 2) è illogico che la responsabilità venga desunta sulla base di elementi di fatto che si
., .
.
pongono in epoca successiva al reato e ci ò sia – irtfenmento al profilo della
emersione dei suddetti indizi, sia sotto il profilo del contenuto. La difesa
conclude che le suddette doglianze sono state rappresentate nel corso del
giudizio cautelare e che il Tribunale non ha fornito adeguata risposta.

In data 1.4.2014 il difensore di Raimonedo Romano ha depositato motivi
nuovi di ricorso ex art. 311 cpp con .1 4. quale ha ulteriormente illustrato le
doglianze relative al mancato deposito del supporto informatico contenente

§2.) violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento agli artt.
273 cpp e 110 cp. La difesa, rilevato che lo SPANU è stato sottoposto alla
misura cautelare della custodia in carcere con provvedimento del
10.10.2013 per un fatto commesso il 22.3.2013, pone in evidenza che il ricorrente sarebbe stato ritenuto concorrente della rapina per avere procurato
agli autori del reato un ciclomotore oggetto del delitto di ricettazione (pure
contestato); tale indizio è stato desunto dal Tribunale sulla scorta di una
conversazione intercorsa tra il ricorrente e LOPEZ Luigi del 14.3.2013. La
difesa pone in evidenza che nei confronti del LOPEZ Luigi non è stato
emesso provvedimento cautelare sull’assunto che non sarebbe possibile, sulla scorta del quadro indiziario a disposizione, riteneréquanto richiesto dallo
SPANU fosse stato soddisfatto né tantomeno se il ciclomotore messo a disposizione dal LOPEZ fosse proprio quello provento del delitto presupposto
della ricettazione. Tale circostanza ad avviso della difesa fa venire meno il
carattere della “gravità” degli Indizi che attingono il ricorrente. La difesa
lamenta inoltre che il provvedimento del Tribunale del riesame, meramente
reiterativi del contenuto dell’ordinanza cautelare genetica, alla quale fa richiamo, è carente nella indicazione della natura del contributo cale che
sarebbe stato offerto dal ricorrente per la commissione della rapina al furgone portavalori, mancando anche la prova che lo stesso ricorrente abbia partecipato alla c.d. “esercitazione/simulazione effettuata il 15.3.2013, mancando la prova di un qualsivoglia contatto tra lo SPANU e il GRISAFI non
potendo ritenersi giustificato lo apprezzamento di un fatto derivante dalla
semplice deduzione che le utenze telefoniche portatili dei due indagati sarebbero state rilevate sulle medesime celle telefoniche. La difesa lamenta
che il Tribunale non ha dato alcun elemento a sostegno della mera affermazione che lo indagato avrebbe preso parte alla “preparazione della rapina”.
la difesa conclude sul punto che la verificata assenza di elementi indiziari
relativi alla partecipazione dell’indagato alla preparazione e alla commissione della rapina, priva di univoco significato la interpretazione dei fatti indizianti rilevati successivamente al reato.
§3.) vizio di motivazione con riferimento all’aspetto della pericolosità ex
art. 274 lett. c) cpp, desunta da una presunta disponibilità di armi. La difesa
in particolare lamenta che il Tribunale avrebbe desunto l’estremo della pericolosità sociale del ricorrente (che risulta essere incensurato) ritenendo, sulla scorta delle intercettazioni telefoniche, che lo indagato disponga di anni
utilizzabili per la commissione di ulteriori reati. A tal proposito la difesa lamenta che il Tribunale avrebbe fondato il giudizio di pericolosità su un elemento circostanziale che sarebbe “esterno” al fatto ascritto, per di più non
verificato, poiché la polizia giudiziaria nel corso delle indagini non ha sequestrato all’indagato nessuna arma. La difesa lamenta conclusivamente che
il giudizio di pericolosità sarebbe stato effettuato prescindendo da “situazioni correlate con i fatti del procedimento” in ciò violando i principi affermati
da Cass. 3.7.2007 n. 34271.

le intercettazioni telefoniche disposte nel corso delle indagini e con il secondo paragrafo le doglianze relative alla valutazione (ritenuta illogica ed
effettuata ex post) degli elementi ritenuti indizianti

Il primo motivo di ricorso (comune ad entrambi i ricorrenti) è infondato,
perché il Pubblico Ministero, ex art. 309 V ir comma cpp, non ha l’obbligo
di trasmettere al Tribunale del riesame i supporti informatici contenenti gli
esiti intercetfivi utilizzati ai fini dell’applicazione di una misura cautelare,
quando gli stessi siano comunque conta* nell’annotazione della polizia
giudiziaria. [v. Cass. 27.5.2013 n. 34651 in Ced Cass. rv 257440 (relativa
alla “video riprese”, ma estensibili a tutte le forme di intercettazione)]. Tale
principio non si contrappone con quanto affermato da Cass. SU 20300/2010
con la quale si è sancito il diritto della difesa di ottenere copia del supporto
informatico di registrazione ex art. 268 cpp (una volta che siano terminate le
intercettazioni) e il correlativo obbligo del Pubblico ministero di provvedere in tempo utile per permettere l’esercizio del diritto di difesa nel giudizio
de libertate. Infatti, solo nel caso in cui il Pubblico Ministero, espressamente richiesto, non abbia soddisfatto l’istanza della difesa, in assenza di
trasmissione dei supporti magnetici al Tribunale del riesame ex art. 309 V^
comma cpp, consegue l’inutilizzabilità delle intercettazioni ai fini del solo
giudizio de libertate. I principi indicati sono la conseguenza del fatto che
l’omesso deposito dei files audio delle registrazioni delle conversazioni oggetto di intercettazione non è sanzionato da nullità o inutilizzabilità ed è
quindi sufficiente la trasmissione da parte del Pubblico Ministero di una
documentazione anche sommaria ed informale che dia conto, se pur sinteticamente, del contenuto delle conversazioni riferite negli atti della polizia
giudiziaria, mentre è obbligo del Tribunale fornire adeguata motivazione in
ordine alle difformità specificatamente indicate dalla “parte” fra il testo delle conversazioni telefoniche richiamate negli atti e quelli risultanti dall’ascolto in forma privata dei relativi files audio.
Così richiamati i principi di diritto applicabili al caso in esame, va osservato
che la difesa dei ricorrenti non ha fornito alcuna dimostrazione di avere richiesto (rimanendo insoddisfatta) la copia dei supporti magnetici relativi
alle intercettazioni ritenute rilevanti. Sul punto non ha rilievo alcuno la considerazione per la quale i tempi ristretti non avrebbero permesso all’Ufficio
di assolvere alla richiesta. Nella specie si tratta di considerazione di puro
fatto riguardante aspetti organizzativi dell’Ufficio del Pubblico ministero
che è onerato comunque di dare sostanziale rispetto, se richiesto, al principio sancito della sentenza Cass. SU 20300/2010. L’assenza di qualsivoglia
richiesta da parte della difesa non obbliga il pubblico Ministero &rilasciare
copia del supporto informatico, né &trasmetterlo al Tribunale del riesame
permanendo la sufficienza della produzione anche dei soli brogliacci o delle
annotazioni della polizia giudiziaria.
E’ compito della difesa rilevare la eventuale difformità fra quanto registrato
e quanto trascritto dalla polizia giudiziaria, con conseguente eventuale valu-

RITENUTO IN DIRITTO

tazione del Tribunale del riesame. La difesa non ha assolto all’onere suddetto, con la conseguenza che nessuna doglianza può essere mossa sul punto
Il secondo motivo ROMANO e il secondo e i -1- terzo motivo dello SPANU
sono infondati perché attengono ad aspetti di merito che sfuggono alla cognizione del giudizio di legittimità.
Infatti, in materia di provvedimenti “de libertate”, là Corte di Cassazione
non ha alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali delle
vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione
delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari
ed all’adeguatezza delle misure; infatti, sia nell’uno che nell’altro caso si
tratta di apprezzamenti propri del giudice di merito. Il controllo di legittimità rimane pertanto circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato
per verificare, da un lato le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e,
dall’altro l’assenza di illogicità evidenti, nelle argomentazioni rispetto al
fine giustificativo del provvedimento [Cass. SU 22.3.2011 n. 11; Cass. Sez.
lI 7.12.2011 n. 56; Cass. Sez VI 12.11.1998 n. 3529; Cass. Sez. I ordinanza
20.3.1998 n. 1700; Cass. Sez. 111.3.1998 n. 1496; Cass. Sez. 120.2.1998 n.
1083]. Da quanto sopra discende che: a) in materia di misure cautelari la
scelta e la valutazione delle fonti di prova rientra fra i compiti istituzionali
del giudice di merito sfuggendo entrambe a censure in sede di legittimità se
adeguatamente motivate ed immuni da errori logico giuridici, posto che non
può contrapporsi alla decisione del Tribunale, se correttamente giustificata,
un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione del materiale probatorio; b) la denuncia di insussistenza di gravi indizi di colpevolezza o di
assenza di esigenze cautelari è ammissibile solo se la censura riporta l’indicazione precisa e puntuale di specifiche violazioni di norme di le: • e, ovvero
l’indicazione puntuale di manifeste illogicità della motivazionf . • ovvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, esulando dal
giudizio di legittimità sia le doglianze che attengono alla ricostruzione dei
fatti sia quelle che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze
esaminate e valorizzate dal giudice di merito. [v. in tal senso Cass sez. III
21.10.2010 n. 40873]. Infatti Il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che
quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le
ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia
“manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole
della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da
risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico [Cass.
Sez. I 19.10.2011 n. 41738; e nello stesso senso Cass. Sez. IV 3.5.2007 n.
22500; Cass. Sez. VI 15.3.2006 n. 10951].
Passando quindi in disamina i ricorsi va osservato quanto segue. Tutte le
censure attengono al merito delle valutazioni degli elementi di prova.

Nessuno dei motivi proposti evidenzia specifici vizi della motivazione che
devono essere desumibili dal testo del provvedimento impugnato o da altri,
atti che comunque devono essere individuati ed indicati alla difesa in modo
puntuale. Le censure spingono verso riconsiderazioni del merito delle prove
e alla formulazione di possibili ricostruzioni alternative della vicenda. Si
tratta di giudizio di fatto, precluso in sede di legittimità
Per le suddette ragioni i ricorsi vanno quindi rigettati e i ricorrenti devono
essere condannati al pagamento delle spese processuali.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Si provveda a a norma dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cpp.
Così deciso in Roma il 1.4.2014

P.Q.M.

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