Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30031 del 15/06/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 30031 Anno 2016
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Sicilia Giuseppe, nato a Agrigento il 01/01/19t9
avverso il decreto del 20/11/2015 della Corte d’appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal componente Anna Petruzzellis;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Paola Filippi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso proposto;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte d’appello di Palermo, con decreto del 20/11/2015, ha accolto
parzialmente l’appello proposto da Sicilia Giuseppe avverso il provvedimento
pronunciato dal Tribunale di Agrigento con atto del 27/04/2015 con il quale
veniva respinta la richiesta di revoca della misura della sorveglianza speciale di
p.s., con obbligo di soggiorno ed imposizione di una cauzione, riducendone la
durata ad anni tre.
La misura era stata disposta il 21/09/2010 e la sua esecuzione era iniziata in
data 09/12/2014, in epoca successiva alla detenzione da questi patita, mentre
l’istanza di revoca della misura era stata proposta venti giorni dopo l’inizio della
sua esecuzione, ed era fondata sul presupposto della mancanza dell’attualità
della pericolosità ritenuta dal Tribunale in fase di applicazione.

2. La difesa di Sicilia Giuseppe ha proposto ricorso eccependo violazione di
legge con riguardo alla valutazione di pericolosità del proposto, che era stata

Data Udienza: 15/06/2016

confermata senza contrastare le deduzioni di fatto allegate dalla difesa a
sostegno della opposta valutazione.
Si assume che sia stata evidenziata la non espressa dissociazione dalle
condotte partecipative accertate, osservate in carcere, e la mancanza di elementi
sulla pretesa persistenza di un vincolo mafioso, il cui accertamento nel suo caso
era limitato a pochi anni, riguardava epoca risalente, e l’attribuzione di ruoli non

in modo specifico.
Si osserva invece che nel concreto, ignorando i percorsi di vita
dell’interessato, sia stato conferito risalto alla mancata confessione dei reati
contestati, attribuendo a tale condotta una valenza omertosa, attraverso una
motivazione apparente.

3. Il ricorso è inammissibile, poiché risulta denunciata quale violazione di
legge una contestazione riguardante la motivazione, valutazione preclusa in
forza della chiara disposizione di cui all’art. 10 comma 3 d. legisl. 06/09/2011 n.
159 che limita i motivi di ricorso in argomento alla violazione di legge, nella
quale può rientrare un sindacato sulla motivazione solo ove se ne assuma
l’assoluta mancanza, per violazione dell’art. 125 cod. proc. pen. (per tutte in
argomento Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, Catalano, Rv. 261590) non ove,
come nella specie, se ne contestino gli elementi giustificativi, ridondando tale
censura nell’ambito tracciato dall’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.
Peraltro giova ricordare che nella specie non si impugna l’accertamento di
pericolosità espresso al fine di dare esecuzione alla misura di prevenzione
sospesa per effetto della detenzione, ma la decisione su di un’istanza di revoca
della misura, che può trovare fondamento solo in caso di elementi nuovi riferibili
al ristretto arco temporale – di venti giorni- tra la verificata pericolosità e la
presentazione dell’istanza di revoca, neppure prospettati dal difensore.

4. All’accertamento di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del grado e della somma indicata in dispositivo, e
ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616
cod. proc. pen.

2

Cass. VI sez. pen.r.g.n. 6796/2016

apicali, in relazione ai quali la persistenza della pericolosità deve essere valutata

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso il 15/06/2016

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