Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30017 del 25/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 30017 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VITALI STEFANO N. IL 04/01/1980
avverso la sentenza n. 1815/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
29/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per jz
hjz ie iAxx
A..
AZ Lo 24,0)

ey

AAA■ +o i ■Z

ìCk O S u(2.0
Sta ‘4 „4„—tek410
itAAU 4-0

eu-

kklak
~4-t,

(L.

(~4mA; tuAz

k 6t.■ 34(AnaNk

7tik. -tem.l; e (142

list

Udit i difensor Avv.

L&

esPo

Vx

th.

u.rote.

lkgt ‘‘ `Alt ‘Zi t7/

14:),ito

Udito, per la parte civile, l’Avv

&;.k)

tAb,

F

l’e.ceo

ft; u‘A.LA

(T0 S .
1-‹ A.; rd o LeR

64

Uti.

con„;

2″‹ I (La( p4A24

, CIT°

obLZ

4iL

Data Udienza: 25/03/2014

/4« retr4.

RITENUTO IN FATTO
1. La VI Sezione di questa Corte Suprema, con sentenza n. 25373 del 10
gennaio 2012, dep. 27 giugno 2012, ha annullato la sentenza con la quale la
Corte d’appello di Brescia, in data 31 gennaio 2011, aveva confermato la
sentenza emessa in data 30 gennaio 2006 del Tribunale di Bergamo – sezione
di Treviglio – che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato STEFANO
VITALI colpevole dei reati di cui agli artt. 336 – 594 – 61 n. 10 c.p., in
continuazione, per avere minacciato i carabinieri DEIDDA MASSIMO ed

dell’accertata guida di autoveicolo in stato di ebbrezza, e per avere rivolto
ingiurie all’indirizzo dei suddetti militari (fatti commessi il 22 agosto 2004),
condannandolo alla pena ritenuta di giustizia (con i benefici di legge).
1.1. La VI Sezione aveva osservato che la sentenza impugnata, nel
ricostruire i fatti, allegava

«incondizionata attendibilità alla relazione di

servizio dei due militari dell’Arma e al contenuto della querela dagli stessi
sporta e non prende in considerazione altre emergenze processuali, delle quali
pure da atto, che legittimano seri dubbi sulla ricostruzione della vicenda, la cui
effettiva dinamica può avere avuto una diversa evoluzione».
Tuttavia, costituiva «dato di fatto certo che, nel corso del controllo a cui il
Vitali venne sottoposto, il medesimo non oppose alcuna resistenza nel
prestarsi ad eseguire, attraverso l’utilizzo di apposita apparecchiatura, la
prova per l’accertamento del tasso alcoolemico. Fu nel corso di tale
operazione o subito dopo l’espletamento della stessa che il Vitali si lasciò
andare ad atteggiamenti ingiuriosi e minacciosi verso i verbalizzanti. La
valutazione di tale condotta, però, non può prescindere da un altro dato di
fatto certo del quale la sentenza di merito da atto, vale a dire il
comportamento scarsamente professionale e certamente esorbitante dalle sue
funzioni del maresciallo Deidda, che, liberandosi, con gesto di sfida, della
pettorina, tentò di passare alle vie di fatto nei confronti dell’imputato, anche
se il contrasto fisico tra i due fu bloccato dal provvidenziale intervento dei
testi Belloli e Pagani. Tale condotta del pubblico ufficiale può avere
condizionato la dinamica della vicenda e non rileva l’eventuale provocazione,
rimasta indefinita nella sua portata oggettiva e nel suo momento genetico, da
parte del soggetto privato, considerato che grava comunque sul pubblico
ufficiale l’obbligo di improntare il proprio comportamento a modalità operative
corrette e consone alla dignità delle funzioni rivestite».

ESPOSITO SANDRO, al fine di costringerli a non ritirargli la patente a seguito

Per tale ragione, era stata ritenuta necessaria <>,

motivatamente

qualificato dalla Corte di appello ex art. 337 c.p.; ed «anche le contestate
ingiurie, secondo il portato di ben tre persone presenti ai fatti, di cui una
anche amica dell’imputato (..), devono (..) ritenersi sussistenti, rivolte
peraltro ad entrambi i militi, come esplicitamente riferito dal teste BELL OLI,
pro fferite non già come reazione ad un comportamento antigiuridico del
verbalizzante, ma poste in essere autonomamente dal prevenuto, proprio nel
corso della verbalizzazione, con l’evidente fine di interrompere ed impedire il
legittimo atto del maresciallo».
La Corte (f. 9) ha anche considerato

«la circostanza, più volte

menzionata dalla difesa, da tutti concordemente riportata, secondo cui, solo
alla fine, della vicenda però, il maresciallo DEIDDA, evidentemente stizzito
per l’insistenza e la condotta sopra riportata dell’imputato si [era] tolto la

5

interferire in vario modo sulla redazione del doveroso verbale, con una

pettorina, profferendo nei confronti del VITALE le parole “se vuoi litigare
litighiamo”», evidenziando che essa «non può essere valutata quale causa
di giustificazione del comportamento antigiuridico [dell’imputato], posto che,
pur essendo indiscutibilmente questo un gesto non certo consono ai doveri di
fermezza e misura richiesti ad ogni appartenente all’Arma, si realizzava solo
successivamente, ed anzi come reazione all’insistenza ed alle provocazioni,
palesemente illecite, del (…) VITALI».
A tali rilievi, il ricorrente non ha opposto alcunché di decisivo, se non

rivisitazione dei fatti di causa, senza documentare eventuali travisamenti nei
modi di rito, tentando di “atomizzare” gli elementi probatori raccolti nel corso
delle indagini preliminari e valorizzati dalla Corte di appello, i quali, al
contrario, consentono di ritenere

accertata la commissione da parte

dell’imputato dei reati contestati,

il che conseguentemente comporta

l’impossibilità, agli effetti penali,

di una più favorevole formula di

proscioglimento per motivi di merito, e quindi la conferma delle già disposte
statuizioni civili.

2.1. Tuttavia, se anche in ipotesi dovessero condividersi i rilievi del
ricorrente, e dovessero effettivamente ritenersi sussistenti i dedotti vizi di
motivazione, l’intervenuta prescrizione – cui il ricorrente non risulta aver
rinunziato – precluderebbe comunque la possibilità di deliberare il
consequenziale annullamento con rinvio della decisione impugnata.

3. Risultano non consentiti, o comunque manifestamente infondati, anche
gli ulteriori motivi.

3.1. Quanto al secondo, si è già chiarito che le contestate e ritenute
ingiurie erano già state profferite, ed all’indirizzo di entrambi i verbalizzanti,
quando ebbe conclusivamente luogo l’invocato comportamento del solo m. 110
DEIDDA.
3.2. Quanto al terzo motivo, si è già chiarito che non vi fu, da parte
dell’imputato, mera reazione ad atti arbitrari dei pp.uu. operanti, poiché le
condotte contestate all’imputato (ricostruite senza travisamenti e senza
omissioni, essenzialmente valorizzando quanto riferito dagli amici
dell’imputato, a riscontro di quanto verbalizzato) vennero poste in essere
immediatamente e senza alcuna provocazione da parte dei verbalizzanti;
alcun vincolo derivava ai fini della qualificazione giuridica dal dictum della VI

6

generiche ed improponibili doglianze, fondate su una personale e congetturale

sezione, che si era arrestata ad una valutazione preliminare, riguardante la
stessa ricostruzione del fatto (in difetto della quale, non avrebbe avuto senso
discorrere della sua qualificazione giuridica), né può seriamente invocarsi la
violazione dell’art. 521 c.p.p., poiché non è mutato il fatto contestato, ma
unicamente la sua qualificazione giuridica.
Infine, dalla qualificazione cui la Corte di appello è addivenuta,
correttamente valorizzando, in ossequio all’orientamento di questa Corte
Suprema (così da ultimo Sez. VI, sentenza n. 51030 del 5 dicembre 2012,

dall’agente nei confronti del pubblico ufficiale fosse stata usata durante il
compimento dell’atto d’ufficio, per impedirlo, non derivano effetti
pregiudizievoli per l’imputato, identico essendo il trattamento sanzionatorio ed
il termine di prescrizione.
3.3. Quanto al quarto motivo, il complesso delle considerazioni che
precede evidenzia la assoluta legittimità delle disposte statuizioni civili.
4. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi che egli ha
proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa (Corte
cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entità di detta
colpa – della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo
di sanzione pecuniaria.

4.1. Il ricorrente va anche condannato alla rifusione in favore della parte
civile ESPOSITO SANDRO delle spese dallo stesso sostenute per questo grado
di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende,
nonché alla rifusione in favore della parte civile ESPOSITO SANDRO delle
spese dallo stesso sostenute per questo grado di giudizio, liquidate in
complessivi euro duemila, oltre IVA e CPA.
Così deciso in Roma, udienza pubblica 25 marzo 2014
Il Con igliere estensere
Se gi B

DEPOSITATO IN CANCEL

ente
posito

CED Cass. n. 258505), il fatto che la violenza o la minaccia realizzata

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA