Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30016 del 20/05/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30016 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da:
– PRIVITERA FRANCESCO, n. 20/10/1943 a Biancavilla
– PETRALIA MARIA, n. 2/04/1944 a Biancavilla

avverso l’ordinanza del tribunale di CATANIA in data 10/02/2015;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. C. Angelillis, che ha chiesto dichiararsi il rigetto dei
ricorsi;

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Data Udienza: 20/05/2016

RITENUTO IN FATTO
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1. Con ordinanza emessa in data le/02/2015, depositata ilq~r, il tribunale
di Catania rigettava la richiesta di revoca o sospensione dell’ordine di
demolizione emessa dal P.M. presso il medesimo tribunale in data 15/04/2014,
richiesta presentata nell’interesse di PRIVITERA FRANCESCO e PETRALIA MARIA.

a mezzo del comune difensore fiduciario cassazionista, impugnando la ordinanza
predetta con cui deducono quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deducono, con il primo ed il secondo motivo – che, attesa l’omogeneità dei

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profili di doglianza ad essi sottesa, meritano ‘4~0 congiunta -, il vizio di cui
all’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., sotto il profilo della violazione di legge
e per motivazione illogica e contraddittoria.
In sintesi la censura investe l’impugnata ordinanza in quanto, sostengono i
ricorrenti, era stata eccepita davanti al giudice dell’esecuzione la intervenuta
estinzione della sanzione accessoria della demolizione, atteso che dalla
esecutività della pena principale, cui segue di diritto l’esecutività delle sanzioni
accessorie, erano trascorsi 11 anni senza che la procura della Repubblica avesse
eseguito la detta sanzione; la motivazione del giudice dell’esecuzione, secondo
cui “l’ordine di demolizione resta eseguibile anche nel caso di estinzione del reato
e conserva efficacia sino quando la pubblica amministrazione rimanga inerte”,
sarebbe solo apparente, in quanto il giudice avrebbe errato nell’individuare
esattamente il tema oggetto di doglianza, rappresentato dall’esatta qualificazione
giuridica dell’ordine di demolizione impartito dal giudice penale, ossia se lo
stesso vada inteso come pena accessoria o come sanzione amministrativa; a tal
proposito, i ricorrenti ricordano come la giurisprudenza abbia sempre ritenuto
l’ordine di demolizione in questione come rivestente i caratteri di una sanzione
amministrativa, qualificazione fondata su una concezione formalistica del reato e
delle pene, che tuttavia contrasterebbe con la interpretazione della Corte
europea dei diritti dell’uomo, la quale ha chiarito che per qualificarsi un
provvedimento come penale o amministrativo se ne deve analizzare la sua
sostanza; dopo aver richiamato gli ultimi arresti giurisprudenziali della Corte di
Strasburgo, a partire dalla caso Grande Stevens ed altri c. Italia fino ad
analizzare le ulteriori decisioni (Engel ed altri c. Paesi Bassi, Jussila c. Finlandia
[GC] e Zaicevs c. Lettonia) i ricorrenti ritengono che l’ordine di demolizione, alla

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2. Hanno proposto congiunto ricorso PRIVITERA FRANCESCO e PETRALIA MARIA

luce dell’approccio sostanzialistico della Corte di Strasburgo, andrebbe qualificato
come “pena” ad ogni effetto, essendo in esso presenti tutte le caratteristiche così
come individuate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, e in quanto tale
andrebbe qualificato come “pena” dal giudice nazionale, con conseguente
estinzione ove non portato ad esecuzione nel termine di cinque anni;
troverebbero dunque applicazione le norme di cui al combinato disposto degli

dell’ordine di demolizione, per intervenuta prescrizione quinquennale, il giudice
dell’esecuzione avrebbe dovuto quindi rinviare alla Pubblica Amministrazione
ogni determinazione in ordine ai provvedimenti di demolizione.
Censurabile poi sarebbe la motivazione fornita dal giudice dell’esecuzione
secondo cui “allo stato, non vi sono elementi che consentono di ritenere
incompatibile la permanenza del provvedimento demolitorio”;

osservano i

ricorrenti come la giurisprudenza di questa Corte ha stabilito che l’ordine di
demolizione va revocato allorché gli atti amministrativi si pongono in contrasto e
sono incompatibili con l’ordine di demolizione medesimo; sostengono i ricorrenti,
poi, che la funzione di tutela del territorio che è propria dell’ordine di demolizione
imporrebbe che sia la Pubblica Amministrazione ad effettuare la valutazione in
ordine alla persistenza o meno dell’interesse pubblico alla demolizione; tale
valutazione può sì essere demandata al giudice penale, ma soltanto in via
eccezionale e per un periodo circoscritto di tempo, corrispondente al quinquennio
necessario a far estinguere la pena; nel caso di specie, il giudice avrebbe dovuto
prendere atto della intervenuta estinzione della sanzione, e comunque, laddove
armisim ritenuto non estinguibile per prescrizione detta sanzione, avrebbe
dovuto indagare sulle ragioni del ritardo della Pubblica Amministrazione e sullo
stato della singola pratica, se l’interessato cioè aveva dimostrato di essere nelle
condizioni previste dalle due delibere emesse dal Consiglio comunale di
Biancavilla, e se esistevano ragioni ostative alla dichiarazione del prevalente
interesse pubblico all’acquisizione per cui il ritardo dell’Amministrazione non
trovava giustificazione.

2.2. Deducono, con il terzo ed il quarto motivo – che, attesa l’omogeneità dei
profili di doglianza ad essi sottesa, meritano illustrano congiunta -, il vizio di cui
all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., sotto il profilo della mancanza della
motivazione.
In sintesi la censura investe l’impugnata ordinanza in quanto, sostengono i
ricorrenti, gli stessi avevano chiesto al giudice dell’esecuzione la sospensione
dell’ordine di demolizione, sostenendo che il Consiglio comunale di Biancavilla, in
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articoli 172 e 173 cod. pen.; a seguito della declaratoria di estinzione della pena

base alla sequenza degli atti amministrativi adottati, doveva ritenersi in procinto
di emettere il provvedimento definitivo in ordine all’esistenza o meno dei
prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive; il giudice
dell’esecuzione avrebbe dovuto prendere atto che il Comune di Biancavilla,
anzitutto con la delibera n. 51 del 2001, aveva determinato i criteri per
l’applicazione della demolizione urbanistica, stabilendo che sussiste l’interesse
pubblico all’acquisizione del bene nel caso in cui sussistono determinate

condizioni, disponendo che le relative proposte venissero corredate dalla
documentazione necessaria al fine di dichiarare il successivo riconoscimento
dell’interesse pubblico all’acquisizione del bene; in sostanza, l’autorità
amministrativa non sarebbe rimasta inerte, ma avrebbe ritenuto di effettuare
una valutazione, caso per caso, della possibilità di non demolire il manufatto e di
acquisirlo al patrimonio comunale; con la successiva delibera n. 8 del 2008, il
Comune aveva poi approvato il regolamento per la locazione degli immobili
abusivamente costruiti ed acquisiti al patrimonio comunale sensi dell’articolo 31
del testo unico dell’edilizia; l’Amministrazione comunale, pertanto, aveva
comunicato ai soggetti cui l’opera abusiva è stata acquisita in via provvisoria,
che nel caso in cui si trovassero nelle condizioni stabilite nella delibera consiliare
n. 51, vi era la possibilità di non procedere alla demolizione dell’opera, ma di
acquisirla in via definitiva al patrimonio comunale, e quindi di concederlq loro in
locazione alle condizioni stabilite dal successivo regolamento approvato con la
delibera n. 8; sarebbe dunque evidente che l’ordine di demolizione del Pubblico
ministero si ponga in contrasto con le determinazioni dell’attività amministrativa,
come sarebbe altrettanto ovvio che le pratiche in questione possono essere
trattate dal Consiglio comunale dopo che il soggetto interessato abbia ricevuto la
relativa comunicazione, abbia comunicato la situazione prevista e l’ufficio tecnico
abbia provveduto ad istruire la pratica che poi invierà al Consiglio comunale per
la decisione definitiva. Nel caso di specie dovrebbe dunque ritenersi che l’ufficio
tecnico comunale non abbia ancora preso in esame la pratica relativa agli attuali
ricorrenti, e quindi la stessa non è ancora stata esaminata dal Consiglio
comunale per la decisione definitiva; fino a quando l’iter amministrativo non si
concluderà in maniera definitiva con la delibera consiliare, che, per ogni singolo
caso, accerta che sussiste il prevalente interesse all’acquisizione anziché
decidere sulla demolizione, dovrebbe sempre ritenersi operante il principio
secondo cui l’Autorità giudiziaria deve interferire sono nel caso cui l’Autorità
amministrativa non adotti il provvedimento invocato; il provvedimento di
demolizione messo dal Pubblico ministero si pone pertanto in insanabile
contrasto con la possibilità del Consiglio comunale riconoscere l’esistenza del
4
”)1.(

prevalente interesse pubblico all’acquisizione; il giudice dell’esecuzione avrebbe
dunque dovuto sospendere l’ordine di demolizione in attesa che l’Autorità
amministrativa decidesse in via definitiva sulla acquisizione o meno dell’opera
abusiva al patrimonio comunale, ovvero sospendere l’ordine di demolizione della
Procura fino a quando quest’ultima non avesse messo in mora il Comune in
merito all’esecuzione della demolizione o alla acquisizione; su tale questione, pur
WL ‘
essendo stata sollevata una specifica doglianza, il giudiceTesecuzione non

riferimento alla richiesta sospensione dell’ordine di demolizione; sotto tale
profilo, sostengono i ricorrenti, non potrebbe ritenersi idonea la motivazione del
giudice dell’esecuzione secondo cui

“allo stato non vi sono elementi che

consentono di ritenere incompatibile la permanenza del provvedimento
demolitorio”, motivazione insufficiente per rigettare la richiesta di sospensione
dell’ordine di demolizione, attesa la sostanziale differenza tra la revoca e la
sospensione.

3. Con requisitoria scritta depositata presso la cancelleria di questa Corte in data
18/11/2015, il P.G. presso la S.C. ha chiesto rigettarsi i ricorsi; in particolare,
quanto alle questioni sollevate con i primi due motivi di ricorso, il Procuratore
generale osserva come l’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo – che
ha stigmatizzato il consolidato orientamento in ambito urbanistico di questa
Corte di cassazione -, ha riguardato la confisca conseguente al reato di
lottizzazione abusiva e non l’ordine di demolizione del manufatto abusivo,
sanzione cui si riferisce l’ordinanza impugnata; si tratta dunque di problematica
che non interferisce con l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, che al
contrario viene disposto ai sensi dell’articolo 31, comma nono, del d.p.r. 380 del
2001, solo con una sentenza di condanna; priva di fondamento dunque è la tesi
dei ricorrenti secondo cui l’ordine di demolizione del manufatto abusivo andrebbe
qualificato come sanzione penale.
Per quanto invece concerne le questioni sollevate con il terzo il quarto motivo,
osserva il Procuratore generale come la ritenuta incompatibilità dell’ordine di
demolizione in questione con le delibere consiliari del Comune di Biancavilla,
sarebbe stata correttamente affrontata dal giudice dell’esecuzione, il quale ha
sottolineato come le predette delibere avrebbero fissato solo un indirizzo
generale di politica urbanistica del Comune, senza alcun riferimento specifico
all’immobile abusivo; non ricorrerebbe pertanto la condizione di assoluta
incompatibilità dell’ordine di demolizione con l’atto amministrativo, sola che

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avrebbe motivato, in particolare, senza fornire alcuna motivazione con

legittimerebbe la revoca del provvedimento ablatorio da parte del giudice
dell’esecuzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

S. Ed invero, quanto ai primi due motivi, è pacifico nella giurisprudenza di questa
Corte che in materia di reati concernenti violazioni edilizie, l’ordine di
demolizione del manufatto abusivo non è sottoposto alla disciplina della
prescrizione stabilita dall’art. 173 cod. pen. per le sanzioni penali, avendo natura
di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitive e
con effetti che ricadono sul soggetto che è in rapporto col bene,
indipendentemente dal fatto che questi sia l’autore dell’abuso (Sez. 3, n. 49331
del 10/11/2015 – dep. 15/12/2015, P.M. in proc. Delorier, Rv. 265540 che ha,
peraltro, precisato che tali caratteristiche dell’ordine di demolizione escludono la
sua riconducibilità anche alla nozione convenzionale di “pena” elaborata dalla
giurisprudenza della Corte EDU).

6.

Quanto, poi, ai residui due motivi, pur essendo condivisibile la tesi dei

ricorrenti secondo cui la revoca differisce dalla sospensione dell’ordine di
demolizione (nel senso che il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di revocare
l’ordine di demolizione del manufatto abusivo, ove sopravvengano atti
amministrativi con esso del tutto incompatibili, ed ha, invece, la facoltà di
disporne la sospensione quando sia concretamente prevedibile e probabile
l’emissione, entro breve tempo, di atti amministrativi incompatibili:

ex multis,

Sez. 3, n. 24273 del 24/03/2010 – dep. 24/06/2010, P.G. in proc. Petrone, Rv.
247791), deve tuttavia rilevarsi la correttezza argomentativa dell’ordinanza
impugnata che ha escluso tanto la sussistenza dei presupposti per la revoca
quanto di quelli della sospensione dell’ordine demolitorío prendendo atto, da un
lato, dell’inesistenza di atti amministrativi incompatibili con quest’ultimo e,
dall’altro, della rilevanza delle due delibere comunali citate.

7. Ed invero, si legge nell’ordinanza, la esistenza di prevalenti interessi pubblici
al mantenimento dell’opera, dichiarati con la prescritta formalità della delibera
consiliare, rendono incompatibile la permanenza del provvedimento di
demolizione “solo quando sia accertabile che l’immobile degli istanti rientri nei
presupposti che consentano di ritenere incompatibile la permanenza del
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4. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

provvedimento demolitorio”, aggiungendo, altrettanto correttamente, che non “si
ritiene necessaria la sospensione dello stesso, in attesa di possibili valutazioni
positive da parte dell’amministrazione”.
Trattasi, all’evidenza, di motivazione del tutto corretta. Ed invero, è pacifico nella
giurisprudenza di questa Corte che condizione per la revoca dell’ordine di
demolizione è che quest’ultimo risulti assolutamente incompatibile con atti

diversa destinazione o ne abbiano sanato l’abusività, fermo restando il poteredovere del giudice dell’esecuzione di verificare la legittimità dell’atto concessorio
sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e
dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio
del potere di rilascio (v., tra le tante: Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014 – dep.
18/11/2014, Chisci e altro, Rv. 260972). Quanto alla sospensione del predetto
ordine, la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nel senso di
ritenere che ne è sempre possibile la sospensione quando sia ragionevolmente
prospettabile che, nell’arco di tempi brevissimi, la P.A. adotterà un
provvedimento incompatibile con la demolizione. Ne consegue che non è
sufficiente a neutralizzarlo la possibilità che in tempi lontani e non prevedibili
potranno essere emanati atti amministrativi favorevoli al condannato, in quanto
non è possibile rinviare a tempo indeterminato la tutela degli interessi urbanistici
che l’ordine di demolizione mira a reintegrare (v., tra le tante: Sez. 3, n. 38997
del 26/09/2007 – dep. 23/10/2007, Di Somma, Rv. 237815).
Nel caso di specie, si noti, la stessa prospettazione die ricorrenti è fondata sulle
due delibere emesse dal Consiglio comunale di Biancavilla che, come
correttamente rilevato dal P.G. in sede di requisitoria scritta, evidenzia come le
stesse hanno fissato solo un indirizzo generale di politica urbanistica del
Comune, senza alcun riferimento specifico all’immobile abusivo di cui si discute.
Non può quindi ritenersi contraddittoria o illogica (e nemmeno mancante quanto
alla sospensione) la motivazione del giudice dell’esecuzione, che si è limitato
correttamente a prendere atto dell’inesistenza delle condizioni ostative
all’esecuzione dell’ordine di demolizione, non potendo certo un atto di indirizzo
emesso dall’Amministrazione comunale, avente valenza generale per tutti coloro
che si trovino astrattamente nelle condizioni di poterne beneficiare (e non è stato
nemmeno indicato dai ricorrenti se le condizioni indicate dalla delibera del 2001
siano soddisfatte nel caso che li riguarda), qualificarsi come assolutamente
ostativo al fine di impedire o differire nel tempo l’esecuzione dell’ordine di
demolizione legittimamente emesso, tenuto peraltro conto che si tratta di
provvedimento dell’Amministrazione emessi nel 2001 e nel 2008, sicchè essendo
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amministrativi della competente autorità, che abbiano conferito all’immobile una

trascorsi alla data odierna rispettivamente 15 anni ed 8 anni dalla loro
deliberazione senza che vi sia stata da parte dell’Amministrazione alcuna verifica
delle condizioni riguardanti la specifica posizione dei ricorrenti, difettano ictu
ocu/i le condizioni non solo della revoca ma anche della sospensione dell’ordine,
non essendo sufficiente a neutralizzarlo – come affermato più volte da questa
Core (v. supra) la possibilità che in tempi lontani e non prevedibili potranno

possibile rinviare a tempo indeterminato la tutela degli interessi urbanistici che
l’ordine di demolizione mira a reintegrare.

8. I ricorsi devono, conclusivamente, essere dichiarati inammissibili. Segue, a
norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al
pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria,
di somma che si stima equo fissare, in euro 1500,00 (mille/500) ciascuno.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 20 maggio 2016

essere emanati atti amministrativi favorevoli ai ricorrenti, in quanto non è

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