Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30015 del 20/05/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30015 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– ANGIUS ANNA CHIARA, n. 1/10/1952 a Bari Sardo

avverso l’ordinanza della Corte d’appello di CAGLIARI in data 20/04/2015;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale Dott. P. Fimiani, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità
del ricorso;

Data Udienza: 20/05/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa in data 20/04/2015, depositata in data 23/04/2015, la
Corte d’appello di Cagliari rigettava la richiesta di sospensione dell’ingiunzione al
ripristino dei luoghi SIEP 30139/2014 emessa 1’1/12/2014 dal P.G. presso la
Corte d’appello di Cagliari, richiesta presentata nell’interesse di ANGIUS ANNA
Al.
CHIARA; giova precisare che l’ordinérrimessione in pristino stato segue alla

cagliaritana e divenuta irrevocabile in data 14/10/2014, unicamente per il delitto
paesaggistico di cui all’art. 181, comma 1-bis, d. Igs. n. 42 del 2004 (essendo
stato il reato edilizio ex art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, dichiarato estinto
per prescrizione) avente ad oggetto un manufatto abusivo costituito da un piano
mansarda della superficie di mq. 50 posto nel comune di Bari Sardo, Via S.
Chiara.

2. Ha proposto ricorso ANGIUS ANNA CHIARA a mezzo del difensore fiduciario
cassazionista, impugnando la ordinanza predetta con cui deduce un unico
articolato motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con tale motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc.
pen., sotto il profilo della violazione di legge e per motivazione illogica e
contraddittoria.
In sintesi la censura investe l’impugnata ordinanza in quanto, sostiene la
ricorrente, il giudice dell’esecuzione avrebbe respinto la richiesta di sospensione
dell’ordine di rimessione in pristino stato, in contrasto con gli accertamenti
definiti nelle sentenze di merito, i quali non conterrebbero alcuna statuizione
passata in giudicato quanto all’accertamento riguardante l’asserito aumento di
volumetria o di superfici utili così da rendere illegittima e “disapplicata” la
concessione in sanatoria n. 18 del 2014 unitamente alla Determinazione del
Servizio tutela paesaggio; analizzando la sentenza del tribunale infatti,
emergerebbe che la ragione della condanna non venne fondata sull’accertamento
dell’aumento della volumetria eventualmente dato dall’innalzamento delle mura
perimetrali, ma invece sull’intervenuto e riconosciuto ampliamento delle vedute
prospettiche dal lato della via Santa Chiara che avrebbe necessitato di una
semplice autorizzazione edilizia non inizialmente richiesta, laddove nel giudizio di
primo grado non si era ancora concluso l’iter procedimentale della domanda di
sanatoria già presentata dalla ricorrente; ancora, analizzando la sentenza della

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sentenza di condanna in appello n. 961/2014 emessa dalla medesima Corte

Corte d’appello, emergerebbe come le ragioni della conferma della condanna non
fossero fondate su un ipotizzato aumento della volumetria, ma invece sulla
asserita modifica della sagoma che sarebbe derivata dalla sola variazione in
aumento delle aperture dell’affaccio da cui sarebbe conseguita la qualificazione
dell’intervento come nuova costruzione, così da superare quello della
ristrutturazione edilizia; ne deriverebbe dunque che quel presupposto

preesistenti sentenze irrevocabili cui l’ordinanza impugnata ha basato il rigetto
dell’istanza di sospensione, risulterebbe realtà insussistente ed erroneo, in
quanto appare chiaro che le predette sentenze non fondino la condanna
sull’avvenuto accertamento in termini di certezza dell’aumento del volume, ma
invece sulla circostanza certa e verificata in giudizio derivante dalla modifica
dell’affaccio attraverso la creazione di più ampie vedute rispetto a quelle
esistenti in precedenza; si presenterebbe dunque errata la deduzione svolta
nell’ordinanza secondo cui nessun rilievo avrebbe potuto essere attribuito alla
determinazione paesaggistica del Servizio tutela del paesaggio dell’Unione
Comuni della Ogliastra in vista della concessione n. 18 del 2014, in quanto in
contrasto con l’articolo 167, comma quarto, lettera a) del decreto legislativo n.
42 del 2004, poiché nessun aumento di volume o di superfici utili risulta essere
stato accertato nelle sentenze irrevocabili; il giudice dell’esecuzione pertanto
avrebbe errato nel sostenere come esistente un asserito aumento di volumetria
che mai aveva formato oggetto di giudicato nelle sentenze presupposte; alla luce
di quanto sopra si sostiene non possa neppure avere rilevanza la denominazione
utilizzata dal professionista per qualificare il tipo di intervento (manutenzione
straordinaria o ristrutturazione edilizia), in quanto è evidente che tale possibile
errore non ha comunque impedito agli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni
dì poter verificare appieno la tipologia di opera urbanistica oggetto dell’istanza in
sanatoria.

3. Con requisitoria scritta depositata presso la cancelleria di questa Corte in data
17/09/2015, il P.G. presso la S.C. ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso,
in particolare osservando che la ricorrente pone questioni ormai coperte dal
giudicato, in particolare costituite dalla rilevanza della sanatoria n. 18/2014 già
/
esaminate dalla sentenza d’appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
3

dell’aumento di volumetria o di superficie utile, così come inteso fondare sulle

5.

ei
Ed invero,L infondatezza del ricorso emerge dalla semplice lettura del

provvedimento impugnato, che illustra chiaramente le ragioni della
“disapplicazione” da parte della Corte d’appello della sanatoria medio tempore
rilasciata dal Comune nonché della irrilevanza della determinazione paesaggistica

6. Deve, pertanto, convenirsi con le argomentazioni svolte dal P.G. in sede di
requisitoria, trattandosi di argomentazioni del tutto corrette in diritto, avendo
infatti già affermato questa Corte il principio secondo cui secondo cui la
disapplicazione giurisdizionale della concessione amministrativa in sanatoria
resta ferma, e non può essere modificata dal giudice dell’esecuzione neppure per
motivi non esaminati o non conosciuti dal giudice della cognizione (Sez. 3, n.
750 del 16/02/2000 – dep. 21/04/2000, Gioia G, Rv. 216565).

7. Il ricorso deve, conclusivamente, essere dichiarato inammissibile. Segue, a
norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a
favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di somma che
si stima equo fissare, in euro 1500,00 (mille/500).

8.

Solo per completezza, osserva questa Corte, resta impregiudicata la

questione, da far valere nella competente sede esecutiva (implicando la sua
risoluzione apprezzamenti fattuali incompatibili con la cognizione di legittimità di
questa Corte: Sez. 1, n. 2638 del 11/12/2012 – dep. 17/01/2013, Savoca, Rv.
254561), se e in che termini incida sulla vicenda in esame l’intervenuta
declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 181, comma 1-bis, d. Igs. n. 42
del 2004, reato in relazione al quale, per effetto della sentenza irrevocabile di
condanna della Corte d’appello di Cagliari, è divenuto eseguibile l’ordine di
rimessione in pristino di cui si discute. Ed infatti, come è noto, la Corte
costituzionale, con sentenza 11 gennaio-23 marzo 2016, n. 56 (Gazz. Uff. 30
marzo 2016, n. 13 – Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale del comma 1-bis, nella parte in cui prevede «: a) ricadano su
immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati
dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in
epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree
tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed». Ove l’intervento di cui si discute,
infatti, non rientrasse più nella previsione del comma 1-bis ma in quella del
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rilasciata in data 14/04/2014 in vista della predetta concessione in sanatoria.

comma 1 dell’art. 181, il g.e. dovrebbe procedere alla adozione dei
provvedimenti di cui all’art. 673 cod. proc. pen., ivi compresa la revoca
dell’ordine di demolizione in pristino.
Ne deriva, infatti, che a seguito della predetta declaratoria di incostituzionalità,
continuano a rimanere sanzionati come delitti – e non quali semplici
contravvenzioni ai sensi del comma primo dell’art. 181 citato, per i quali il

comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della
volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della
medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano
comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri
cubi.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 20 maggio 2016

termine di prescrizione è quello quinquennale – i soli interventi edilizi abbiano

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