Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30014 del 25/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30014 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Stefano De Francesco, quale difensore e
procuratore speciale della P.C. Consorzio di Bonifica Ugento e Li Foggi in
persona del suo legale rappresentante Stanco Giuseppantonio (n. il
29/10/1932), avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce, Il sezione
penale, in data 10/12/2012 con la quale veniva assolto Mercurio Pantaleo (n.
il 25.01.1945) dal reato di truffa perchè il fatto non sussiste.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Gianluigi
Pratola, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 25/03/2014

Udito il difensore della P.C. – Consorzio di Bonifica Ugento e Li Foggi in
persona del suo legale rappresentante Stanco Giuseppantonio – Avvocato
Stefano De Francesco, che insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso
e deposita nota spese e conclusioni.
Udito l’Avvocato Federico Lucarelli — difensore di Mercurio Pantaleo — il

OSSERVA:

Con sentenza del 19/07/2011, il Tribunale di Lecce — Sezione
distaccata di Casarano – dichiarò Mercurio Pantaleo responsabile del reato
di truffa aggravata e — con le attenuanti generiche equivalenti alle circostanza
aggravanti – lo condannò alla pena di mesi 6 di reclusione e € 51,00 di multa
oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita P.C. da liquidarsi in
separata sede.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame. La Corte d’appello
di Lecce con sentenza del 10/12/2012, in riforma della sentenza impugnata,
assolse il Mercurio dal reato ascrittogli perché il fatto non sussiste.
Ricorre per cassazione il difensore della P.C. deducendo l’inosservanza
o erronea applicazione dell’art. 640 del c.p. e la mancanza, contraddittorietà
e illogicità della motivazione. Rileva, in proposito, che nella stessa sentenza
si dà atto che l’imputato — in quanto dirigente — non aveva l’obbligo di
timbrare il cartellino, ma che lo stesso in forza del contratto doveva garantire
22 giorni di lavoro (avendo egli optato per la settimana corta) e che la sua
retribuzione era collegata alla presenza in servizio. Quindi quando il Mercurio
non si recava al lavoro aveva l’obbligo di avvertire il Consorzio affinchè gli
fosse ridotta la retribuzione. Rileva, poi, che il Presidente del Consorzio a
fronte di prospettate richieste di congedo o aspettativa da parte dell’imputato
— che però non le aveva, poi, presentate — gli faceva presente che egli
doveva assolvere alle sue funzioni finchè egli non avesse richiesto
effettivamente il congedo o l’aspettativa. Il difensore della P.C. rileva, infine,
che al contrario di quanto sostenuto dalla Corte di appello nel caso di truffa
non si deve provare che l’ente abbia subito un nocumento dal punto di vista
funzionale, ma che lo stesso abbia corrisposto una retribuzione non dovuta

quale insiste per il rigetto del ricorso.

per mancato espletamento del servizio. Nel caso di specie si è dimostrato —
come ammette la stessa Corte territoriale — che l’imputato per ben 50 giorni
si trovava a Roma (per espletare la funzione di Presidente dei dottori
agronomi e forestali) e quindi vi è la prova della sua assenza ingiustificata dal
posto di lavoro.
La difesa della P.C. conclude, quindi, chiedendo l’annullamento
dell’impugnata sentenza.

In data 14.03.2014 l’Avvocato Federico Lucarelli — difensore di Mercurio
Pantaleo — deposita memoria difensiva con la quale preliminarmente rileva
che il ricorso della P.C. è inammissibile essendo Mercurio Pantaleo deceduto
in data 07.01.2013; rileva, poi, l’inammissibilità del ricorso anche perché le
doglianze sono generiche e investono solo il fatto.

motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.
Infatti questa Corte ha più volte affermato il principio — condiviso dal
Collegio — che il ricorso per cassazione proposto dal Pubblico Ministero
avverso una sentenza di assoluzione, qualora l’imputato nelle more sia
deceduto, è inammissibile non potendosi instaurare il contraddittorio tra le
parti, con conseguente sopravvenuta carenza di legittimazione al gravame,
così come è inammissibile il ricorso proposto avverso una suddetta sentenza
dalla parte civile per i soli effetti civili, atteso che, essendo l’azione civile
inserita nel processo penale, non possono trovare applicazione le regole
processualcivilistiche che disciplinano la fattispecie ed, in particolare, quelle
relative alla sospensione del processo (Sez. 6, Sentenza n. 27309 del
03/06/2010 Ud. – dep. 14/07/2010 – Rv. 247782). Tutte le altre doglianze
sono, ovviamente, assorbite da quanto sopra.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali; non ricorrono le condizioni
per la condanna del ricorrente anche al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una determinata somma dato che la causa di
inammissibilità non dipende dal lui. Non si procede alla liquidazione delle
spese sostenute dalla P.C. perché vi è soccombenza.

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PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Così deliberato in Roma, il 25.03.2014.

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