Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30014 del 17/05/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30014 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Alzate Ahumuda Maria Ana Felix, nata a Villavicencio (Colombia) il 14/11/1957
avverso la sentenza del 3/11/2009 della Corte d’appello di Napoli
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
letta la requisitoria depositata dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Alfredo Pompeo Viola, che ha concluso chiedendo di
dichiarare inammissibile la richiesta.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3 novembre 2009, divenuta irrevocabile nei confronti di
Alzate Ahumada Maria Ana Felix il 10 febbraio 2010, la Corte d’appello di Napoli
ha confermato la condanna della stessa alla pena di anni otto di reclusione ed
euro 30.000 di multa, pronunziata dal Tribunale di Napoli con sentenza del 23
maggio 2007 per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90.

2. Nei confronti di tale sentenza Alzate Ahumada Maria Ana Felix ha
proposto ricorso per la rescissione del giudicato, ai sensi dell’art. 625 ter cod.
proc. pen., esponendo di non aver avuto alcuna notizia del procedimento
conclusosi con tale condanna fino al suo arresto, avvenuto il 5 febbraio 2015, in
esecuzione di ordine di carcerazione emesso dal Pubblico Ministero, essendosi

Data Udienza: 17/05/2016

allontanata dall’Italia nel 2000 senza più farvi ritorno, se non occasionalmente
per visitare la tomba del figlio, che si trova a Serravalle Scrivia, non avendo
avuto alcuna notizia del processo, né avvisi di alcun genere.
Ha pertanto domandato la rescissione del giudicato relativamente a detta
sentenza e la rimessione degli atti al Tribunale di Napoli, per la celebrazione del
giudizio di primo grado.

3. Il Procuratore Generale nella sua requisitoria scritta ha concluso per la

stata giudicata in contumacia e la sentenza di condanna emessa nei suoi
confronti era divenuta definitiva il 10 febbraio 2010, con la conseguenza che
avrebbe dovuto applicarsi la disciplina antecedente alla I. 67/2014, e dunque la
disciplina della restituzione nel termine per proporre impugnazione di cui all’art.
175, comma 2, cod. proc. pen., con la conseguente inammissibilità dell’istanza,
proposta in relazione ad una previsione, quella dell’art. 625 ter cod. proc. pen.,
introdotta nell’ordinamento dall’art. 11, comma 5, I. 67/14, entrato in vigore il
17 maggio 2014.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.

La richiesta di rescissione del giudicato è stata proposta in relazione a
sentenza divenuta definitiva nei confronti della ricorrente il 10 febbraio 2010, nei
confronti della quale, dunque, non poteva essere formulata l’istanza di cui all’art.
625 ter cod. proc. pen., in quanto l’istituto della rescissione del giudicato, di cui
alla disposizione citata, si applica solo ai procedimenti nei quali è stata dichiarata
l’assenza dell’imputato a norma dell’art. 420 bis cod. proc. pen., come modificato
dalla legge 28 aprile 2014, n. 67, mentre, ai procedimenti contumaciali definiti
secondo la normativa antecedente alla entrata in vigore della legge indicata,
continua ad applicarsi la disciplina della restituzione nel termine per proporre
impugnazione dettata dall’art. 175, comma secondo, cod. proc. pen. nel testo
previgente (Sez. U, n. 36848 del 17/07/2014, Burba, Rv. 259992; conf. Sez. 3,
n. 19006 del 14/01/2015, Lazar, Rv. 263510, che ha anche ribadito che una tale
richiesta, come tale inammissibile, non può neppure essere convertita in istanza
volta ad ottenere la restituzione nel termine per proporre impugnazione o in
incidente di esecuzione, trattandosi di istituti che implicano presupposti e
conseguenze giuridiche diversi; conf. Sez. 1, n. 23426 del 15/04/2015, Lahrach,
Rv. 263794).

2

dichiarazione di inammissibilità del ricorso, evidenziando che la ricorrente era

Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e, in osservanza
della generale disposizione dell’art. 616 cod. proc. pen., comma 1, considerata
“la natura di mezzo di impugnazione straordinario della richiesta”, la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali (cfr. Sez. U., Burba, cit.,
non massimata sul punto, la quale fa, tuttavia, riferimento alla diversa
disposizione dell’art. 592 cod. proc. pen.), nonché – valutato il contenuto dei
motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della
impugnazione – la ulteriore condanna della medesima parte privata al

determina, nella misura congrua ed equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17/5/2016

versamento, a favore della cassa delle ammende, della somma, che la Corte

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