Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30013 del 25/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30013 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANTONI MARIA CRISTINA N. IL 19/09/1967
avverso la sentenza n. 1714/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
25/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Cr
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 25/03/2014

(…Q.44.C4/1:Q44

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17:1-1;

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma – per
quanto in relazione all’odierno ricorso rileva -, in riforma della sentenza
emessa dal Tribunale della stessa città in data 7 giugno 2010, ha dichiarato
non doversi procedere nei confronti di MARIA CRISTINA SANTONI in ordine al
delitto associativo di cui al capo A) perché estinto per prescrizione.
Contro tale provvedimento, l’imputata (con l’ausilio di un difensore iscritto

seguente motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – violazione dell’art. 606, lett. E), c.p.p., per avere la sentenza impugnata
solo apparentemente motivato in ordine alla sussistenza del delitto associativo
ed alla qualifica rivestita all’interno del sodalizio dall’imputata.
All’odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di
rito; all’esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa
Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo
in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è integralmente inammissibile per genericità e/o manifesta
infondatezza.
1. Deve premettersi che le Sezioni Unite di questa Corte Suprema (Sez.
Un., sentenza n. 35490 del 28 maggio 2009, Tettamanti, CED Cass. n.
244273 s.) hanno esaminato il problema dell’ambito del sindacato, in sede di
legittimità, sui vizi della motivazione, in presenza di cause di estinzione del
reato, del quale avevano già avuto modo di occuparsi in passato (avevano,
infatti, affermato che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non
sono rilevabili in sede di legittimità i vizi di motivazione della sentenza
impugnata, in quanto l’inevitabile rinvio della causa al giudice di merito dopo
la pronunzia di annullamento risulterebbe comunque incompatibile con
l’obbligo della immediata declaratoria di proscioglimento per intervenuta
estinzione del reato: Sez. un., sentenza n. 1653 del 21 ottobre 1992, dep. 22
febbraio 1993, Marino ed altri, CED Cass. n. 192471).

nell’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo il

In linea con l’orientamento assolutamente prevalente nella giurisprudenza
intervenuta successivamente sulla questione (Sez. V, sentenza n. 7718 del 24
giugno 1996, CED Cass. n. 205548; Sez. IV, sentenza n. 14450 del 19 marzo
2009, CED Cass. n. 244001), il principio è stato ribadito (sostanzialmente nei
medesimi termini, come è confermato dalle quasi speculari massime estratte
dalle due decisioni delle Sezioni Unite) anche dalla sentenza Tettamanti, a
parere della quale la Corte di cassazione, ove rilevi la sussistenza di una causa
di estinzione del reato, non può rilevare eventuali vizi di legittimità della

giudizio di rinvio il giudice sarebbe comunque obbligato a rilevare
immediatamente la sussistenza della predetta cause di estinzione del reato,
ed alla conseguente declaratoria.
Il principio opera anche in presenza di mere cause di nullità di ordine
generale, assolute ed insanabili, identica essendo la

ratio,

fondata

sull’incompatibilità del rinvio per nuovo giudizio di merito con li principio
dell’immediata applicabilità della causa estintiva.
A conclusioni diverse dovrebbe giungersi nel solo caso in cui l’operatività
della causa di estinzione del reato presupponga specifici accertamenti e
valutazioni riservati al giudice di merito, nei qual caso assumerebbe rilievo
pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del
relativo giudizio.
2. Ciò premesso, il motivo primo è, in considerazione dei rilievi appena
svolti nel § 1 di queste Considerazioni in diritto, non consentito, e comunque
manifestamente infondato, poiché la Corte di appello (f. 5), con rilievi
esaurienti, logici, non contraddittori, e pertanto incensurabili in questa sede,
con i quali ricorrente non si confronta con la necessaria specificità,
limitandosi a reiterare più o meno pedissequamente censure già costituenti
oggetto di appello, e già motivatamente ritenute infondate, ha compiutamente
ricostruito le vicende de quibus ed indicato gli elementi posti a fondamento
dell’affermazione di responsabilità, valorizzando, in particolare, in accordo con
la sentenza di primo grado, come è fisiologico in casi del tipo di quello in
esame, la reiterata commissione per apprezzabile lasso di tempo (circa un
biennio) di condotte delittuose di falso e truffa,

«secondo un identico

schema paradigmatico e col concorso degli stessi soggetti ciascuno dei quali
svolse uno specifico compito ed assolse specifiche funzioni», a riprova della
costituzione di «un fenomeno associativo stabile volto alla perpetrazione di
una indeterminata pluralità di delitti di falso e truffa in relazione a ciascuno

2

motivazione della decisione impugnata, poiché nel corso del successivo

dei quali ognuno degli imputati aveva una propria specifica funzione
concorrente alla perpetrazione».
A tali rilievi, la ricorrente non ha opposto alcunché di decisivo, se non
generiche ed improponibili doglianze, fondate su una personale e congetturale
rivisitazione dei fatti di causa, senza documentare eventuali travisamenti nei
modi di rito, tentando di “atomizzare” gli elementi probatori raccolti nel corso
delle indagini preliminari e valorizzati dalla Corte di appello, i quali, al
contrario, consentono di ritenere accertata la commissione da parte

l’impossibilità, agli effetti penali, di una più favorevole formula di
proscioglimento per motivi di merito, e quindi la conferma delle già disposte
statuizioni civili.

2.1. Tuttavia, se anche in ipotesi dovessero condividersi i rilievi della

ricorrente, e dovessero effettivamente ritenersi sussistenti i dedotti vizi di
motivazione, l’intervenuta prescrizione – cui la ricorrente non risulta aver
rinunziato – precluderebbe comunque la possibilità di deliberare il
consequenziale annullamento con rinvio della decisione impugnata.

3. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna delearicorrente al pagamento delle spese
processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi chedittia
proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità per colpa (Corte
cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto dell’entità di detta
colpa – della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo
di sanzione pecuniaria.

3.1.<12,ricorrente va anche condannatq, alla rifusione in favore delle par .ti......4-civili MEDIOLANUM Assicurazioni s.p.a. e MILANO ASSICURAZIONI s.p.a. delle spese dalle stesse sostenute in questo grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione in favore delle parti civili MEDIOLANUM Assicurazioni s.p.a. e MILANO ASSICURAZIONI s.p.a. delle spese dalle stesse sostenute in 3 dell'imputata del reato contestato, il che conseguentemente comporta questo grado di giudizio, liquidate in complessivi euro duemilacinquecento, oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, udienza pubblica 25 marzo 2014 te Il Consig ere estensore

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