Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30009 del 08/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30009 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: DI NICOLA VITO

sul ricorso proposto da:
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COMUNE DI SPERLONGA

avverso l’ordinanza del 08/10/2015 del TRIB. LIBERTA’ di LATINA
sentita la relazione svolta dal Consigliere VITO DI NICOLA;
lette/s9pttite le conclusioni del PG
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a, unz,-;

02.,a,44.4

DEPOSITATA IN CANCELLERIA

• Uditi difensor Avv.;

ott< "1.44~ Data Udienza: 08/04/2016 RITENUTO IN FATTO 1. Il Comune di Sperlonga, in persona del sindaco pro tempore, ricorre per cassazione impugnando l'ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale del riesame di Latina, in sede di appello cautelare, ha dichiarato inammissibile l'appello relativo al rigetto dell'istanza volta ad ottenere la nomina del custode e l'autorizzazione all'esecuzione delle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria ed ha rigettato l'appello relativo al rigetto dell'istanza volta ad 2. Per la cassazione dell'impugnata ordinanza, il ricorrente, tramite il difensore, articola i quattro motivi di impugnazione, qui enunciati, ai sensi dell'articolo 173 disposizione di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione del principio di corrispondenza tra istanza e soggetto cui essa è stata attribuita (articolo 606, comma 1, lettera c), codice di procedura penale). Assume che il tribunale ha attribuito al sindaco del Comune di Sperlonga, proprietario del bene sottoposto a cautela reale, la qualità di indagato, nonostante il ricorrente avesse agito nella dichiarata veste di sindaco facente funzioni del Comune di Sperlonga, con la conseguenza che andrebbe ripristinata la corretta individuazione del soggetto proponente l'appello cautelare, ossia il Comune di Sperlonga nella persona del sindaco facente funzioni. 2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli articoli 322 bis e 310 del codice di procedura penale nonché la violazione del termine perentorio stabilito dall'articolo 310 stesso codice, come richiamato dal secondo comma dell'articolo 322 bis (articolo 606, comma 1, lettere c) ed e), codice di procedura penale). Rileva come sia stato violato il termine perentorio di 30 giorni per il deposito dell'ordinanza decisoria del proposto appello cautelare, atteso che l'articolo 322 bis del codice di procedura penale richiama il secondo comma dell'articolo 310 stesso codice che a sua volta rinvia alle disposizioni di cui all'articolo 309, commi 1,2, 3,4, e 7. 2.3. Con il terzo motivo si duole della violazione della falsa applicazione dell'articolo 603, comma 3, codice di procedura penale in materia di definizione del procedimento de plano e della violazione nonché della falsa applicazione dell'articolo 666, comma 4, stesso codice, norma che disciplina una questione oggettivamente diversa (articolo 606, comma 1, lettere c) ed e), codice di procedura penale). ottenere l'autorizzazione all'uso dei parcheggi in sequestro. Afferma che la motivazione dell'impugnata ordinanza fonda su una non corretta disamina del procedimento all'esito del quale è stato emanato il contestato decreto del gip in data 21 luglio 2015. Infatti il tribunale avrebbe omesso di considerare che il procedimento de quo è stato avviato dall'avente diritto (sindaco del Comune di Sperlonga) e che pertanto il pubblico ministero veniva richiesto con l'istanza del 17 luglio 2015 di provvedere in ordine ai punti 2 e 3 dell'istanza stessa e ciò avrebbe comportato che il pubblico ministero, anziché esprimere il parere previsto dall'articolo 321, comma 3, del codice di indagini preliminari, ha respinto tout court l'istanza, ritrasmettendo comunque gli atti al gip, che con decreto del 21 luglio 2015 rigettava la domanda abilitando perciò l'interessato ad impugnare il provvedimento con l'appello cautelare. Ne consegue che l'ordinanza impugnata risulta palesemente errata per non aver considerato che, una volta che il gip, con il richiamato decreto del 21 luglio 2015 aveva respinto l'istanza depositata il 17 luglio 2015, l'unico rimedio consentito era costituito dall'appello ex articolo 322 bis. In ogni caso, l'ordinanza risulta ulteriormente erronea nella parte in cui afferma che tali questioni "devono essere proposte al giudice dell'esecuzione ai sensi dell'articolo 666, comma 4, codice di procedura penale"; con tale motivazione il tribunale cautelare ha omesso di considerare che nel tribunale di Latina le funzioni di giudice dell'esecuzione sono svolte da uno dei giudici assegnate all'ufficio Gip/Gup. 2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente eccepisce la violazione dell'articolo 666, comma 3, codice di procedura penale alla luce della formale istanza depositata presso la Procura della Repubblica di Latina il 17 luglio 2015 (articolo 606, comma 1, lettere c) ed e) codice di procedura penale). Sostiene che, sotto un ulteriore profilo, sarebbe censurabile l'affermazione del tribunale cautelare circa la correttezza dell'impugnato decreto del gip "anche sotto il profilo sostanziale attesa la genericità dell'istanza stessa, che non conteneva la descrizione delle opere straordinarie da autorizzare", senza considerare che nell'istanza era richiesta l'immediata messa a disposizione, o quantomeno l'autorizzazione all'uso, dei due siti destinati a parcheggio in favore dell'amministrazione comunale affinché essa potesse continuare a percepire i proventi derivanti dall'uso dei parcheggi nonché l'immediata autorizzazione in favore dell'amministrazione e dei suoi addetti alle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria dei due parcheggi. Errata sarebbe anche la motivazione circa il fatto che con l'autorizzazione dell'istanza si sarebbe creata una sostanziale modifica del vincolo cautelare, richiesta inammissibile in tale sede, avendo dovuto il tribunale considerare come fosse stato comunque violato l'articolo 666, commi 3 e 4, del codice di procedura penale stante l'omessa fissazione degli adempimenti di cui agli articoli 666, 2 procedura penale, conseguentemente trasmettendo gli atti al giudice per le comma 3, 127 del codice di procedura penale, con la conseguenza che l'impugnata ordinanza di rigetto dell'appello cautelare sarebbe nulla per violazione degli articoli 666, commi 3 e 4, 127 e 179 del codice di procedura penale. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato. una errata qualifica soggettiva (indagato anziché mero istante interessato ai beni in sequestro e alle modalità esecutive del provvedimento in corso di esecuzione) che gli è stata attribuita nel corpo del provvedimento impugnato, senza però che da tale corretta qualifica possano scaturire conseguenze giuridiche favorevoli nei suoi confronti in relazione alla domanda proposta. Egli quindi manca di interesse a sollevare la doglianza perché anche con riferimento alle singole censure l'interesse deve essere pratico, concreto e attuale, e va valutato in relazione al pregiudizio che il provvedimento è idoneo a determinare nella sfera giuridica dell'impugnante, il quale potrà chiedere, a condizioni esatte, la correzione dell'errore materiale, atteso che in sostanza di ciò si tratta. 3. Il secondo motivo è parimenti inammissibile per manifesta infondatezza. Più volte ed anche recentemente, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in materia di appello avverso ordinanze su misure cautelari reali, i termini in cui si articola il procedimento non sono perentori, atteso che l'art. 310 cod. proc. pen., cui fa riferimento l'art. 322-bis cod. proc. pen., non richiama il disposto del quinto, nono e decimo comma dell'art. 309 cod. proc. pen.; pertanto, la mancata trasmissione degli atti da parte dell'autorità giudiziaria procedente entro il giorno successivo alla richiesta, o la mancata decisione da parte del Tribunale entro venti giorni dalla ricezione degli atti, non comportano la perdita di efficacia del provvedimento cautelare (per tutte, Sez. 3, n. 44013 del 24/09/2015, Buccigrossi, Rv. 265073). 4. Il terzo ed il quarto motivo, essendo tra loro collegati possono essere congiuntamente esaminati. Essi sono infondati. 4.1. Il Tribunale ha osservato che il gip aveva rigettato l'istanza avanzata nell'interesse del ricorrente volta ad ottenere l'immediata nomina di un custode, non essendo stato tale adempimento formalizzato all'atto di esecuzione del decreto di sequestro preventivo ed aveva anche rigettato l'istanza con la quale si chiedeva l'immediata messa a disposizione o quantomeno l'autorizzazione 3 2. Il primo motivo è inammissibile perché, con esso, il ricorrente si duole di all'uso, dei due siti destinati a parcheggio in favore dell'amministrazione comunale, sicché questa potesse continuare a percepire i proventi derivanti dall'uso dei parcheggi e, infine, aveva rigettato la richiesta concernente l'immediata autorizzazione in favore dell'amministrazione e dei suoi addetti alle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria relativa ai due parcheggi. In particolare, il Gip aveva rilevato come le modalità di esecuzione delle misure cautelari reali rientrassero nella competenza esclusiva del pubblico ministero affermando di non dover comunque provvedere; aveva rilevato inoltre che, rigettata atteso che l'autorizzazione all'uso di un bene sottoposto a sequestro preventivo avrebbe vanificato completamente le esigenze cautelari, ancora permanenti, sottese alla misura non essendo stati peraltro rappresentati elementi nuovi ed idonei a modificare il quadro già valutato con il provvedimento di sequestro. Alle doglianze formulate dal ricorrente, il tribunale cautelare ha risposto nel senso che quelle relative alla omessa nomina del custode fossero inammissibili per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che in data antecedente all'udienza dell'8 ottobre 2015 era stato nominato il custode dei beni in sequestro, come dichiarato a verbale dallo stesso difensore del ricorrente. Anche le doglianze concernenti la declaratoria di inammissibilità o di rigetto effettuate de plano della richiesta di autorizzazione in favore dell'amministrazione e dei suoi addetti alle opere di manutenzione ordinaria e straordinaria relativi ai due parcheggi sono state dichiarate inammissibili essendo stato rilevato come, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di sequestro preventivo, la disposizione di cui all'articolo 322 bis del codice di procedura penale, che prevede la generale inappellabilità delle ordinanze adottate in materia, non trova applicazione per quei provvedimenti che non attengono all'applicazione o alla modifica del vincolo cautelare ma solo alle modalità esecutive ed attuative della misura, ossia quei provvedimenti di natura sostanzialmente amministrativa che intervengono nella fase di esecuzione della misura e che si concretizzano in provvedimenti di autorizzazione al compimento gli atti giuridici di natura privatistica concernenti le vicende e la gestione ordinaria dei beni sequestrati sottoposti ad amministrazione ovvero della nomina a custode. I provvedimenti in questione, sia che siano stati adottati dal pubblico ministero e sia che siano stati resi dal gip, non sono dunque impugnabili davanti al giudice dell'appello cautelare ai sensi dell'articolo 322 bis del codice di procedura penale, ma le questioni che ad essi si riferiscono devono essere proposte al giudice dell'esecuzione ai sensi dell'articolo 666, comma 4, del codice di procedura penale. 4 anche a voler quantificare l'istanza come una sostanziale richiesta, essa andasse Pertanto, nel caso di specie, il tribunale ha precisato che non è mai stata attivata dall'istante la procedura dell'incidente di esecuzione innanzi al giudice competente, con la conseguenza che non poteva ritenersi che tale procedura fosse stata attivata mediante la proposizione al Gip dell'istanza rigettata con provvedimento impugnato con l'appello cautelare atteso che detta istanza, peraltro proposta contestualmente ad altra di identico contenuto avanzata al pubblico ministero, era stata formulata, sia sotto il profilo formale che sostanziale, come istanza nuova ed autonoma e non come istanza volta a corretta la procedura decisoria adottata dal gip il quale, non avendo alcun elemento né formale né sostanziale per qualificare l'istanza come incidente di esecuzione, correttamente ha proceduto de plano senza seguire la procedura di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale. Il ricorrente avrebbe dunque dovuto dolersi del provvedimento di rigetto del pubblico ministero attivando la procedura dell'incidente di esecuzione ma non certo con un mezzo di impugnazione non previsto per i casi di specie e rappresentato dall'appello cautelare. Il tribunale ha affermato che comunque inammissibilità dell'appello cautelare non precludeva alla parte di attivare in ogni tempo la procedura dell'incidente di esecuzione aggiungendo che i provvedimenti del gip di inammissibilità e di rigetto dell'istanza volta ad ottenere l'autorizzazione alla manutenzione ordinaria erano comunque corretti anche sotto il profilo sostanziale, attesa la genericità dell'istanza stessa che non conteneva alcuna indicazione delle opere straordinarie da autorizzare. Quanto invece al rigetto della richiesta volta ad ottenere l'immediata messa a disposizione o quantomeno l'autorizzazione all'uso dei due siti destinati a parcheggio in favore dell'amministrazione comunale, l'appello è stato dichiarato ammissibile atteso che, per tale profilo, il provvedimento impugnato concerneva una richiesta di sostanziale modifica del vincolo cautelare. Tuttavia la doglianza è stata ritenuta infondata nel merito sul rilievo che la motivazione del primo giudice doveva ritenersi puntuale ed esaustiva atteso che, in tema di reati edilizi (nella specie lottizzazione abusiva), l'autorizzazione all'uso di un bene immobile sottoposto a sequestro impeditivo, determinando un aggravio del carico urbanistico, è incompatibile con l'esigenza cautelare di evitare l'aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato. Peraltro la necessità, segnalata dalla difesa che il demanio comunale fosse mantenuto in stato di efficienza per evitare che il degrado potesse cagionare danni agli utenti, poteva e doveva essere assicurata dal custode che nelle more 04u id".11. era stato nominato, non potendo in alcun modo tale esigenza 44-i—ve.rAsape. »e:autorizzazione all'uso del bene. 5 censurare un precedente diniego del pubblico ministero sicché doveva ritenersi 4.2. Nel pervenire a tali conclusioni, il Tribunale si è attenuto ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità secondo i quali il giudice della cognizione non può autorizzare l'uso residenziale di un bene sottoposto a sequestro preventivo cosiddetto impeditivo, essendo il potere di determinare le modalità di esecuzione di una misura cautelare reale di competenza esclusiva del pubblico ministero, potendo, in materia, il giudice intervenire solo se adito con incidente di esecuzione e all'esito di procedimento rispettoso delle forme prescritte dall'art. 666 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 16689 del 26/02/2014, Né rileva, con tutta evidenza, che il giudice per le indagini preliminari sia anche giudice dell'esecuzione dei provvedimenti dallo stesso deliberati, perché ciò che conta è la funzione che il giudice è chiamato ad esercitare sulla base della domanda. Tale funzione (o funzioni) è esercitata in relazione alle fasi nelle quali il giudice è richiesto di intervenire, nel rispetto delle forme procedurali, e che segnano le sue attribuzioni, le quali differiscono da fase a fase. E' certo (e non contestato) che il ricorrente non ha mai adito il giudice per le indagini preliminari in funzione di giudice dell'esecuzione di un determinato provvedimento, sicché non può poi dolersi se, attivando una procedura errata, è stato sanzionato con l'inammissibilità. Né può attivare un mezzo di impugnazione non previsto, pretendendo il controllo di un provvedimento che non sia oggettivamente impugnabile, e denunziare la violazione di norme di legge riferite ad una procedura dallo stesso mai innescata. 4.3. Anche nella parte in cui il gravame cautelare è stato ritenuto consentito il Tribunale si è attenuto ai principi affermati dalla Corte di cassazione essendo pacifico che, in tema di reati edilizi, l'esigenza cautelare di evitare l'aggravamento del carico urbanistico è incompatibile con l'autorizzazione all'uso del bene sequestrato (Sez. 3, n. 825 del 04/12/2008, dep. 2009, Violante, Rv. 242156). 5. Da ciò deriva il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Comune di Sperlonga in persona del sindaco pro-tempore al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 08/04/2016 Squillaci, Rv. 259541).

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