Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29998 del 17/05/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29998 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

14 L Ug
IL

sul ricorso proposto da
Jorgji Denis, nato in Albania il 11/06/1983

n

Lu

It, i IRE
M iAllifIla.;

V

avverso la sentenza del 13/07/2015 della Corte d’appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13 luglio 2015, la Corte d’appello di Milano, in parziale
riforma della sentenza del Tribunale di Milano con la quale Jorgji Denis era stato
condannato per il reato di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309,
ha ridotto la pena inflitta a mesi otto di reclusione e € 2000 di multa, a seguito
della mutata cornice normativa per effetto del d.l. 23 dicembre 2013 n. 146,
convertito nella legge 10 febbraio 2014, n. 46 e d.l. 20 marzo 2014 n. 36
convertito con modificazione dalla legge 16 maggio 2014, n. 79.

Data Udienza: 17/05/2016

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso Jorgji Denis Nkechi, a mezzo
del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo, con un unico
motivo, la violazione di legge penale e il vizio di motivazione di cui all’art. 606
comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. Deduce il ricorrente che la Corte d’appello
avrebbe erroneamente ritenuto il reato di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, escludendo l’uso di gruppo con motivazione in contrasto
con il dato probatorio, in quando l’uso di gruppo dello stupefacente detenuto dal
ricorrente trovava confermata dalla deposizione testimoniale dell’acquirente

che la corte territoriale avrebbe erroneamente valutato.
3.

In udienza, il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di

inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile avendo la Corte d’appello fatto buon governo
dei principi affermati dalla Corte di cassazione in tema.
Secondo l’orientamento che si è consolidato a partire dalle S.U. n. 24501
del 31/01/2013, Rv. 255258) anche all’esito delle modifiche apportate dalla
legge 21 febbraio 2006, n. 49 all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, il c.d.
consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, sia nell’ipotesi di acquisto
congiunto, che in quella di mandato all’acquisto collettivo ad uno dei
consumatori, non è penalmente rilevante, ma integra l’illecito amministrativo
sanzionato dall’art. 75 stesso d.P.R., a condizione che: a) l’acquirente sia uno
degli assuntori; b) l’acquisto avvenga sin dall’inizio per conto degli altri
componenti del gruppo; c) sia certa sin dall’inizio l’identità dei mandanti e la loro
manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi,
contribuendo anche finanziariamente all’acquisto. In motivazione, la Suprema
Corte ha precisato che con il riferimento all’uso “esclusivamente personale”,
inserito dall’art. 4-bis del D.L. n. 272 del 2005, conv. in legge n. 49 del 2006, il
legislatore ha inteso restringere l’area dei comportamenti rientranti nell’uso
personale sanzionato in via amministrativa ai quelli esclusivamente personali
restando fuori l’uso “promiscuo”, sicchè la non punibilità riguarda solo i casi in
cui la sostanza non è destinata a terzi, ma all’utilizzo personale degli
appartenenti al gruppo che la co-detengono.
A fronte dell’incotestato acquisto e cessione da parte del ricorrente, la
Corte d’appello ha correttamente escluso l’ipotesi dell’uso di gruppo
argomentando che la tesi difensiva si era risolta in una circostanza meramente
affermativa (pag. 10) non avendo il Nicosia mai riferito il preteso uso di gruppo.
Ora il ricorrente contesta la decisione introducendo, surrettiziamente e
2

Nicosia, come risultante dalle trascrizioni della sua deposizione nel dibattimento

nuovamente, il dedotto uso di gruppo mediante richiamo al verbale di
dichiarazioni del Nicosia, rispetto al quale – peraltro- è lo stesso ricorrente ad
escludere la sussistenza del presupposto del mandato all’acquisto, laddove
afferma che il Nicosia ,
circostanza dalla quale indubitabilmente non può trarsi la prova del mandato
all’acquisito e che, unitamente alle richiamate intercettazioni telefoniche ( pag.
3-4 sentenza di primo grado) dimostrative della continua attività di spaccio,

6. La Corte d’appello ha rivisitato il trattamento sanzionatorio in applicazione
della modifica legislativa della pena edittale per le ipotesi di reato sussumibili
nella fattispecie astratta di cui al d.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5 per
effetto della modifica ad opera del decreto 20 marzo 2014, n. 36, convertito con
modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, che è intervenuta sull’impianto
sanzionatorio dell’art. 73, comma 5 riducendo le pene (reclusione da sei mesi a
quattro anni e multa da euro 1.032,00 a euro 10.329,00, in luogo della
reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000,00 a euro
26.000,00). Tale norma più favorevole è stata già applicata dalla Corte d’appello.

7. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data
del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di € 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17/05/2016

escludono il dedotto profilo di violazione di legge e vizio di motivazione.

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