Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29996 del 17/05/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29996 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: GAI EMANUELA

SENTENZA

14 E.):J6 7t016

sul ricorso proposto da
Lo Piccolo Nicola, nato a Palermo il 15/09/1962

avverso la sentenza del 10/07/2014 della Corte d’appello di Venezia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emanuela Gai;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ciro
Angelillis, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. A. Sanguin, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10 luglio 2014, la Corte d’appello di Venezia ha
confermato la sentenza del Tribunale di Padova, sez. dist. di Este, con la quale
Nicola Lo Piccolo era stato condannato per il reato di cui all’art. 515 cod.pen. alle
pene di legge, al risarcimento del danno morale cagionato alla parte civile, con la
concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinata

Data Udienza: 17/05/2016

al pagamento della somma determinata a titolo di risarcimento del danno, fatto
commesso in Este, il 15 aprile 2000.
In particolare, il giudice di secondo grado ha rilevato che il Tribunale era
pervenuto all’affermazione della responsabilità per il reato di cui all’art. 515
cod.pen. in ragione di solidi elementi di prova. I fatti erano stati ricostruiti
attraverso le deposizioni testimoniali della parte civile, del di lei coniuge, i quali,
interessati all’acquisito di un’autovettura di rappresentanza, si erano rivolti alla
Sud Car Este, di cui il Lo Piccolo era legale rappresentante, società che

con chilometraggio, indicato nell’inserzione di vendita, risultato essere di molto
inferiore a quello effettivo. Di fatti, nel corso di una riparazione, a seguito di
accertamento eseguito presso la casa madre, era emerso che il veicolo risultava
avere percorso Km. 226.811 a fronte di Km. 78.800 indicati all’atto di vendita.
La corte d’appello, poi, ha diffusamente argomentato la ragione per la quale ha
disatteso la censura difensiva che contestava l’affermazione di responsabilità
fondata – in ipotesi difensiva – sulla base della mera posizione di titolare della
società, per avere le parti condotto la trattativa precontrattuale con tale Lorenzo,
dipendente della società in questione, mentre il titolare Lo Piccolo sarebbe
unicamente intervenuto, successivamente, al momento della sottoscrizione della
scrittura privata di transazione, dunque, dopo la scoperta dei fatti. La corte
territoriale ha posto l’accento sulla circostanza che il Lo Piccolo aveva firmato il
contratto-ordine di acquisito e, in secondo luogo, ha richiamato, aderendovi, il
principio affermato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui nel
caso di vendita di aliud pro alio ad opera del venditore-dipendente non viene
meno la responsabilità del titolare attesa la circostanza che questi non può non
rispondere agli ordine del titolare ( Sez. 3, n. 5147 del 17/12/2002). Infine la
Corte d’appello di Venezia ha confermato la decisione di subordinare la
sospensione della pena al risarcimento del danno sottolineando, in risposta ad
una precisa censura dei motivi di appello, la capacità patrimoniale del Lo Piccolo.

2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’Avv. Andrea Sanguin,
difensore di fiducia di Lo Piccolo Nicola, e ne ha chiesto l’annullamento per i
seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione,
come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
3. Deduce, con i predetti motivi: a) il vizio di cui all’art. 606, comma 1 lett.
e), cod. proc. pen., in relazione alla mancanza, contraddittorietà della
motivazione per non avere la Corte d’appello di Venezia adeguatamente
motivato in ordine all’affermazione della responsabilità penale con riferimento al
dolo del reato, non avendo il ricorrente dato alcun contributo alla commissione

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pubblicizzava la vendita di un’autovettura Mercedes di possibile loro interesse

dello stesso e non essendo a lui imputabile la condotta descritta realizzata dal
venditore Lorenzo, essendo, conclusivamente, la corte pervenuta alla condanna
sulla base della mera qualifica soggettiva di titolare della società Sud Car Este
srl:
b) il vizio di cui all’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., per non avere la
Corte d’appello adeguatamente motivato in relazione alla concessione della
sospensione condizionale della pena subordinata all’adempimento della
statuizione civile senza alcun accertamento e motivazione della capacità

3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato
inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è manifestamente infondato.
4.1.Con il primo motivo il ricorre si duole della carenza motivazione della
sentenza impugnata con riferimento all’attribuibilità del reato al Lo Piccolo. La
censura è manifestamente infondata per aver la corte d’appello diffusamente
risposto ai motivi d’appello, sul punto, con argomenti logici e aderenti al dato
processuale. L’attribuibuilità della condotta contestata al ricorrente è stata,
correttamente, ritenuta sulla circostanza che questi non solo era il titolare della
società che aveva pubblicizzato e poi venduto l’auto in questione, ma aveva
sottoscritto il contratto/ordine di acquisito prima e poi la scritta privata di
transazione dopo la scoperta dei fatti. Conclusivamente la censura è diretta a
richiedere una lettura dei fatti alternativa a quella già effettuata dai giudici di
appello preclusa nel giudizio in cassazione. Infatti alla Corte di Cassazione è
preclusa la possibilità non solo di sovrapporre la propria valutazione delle
risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di
saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un
raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli
di ragionamento mutuati dall’esterno (Sez. Un., n. 12 del 31/05/2000, 3akani,
Rv. 216260); resta dunque esclusa, pur dopo la modifica dell’art. 606 lett. e)
c.p.p., la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze da contrapporre a
quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure
anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti
o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di prova (Sez. 2, n.
7380 dell’ 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
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economica dell’imputato.

4.2. Parimenti infondato è il secondo motivo declinato quale carenza di
motivazione in ordine alla decisione di subordinare la sospensione condizionale
della pena al risarcimento del danno senza previa analisi delle condizioni
economiche dell’imputato.
Va premesso che, nella giurisprudenza della Corte di cassazione, vi sono due
orientamenti sul tema. Ad un primo orientamento secondo il quale nel caso in cui
il beneficio della sospensione condizionale della pena venga subordinato

non è tenuto a svolgere alcun accertamento sulle condizioni economiche
dell’imputato ( Sez. 2, n. 26221 del 11/06/2015, Dammico, Rv 264013),
dovendo, tuttavia, effettuare un motivato apprezzamento di esse, se dagli atti
emergono elementi che consentono di dubitare della capacità di soddisfare la
condizione imposta ovvero quando tali elementi vengono forniti dalla parte
interessata in vista della decisione ( Sez. 5, n. 14205 del 29/01/2015, R., Rv.
263185), si contrappone un secondo orientamento che ritiene illegittima la
decisione con cui il giudice subordina la concessione della sospensione
condizionale della pena al risarcimento del danno contestualmente liquidato,
senza procedere, con apprezzamento motivato, alla valutazione, sia pure
sommaria, delle condizioni economiche dell’imputato e della sua concreta
possibilità di sopportare l’onere del risarcimento pecuniario (Sez. 5, n. 21557 del
02/02/2015, Sollazzo, Rv. 263675).
Il

Collegio,

consapevole

del

contrasto

interpretativo,

condivide

l’orientamento maggioritario di questa Corte, da cui non intende discostarsi,
secondo il quale, nel caso in cui il beneficio venga subordinato all’adempimento
dell’obbligo risarcitorio, il giudice della cognizione non è tenuto a svolgere alcun
accertamento sulle condizioni economiche dell’imputato, salva l’ipotesi in cui
emergano situazioni che facciamo dubitare della capacità economica di
adempiere da parte dell’imputato. E ciò per la considerazione che
dall’applicazione di tale principio non può derivare al predetto alcun grave e
irreparabile danno in ipotesi d’incolpevole inadempimento, né la revoca
automatica del beneficio in quanto il soggetto interessato, in sede dì esecutiva,
può allegare circostanze che rendono impossibile o grandemente difficoltoso
l’adempimento e il giudice può valutare l’attendibilità e la rilevanza del
medesimo (Sez. 6, n. 33020 del 8 maggio 2014, S., Rv. 260555; Sez. 4, n.
10108 del 25/09/1995, Pietroni, Rv. 202282). Peraltro questo principio si pone
in continuità con quanto affermato, in epoca risalente, dalla Corte Costituzionale
che, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.
165 c.p., nella parte in cui consente al giudice di subordinare la sospensione
condizionale della pena al risarcimento del danno, aveva, in motivazione,
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all’adempimento dell’obbligo di risarcimento del danno, il giudice della cognizione

affermato che spetta al giudice di valutare, con apprezzamento motivato ma
discrezionale, la capacità economica del condannato e la sua concreta possibilità
di sopportare l’onere del risarcimento pecuniario (ordinanza n. 49 del 1975).
Dunque il giudice di merito, che intenda subordinare la concessione del beneficio
all’adempimento degli obblighi risarcitori, non è tenuto a motivare sulle
condizioni economiche dell’imputato, laddove dagli atti non emergano elementi
che consentano di dubitare della sua capacità di soddisfare la condizione imposta
ovvero quando tali elementi gli vengano forniti dalla parte interessata in vista

apportata all’art. 165 cod.pen. dalla legge 11 giugno 2004 n. 145 che, nel
sopprimere l’originario riferimento all’impossibilità di cui al comma secondo del
medesimo articolo, ha sollevato il giudice del merito dall’accertamento
preventivo sulle condizioni economiche dell’imputato a cui comunque è
consentito, in sede esecutiva, di far valere la propria impossibilità ad adempiere.
Nel caso in esame la corte territoriale non solo si è attenuta ai principi sopra
richiamati, ma ha altresì argomentato, evidenziando la circostanza che l’imputato
è titolare di una ditta commerciale, la compatibilità economica delle condizioni
economiche dell’imputato con l’adempimento del pagamento del risarcimento del
danno quantificato in C 4.000,00. La carenza motivazione non è prospettabile ed
è del tutto infondata.

5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data
del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il
ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma,
determinata in via equitativa, di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di C 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 17/05/2015

della sua decisione. Tale conclusione trova ulteriore conforto dalla modifica

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