Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29992 del 12/05/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29992 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: DI STASI ANTONELLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LOVERA FRANCO MARIA, nato a Torino il 16/9/1950

avverso la sentenza del 15/1/2015 delta Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
dott. Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 12/05/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 25.10.2011 il Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Milano dichiarava Lovera Franco Maria responsabile del reato di cui
all’art. 8 d.lgs 74/2000 e lo condannava alla pena di anni due e mesi otto di
reclusione.
Con sentenza del 15.1.2015 la Corte di appello di Milano, a seguito di

dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano e rideterminava la pena inflitta a
Lovera Franco Maria in anni due e mesi sei di reclusione.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Franco Maria
Lovera, per il tramite del difensore di fiducia, articolando i motivi di seguito
enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce erronea applicazione della norma giuridica in
relazione all’art. 8 del d.lgs 74/2000, in quanto alcuna prova, neppure indiziaria,
sussiste in ordine alla condotta incriminata ed al dolo specifico in capo al
ricorrente.
Con il secondo motivo deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc. pen., in quanto il giudice del
merito avrebbe operato un macroscopico travisamento della prova, ritenendo
certo il quadro indiziario posto a fondamento della decisione.
Con il terzo motivo deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione in relazione agli artt. 62 bis, 132 e 133 cod. pen. ; argomenta che il
Giudice, nel denegare la concessione delle circostanze attenuanti generiche e del
beneficio della sospensione condizionale della pena, non ha tenuto conto della
risalenza nel tempo dei precedenti penali e che le due condanne a pena sospesa
erano relative a reato depenalizzato; inoltre, ha applicato una pena lontana dal
minimo edittale senza adeguata motivazione.
Conclude, pertanto, per l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo ed il secondo motivo sono inammissibili.
Ne va , infatti, rilevata la aspecificità ai sensi degli artt. 591 e 581 cod. proc.
pen.
2

appello proposto dall’imputato, riformava parzialmente la sentenza Giudice

Il ricorrente si limita a censurare, genericamente, la sentenza resa dal
giudice di secondo grado, allegando che la Corte territoriale non avrebbe
valutato il compendio probatorio, le cui risultanze escluderebbero la sua
responsabilità, e senza indicare alcun elemento di concretezza al riguardo.
I motivi risultano diretti ad indurre la rivalutazione del compendio
probatorio, senza l’indicazione di specifiche questioni in astratto idonee ad
incidere sulla capacità dimostrativa delle prove raccolte.
Il vizio di motivazione per superare il vaglio di ammissibilità non deve essere

invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico
argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità
manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione
argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli
argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle
componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
Il perimetro della giurisdizione di legittimità è, infatti, limitato alla
rilevazione delle illogicità manifeste e delle carenze motivazionali, ovvero di vizi
specifici del percorso argomentativo, che non possono dilatare l’area di
competenza della Cassazione alla rivalutazione dell’interno compendio indiziario.
Le discrasie logiche e le carenze motivazionali eventualmente rilevate per
essere rilevanti devono, inoltre, avere la capacità di essere decisive, ovvero
essere idonee ad incidere il compendio indiziario, incrinandone la capacità
dimostrativa.
Compito di questa Corte non è quello di ripetere l’esperienza conoscitiva del
giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a
dimostrare, in questa sede di legittimità, l’incompiutezza strutturale della
motivazione del giudice di appello; incompiutezza che derivi dal non aver tenuto
presente fatti decisivi, di rilievo dirompente dell’equilibrio della decisione
impugnata.
La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul
discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell’assenza, in
quest’ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole
della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli
appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili
incongruenze tra loro, oppure inconciliabili, infine, con “atti del processo”,
specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza
esplicativa o dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero
ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così
da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (Sez. IV
3

diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve

08/04/2010 n. 15081; Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989, imp.
Moschetti ed altri).
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
Con riferimento alta censura relativa alla mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche, va ricordato che secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte, l’applicazione delle circostanze attenuanti
generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi
connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo,

circostanze in parola; l’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze
attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza delle
condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (Sez. 1, n. 3529 del
22/09/1993, Rv. 195339; sez. 2, n. 38383 del 10.7.2009, Squillace ed altro, Rv.
245241; Sez.3,n. 44071 del 25/09/2014, Rv.260610).
Nella specie, la Corte territoriale ha denegato la concessione delle
circostanze generiche sulla base dei precedenti penali dell’imputato, con
motivazione adeguata e priva di vizi logici; ha quindi ritenuto assolutamente
prevalente il richiamo, sia pure implicito, alla personalità negativa dell’imputato,
quale emergente dal certificato penale, per negare l’invocato beneficio.
Con riferimento alla censura relativa all’entità della pena irrOgata, va
ricordato che costituisce principio consolidato che la motivazione in ordine alla
determinazione della pena base ( ed alla diminuzione o agli aumenti operati per
le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti) è necessaria solo quando la
pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media edittale. Fuori di
questo caso anche l’uso di espressioni come “pena congrua”,- come nella specie”pena equa”, “congrua riduzione”, “congruo aumento” o il richiamo alla gravita
del reato – come avvenuto nella specie- o alla capacità a delinquere dell’imputato
sono sufficienti a far ritenere che il giudice abbia tenuto presente, sia pure
globalmente, i criteri dettati dall’art. 133 c.p. per il corretto esercizio del potere
discrezionale conferitogli dalla norma in ordine al “quantum” della
pena.(Sez.2,n.36245 del 26/06/2009 Rv. 245596;

Sez.4, n.21294

de/20/03/2013, Rv.256197).
Con riferimento, infine, alla mancata motivazione del diniego del beneficio
della sospensione condizionale della pena, va richiamato il principio consolidato
in base al quale, in tema di motivazione della sentenza deve escludersi che
sussista l’obbligo di motivare il diniego di ciò che non risulta concedibile per il
difetto di ogni presupposto che ne giustifichi la concessione od il
riconoscimento(Sez. 5,n. 30410 del 26/05/2011,Rv.250583; Sez. 6,n. 20383 del
21/04/2009,Rv.243841; sez. 5, 7212/1989 Rv.184373).
4

dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle

Nella specie, Il beneficio della sospensione condizionale della pena, invocato
in sede di decisione d’appello, e non giustificato nella sua negazione, non era
affatto concedibile per difetto dei presupposti di legge, essendo stata applicata la
pena della reclusione per un tempo superiore a due anni (art. 163 comma 1 cod.
pen.).
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. peri,
non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del

pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in
dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 12/05/2016

ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al

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