Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29979 del 31/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29979 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
PROCURATORE GENERALE presso CORTE d’APPELLO di SALERNO

e da:
COMUNE di SALERNO
nei confronti di
VESSICCHIO CARMELA, nata il 13/08/1962, in proprio e nella
qualità di esercente la potestà genitoriale sul minore DE FILIPPO
ANTHONY
avverso l’ordinanza n. 232/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del
28/09/2012;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, Dott. ALFREDO
POMPEO VIOLA, che ha chiesto disporsi, qualificati i ricorsi come
opposizione prevista dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., la
trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Salerno, in funzione
di giudice dell’esecuzione.

Data Udienza: 31/05/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto del 22 gennaio 2010 la Corte d’appello di Salerno, decidendo
nel procedimento a carico di De Filippo Antonio, ha, tra l’altro, disposto la
confisca dell’usufrutto, intestato a Vessicchio Carmela, e della nuda proprietà,
intestata al figlio minore De Filippo Anthony, del locale terraneo ubicato in

2. Vessicchio Carmela, in proprio e nella qualità di esercente la potestà
genitoriale sull’indicato minore, con atto depositato 1’8 luglio 2011 ha proposto
Incidente di esecuzione, chiedendo:
– in via principale, la declaratoria di nullità del predetto decreto del 22
gennaio 2010 nella parte specifica concernente la disposta confisca dei diritti
relativi all’indicato locale terraneo, rappresentando l’intervenuta irrevocabilità
del decreto del 22 maggio 2006 del Tribunale di Salerno, che aveva rigettato la
proposta di applicazione delle misure, personale e patrimoniale, a carico di De
Filippo Antonio e aveva disposto la restituzione agli aventi diritto di quanto in
sequestro, tra cui il locale terraneo in oggetto;
– in via subordinata, la revoca nel merito dello stesso decreto, per essere
stato il locale terraneo legittimamente acquistato con i proventi della locazione
di altro immobile, come emergeva dalla consulenza contabile e dall’allegata
documentazione.
3. La Corte d’appello di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, con
ordinanza del 28 settembre 2012 ha ritenuto infondata la richiesta principale,
poiché il Pubblico Ministero aveva proposto appello avverso il decreto di primo
grado del 22 maggio 2006 e aveva chiesto la confisca di tutti i beni, disposta
con il decreto del 22 gennaio 2010 divenuto irrevocabile; ha rilevato che
l’incidente di esecuzione era stato ritualmente promosso, nelle indicate qualità,
da Vessicchio Carmela, che, non avendo partecipato al detto procedimento di
appello, né essendo stata posta in condizione di parteciparvi, era legittimata a
far valere le sue difese in quanto assoggettata di riflesso alla esecuzione della
misura disposta nei confronti del proposto, e ha puntualizzato che non vi era
nella specie questione di validità del provvedimento conclusivo del procedimento
di appello, né di efficacia esecutiva del provvedimento di confisca, dovendosi
solo esaminare la posizione del terzo in executivis.
Secondo la Corte, era, invece, fondata la richiesta subordinata poiché dalla
documentazione allegata (atti pubblici, contratto di locazione, ricevute di
pagamento dei canoni di locazione, dichiarazione del conduttore) era emerso
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Salerno, Via Trento n. 195/C e 195/D.

che, mentre era sicura l’intestazione fittizia del locale terrene° in favore di
Vessicchio Carmela e di De Filippo Anthony, De Filippo Antonio aveva goduto di
una fonte di reddito “verificabile e legittima”, rappresentata dalla rendita
derivante dalla locazione di un appartamento, il cui usufrutto proveniva da
successione ereditaria, sufficiente a consentire l’acquisto dell’immobile in
questione.
4. Avverso detta ordinanza hanno proposto distinti ricorsi il Procuratore
4.1. Il Procuratore Generale, con ricorso depositato il 17 ottobre 2012, ha
chiesto l’annullamento dell’ordinanza sulla base di unico motivo, con il quale ha
dedotto inosservanza o erronea applicazione della legge processuale e manifesta
Illogicità della motivazione.
Secondo il ricorrente, la Corte, che ha confermato che l’intestazione era
fittizia e che il vero proprietario era De Filippo Antonio, nei cui confronti la
confisca era già definitiva, è incorsa nei denunciati vizi mettendo quest’ultimo
nella condizione di produrre documentazione nuova, “oltretutto di dubbia
autenticità e provenienza e priva di data certa”, nel proprio esclusivo interesse
di vero dominus, già producibile nelle precedenti fasi del giudizio, e ritenuta
dimostrativa della provenienza lecita del bene confiscatogli, fittiziamente
intestato a terzi che hanno proposto l’incidente di esecuzione.
4.2. Il Comune di Salerno, con ricorso depositato I’l febbraio 2013, dopo
aver premesso che il cespite di cui al provvedimento impugnato (conosciuto a
seguito di nota del 22 gennaio 2013 dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione
e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata) era
definitivamente confiscato e già destinato al patrimonio indisponibile
dell’amministrazione civica, e dopo aver rilevato che l’incidente di esecuzione
era stato celebrato in sua assenza, contraddittore necessario in conseguenza
della definitività del provvedimento ablatorio del 10 marzo 2011, e leso nel suo
diritto di difesa, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata per
inosservanza o erronea applicazione della legge penale, manifesta illogicità della
motivazione e violazione di legge.
Secondo il ricorrente, la Corte, che ha confermato che l’intestazione era
fittizia e che il vero proprietario era De Filippo Antonio, nei cui confronti la
confisca era già definitiva, è incorsa nei denunciati vizi, consentendo al
medesimo di produrre documentazione, “oltretutto di dubbia autenticità e
provenienza e priva di data certa”, che ha ritenuta dimostrativa della
provenienza lecita delle somme utilizzate per l’acquisto dell’immobile

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Generale della Repubblica di Salerno e il Comune di Salerno

confiscatogli, fittiziamente Intestato ai terzi che hanno proposto l’incidente di
esecuzione.
Né, in ogni caso, l’eventuale conferma della revoca della confisca ha
conferito ai richiedenti il potere di ottenere la restituzione del cespite oggetto di
misura ablatoria, poiché, il suo assoggettamento al regime assimilabile a quello
dei beni facenti parte del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato
potrebbe solo comportare, ove fosse accertata la buona fede, non la possibilità
di riottenere la restituzione del bene, ma quella di ottenere una somma
utilità.
5. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato due
requisitorie scritte, una per ciascun ricorso, il 19 dicembre 2012 e il 25 febbraio
2013 e ha concluso chiedendo di trasmettere i ricorsi, qualificati come
opposizione, ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., alla Corte
d’appello di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione.
6. Con memoria difensiva depositata il 17 aprile 2013 nell’interesse di
Vessicchio Carmela e De Filippo Anthony, si è dedotta l’inammissibilità dei
ricorsi, rilevandosi, quanto a quello della Procura Generale, la inosservanza dei
termini per l’impugnazione rispetto alla data della ricezione dell’atto da parte
dell’Ufficio, e, quanto a quello del Comune di Salerno, la estraneità del ricorrente
al giudizio, la omessa previsione normativa di un suo diritto di impugnazione e
l’esperibilità delle sue difese dinanzi al giudice di merito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi devono essere qualificati opposizioni ai sensi dell’art. 667,
comma 4, cod. proc. pen.
2. L’art. 676 cod. proc. pen. prevede che la decisione in ordine alla confisca
e alla restituzione delle cose sequestrate è riservata alla competenza del giudice
dell’esecuzione, che procede a norma dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen.
Detta ultima norma dispone che il giudice dell’esecuzione provvede senza
formalità, e cioè senza fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, con
ordinanza contro la quale gli interessati possono proporre opposizione davanti
allo stesso giudice, il quale dovrà procedere con le forme dell’incidente di
esecuzione di cui all’art. 666 cod. proc. pen., previa fissazione dell’udienza.

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determinata sulla base degli indennizzi relativi alle espropriazioni per pubblica

Alla stregua del combinato disposto delle indicate norme, pertanto, avverso
il provvedimento del giudice dell’esecuzione, reso in materia di confisca e di
restituzione delle cose sequestrate, è esperibile da parte dell’interessato
opposizione allo stesso giudice dell’esecuzione, che deciderà con le forme
previste dall’art. 666 cod. proc. pen., e quindi con le garanzie del contraddittorio
camerale, e non ricorso per cessazione che, precluso dallo strumento
specificamente previsto dalla legge, sarà proponibile contro l’ordinanza che
deciderà sull’opposizione.
irritualmente provveduto nelle forme dell’udienza camerale di cui all’art. 666,
comma 3, cod proc. pen., conformemente al condivisibile orientamento di
questa Corte, che sl fonda sulla ratio della previsione normativa della fase della
opposizione, quale “riesame”, nel merito, del provvedimento da parte del
giudice dell’esecuzione (tra le altre, Sez. 1, n. 28045 del 10/07/2007,
dep. 13/07/2007, Spezzani, Rv. 236903; Sez. 1, n. 39919 del 27/09/2007, dep.
29/10/2007, P.G. in proc. Raccuglia, Rv. 238046; Sez. 1, n. 4120 del
16/01/2008, dep. 28/01/2008, Catania, Rv. 239076; Sez. 1, n. 23606 del
05/06/2008, dep. 11/06/2008, Nicastro, Rv. 239730; Sez. 1, n. 1008 del
13/11/2008, dep. 13/01/2009, Valletta e altri, Rv. 242510; Sez. 5, n. 37134 del
26/05/2009, dep. 23/09/2009, Banca Nuova Spa e altri, Rv. 245130; Sez. 6, n.
35408 del 22/09/2010, dep. 01/10/2010, Mafrica, Rv. 248633; Sez. 1, n. 11634
del 09/92/2011, dep.23/03/2011, Muscio, non massimata).
3. Nella specie, i ricorrenti avrebbero dovuto, pertanto, non adire questa
Corte contro l’ordinanza emessa dal Giudice dell’esecuzione, ma proporre
opposizione dinanzi allo stesso Giudice, ai sensi dello stesso art. 667, comma 4,
cod. proc. pen.
4. I ricorsi per cessazione proposti non devono, tuttavia, essere dichiarati
inammissibili perché rimedio non previsto dalla legge.
Infatti, conformemente all’indirizzo prevalente di questa Corte (espresso
anche con le sentenze suindicate), la riqualificazione da parte del giudice
dell’atto di impugnazione, prevista dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., deve
ritenersi esperibile anche in caso di opposizione, sulla base del principio
generale di conservazione degli atti giuridici costantemente affermato.
5. Pertanto, provvedendosi alla corretta qualificazione dei ricorsi quali
opposizioni, deve essere disposta la trasmissione degli atti, per il corso ulteriore,
alla Corte d’appello di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, cui

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Tali criteri devono essere seguiti anche se il giudice dell’esecuzione abbia

compete la valutazione dell’ammissibilità e della fondatezza delle opposizioni
stesse.

P.Q.M.

Qualificati i ricorsi come opposizione ai sensi degli artt. 676 e 667, comma
4, cod. proc. pen., dispone la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di
Salerno.

Così deciso in Roma, il 31 maggio 2013

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