Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29978 del 15/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29978 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– BRESCIANI PRIMO ALEX, n. 27/09/1975 a BORGOMANERO

avverso l’ordinanza del GIP del tribunale di NOVARA in data 5/09/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. A. Mura, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 15/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 5/09/2013, depositata in pari data, il GIP del tribunale di
NOVARA, disponeva la convalida del fermo di BRESCIANI PRIMO ALEX,
applicando contestualmente nei confronti del medesimo la misura cautelare della
custodia in carcere; l’imputazione per cui era stato disposto il fermo e

detenzione di un quantitativo non determinabile e non riconducibile comunque
all’ipotesi del comma 5 dell’art. 73, T.U. Stup., di sostanza stupefacente di cui
alla tab. I dell’art. 14 del predetto T.U., che per quantità (15 involucri a forma di
ovulo con un volume variabile dai 2,376 a 7,182 cm 3 l’uno), modalità di
presentazione (involucri ingeriti dall’indagato), avuto riguardo al peso lordo
complessivo, ovvero per altre circostanze dell’azione (condotta dell’indagato che
si allontanava dall’ospedale nonostante corresse il rischio di decedere), appariva
destinata ad uso non esclusivamente personale; con la recidiva infraquinquennio
(fatto contestato come commesso in Borgomanero, il 2/08/2013).

2.

Ha proposto tempestivo ricorso BRESCIANI PRIMO ALEX, a mezzo del

difensore fiduciario cassazionista, impugnando l’ordinanza predetta e deducendo
un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente
necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con tale unico motivo:
a) la violazione e/o l’erronea applicazione dell’art. 384 c.p.p. e dell’art.
73, d.P.R. n. 309/1990 in relazione al preteso fondato pericolo di fuga nella
fattispecie in esame a conforto della disposta convalida del fermo, circa il fatto
che si vertesse di delitto dal trattamento sanzionatorio previsto dall’art. 384
c.p.p. e in ordine alla pretesa sussistenza dei gravi indizi a carico dell’indagato;
b) la violazione dell’art. 125, comma 3, c.p.p., tenuto conto che, secondo
la giurisprudenza in materia, tra i casi di mancanza assoluta della motivazione
può ricomprendersi anche il caso della motivazione meramente apparente o
assolutamente inidonea a spiegare le ragioni addotte a sostegno del
provvedimento reclamato;
c)

il vizio di mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della

motivazione, quando, come nel caso in esame, il vizio risulta dal testo
dell’impugnato provvedimento ovvero da altri atti del processo specificamente
indicati nei moti di gravame a mente dell’art. 606, lett. e), c.p.p. in relazione
2

l’applicazione della misura riguardava l’acquisto, la ricezione e l’illecita

anche ai precetti costituzionali di cui agli artt. 3, 13 e 27 Cost., a mente dell’art.
606, lett. c), c.p.p.

2.1.1. In particolare, il ricorrente si duole per aver il GIP convalidato il fermo in
assenza di specifici elementi che facessero ritenere fondato il pericolo di fuga.
L’indagato, in particolare, risulta persona gravemente indiziata per il reato di cui
all’art. 73, T.U. Stup., alla luce della dichiarazioni dei medici dell’ospedale di

Il pericolo di fuga era desumibile, per quanto risulta dall’impugnato
provvedimento, sulla base dei seguenti elementi: a) la circostanza di aver questi
abbandonato il nosocomio presso cui si era recato a causa dell’ingestione di ovuli
di stupefacente pur avendo appreso dai sanitari di essere in pericolo di vita e,
successivamente, non veniva reperito dalla PG presso la sua abitazione (risultato
peraltro cancellato per irreperibilità presso l’anagrafe); b) le dichiarazioni del
medesimo indagato di aver acquistato lo stupefacente in Olanda; c) l’arresto del
medesimo indagato in Cile per detenzione di cocaina. Tali circostanze, quindi,
erano sintomatiche per il GIP di collegamenti dell’indagato con Paesi esteri ove
questi avrebbe potuto trovare ospitalità, sottraendosi alle ricerche della PG, con
conseguente ravvisabilità dei presupposti di cui all’art. 384 c.p.p.
Il fermo risulta adottato il 2/09/2013 ed eseguito il giorno successivo, a distanza
di quasi un mese (5/08/2013) da quando l’indagato aveva subito una
perquisizione locale e personale (verbale perquisizione allegato anche dalla
difesa al ricorso) con esito negativo, presso il luogo ove aveva dichiarato il
domicilio in pari data; tale circostanza, di per sé, escluderebbe la sussistenza
delle condizioni di legge per la convalida del fermo, né rileverebbe, secondo la
difesa del ricorrente, la circostanza che questi sia stato trovato presso la
precedente residenza, una volta accertato che lo stesso non vi abitasse più.
Rileva, poi, la difesa del ricorrente, che nessuno dei referti medici stilati dal
personale sanitario rappresenta in alcun modo che il paziente abbia riferito ai
medici curanti di aver ingerito sostanze stupefacenti e, tantomeno, extasy MDMS
persino “pura” e, soprattutto, che il paziente – indagato, fosse in pericolo di vita;
analogamente nell’annotazione di PG, stilata il 3/08/2013, gli operanti riferiscono
di aver ricevuto una telefonata con cui venivano informati che al pronto soccorso
dell’ospedale di Borgomanero vi era una persona con degli ovuli non meglio
precisati e di essersi adoperati alla ricerca dell’indagato, considerata la possibilità
che al loro interno potesse esservi celato stupefacente.
Illogica sarebbe, quindi, la motivazione del GIP che ha ritenuto sussistere le
condizioni per il fermo, in particolare, quanto al pericolo di fuga, essendo
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Borgomanero del 2/08/2013 e degli esiti degli accertamenti radiografici in atti.

maggiormente credibile invece la versione dell’indagato secondo cui i medici gli
avrebbero chiesto se le palline di plastica contenessero droga e, alla risposta del
medesimo (“ammettiamo che sia droga, io voglio sapere se sono a rischio
morte”), gli stessi avrebbero risposto affermativamente e, siccome lo stesso non
aveva ingerito stupefacente, egli se ne sarebbe andato; gli accertamenti
radiografici non aggiungerebbero alcunché al quadro probatorio, salvo la
presenza di ovuli la cui assunzione non è contestata dall’indagato, che, peraltro,

disturbi al deglutire e dolore.

2.1.2. Contesta, poi, il ricorrente che le dichiarazioni autoaccusatorie attribuite
all’indagato avrebbero richiesto comunque ulteriori verifiche.
In particolare, circa la qualità dello stupefacente e la sua composizione specifica,
si osserva come la descrizione degli ovuli di cui all’imputazione sarebbe
approssimativa, non permettendo l’instaurazione di un contraddittorio legittimo
al riguardo; non sono conosciuti i criteri e le modalità seguite per la scelta degli
ovuli oggetto di misurazione rispetto agli altri; il volume complessivo degli ovuli
sarebbe stato calcolato con un operazione matematica singolare, in assenza di
una benché minima spiegazione al riguardo contenuta in atti; lo stesso
laboratorio di analisi delle sostanze stupefacenti R.O. N.I. Il” Sez. del comando
CC di Alessandria, non è stato in grado di quantificare il peso di un volume
complessivo stimato di 73,08 cm 3 , attestando l’aleatorietà di ogni stima
ponderale del presunto stupefacente; di tale circostanza non si fa menzione
nell’ordinanza impugnata, pur essendo rilevantissima anche ai fini della
delibazione della convalida del fermo.
In assenza di certezza circa il peso e la qualità dello stupefacente non sarebbe
possibile sostenere, secondo la difesa del ricorrente, che si tratti di sostanza di
cui alla tab. I del d.P.R. n. 309/1990 o che, avuto riguardo al peso lordo
complessivo, si rientri nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 1-bis, D.P.R. n.
309/1990; analogamente, poi, le singolari modalità di trasporto dello
stupefacente non avvalorerebbero l’ipotesi che si tratta di condotta che esula
dalle ipotesi del comma 5 dell’art. 73 T.U. Stup., ciò al fine di far ricadere la
fattispecie nel trattamento sanzionatorio di cui al comma 1 dell’art. 384 c.p.p.; la
necessità di un rigoroso vaglio critico sarebbe oltremodo necessaria nel caso di
fermo dove il quadro indiziario è fragile, atteso che la detenzione di
stupefacente, anche se superiore al dato ponderale risultante dalle tabelle, non
costituisce presunzione di colpevolezza per il reato di detenzione illecita, non
dovendo essere l’indagato a dimostrare l’uso personale.
4

all’atto del ricovero aveva riferito di aver ingerito dei corpi estranei e di avvertire

2.1.3. Infine, si censura l’ordinanza impugnata per aver ritenuto sussistenti le
condizioni legittimanti il fermo sulla base di una motivazione fragile, con
particolare riferimento ai pretesi collegamenti dell’indiziato con Paesi esteri
presso cui il medesimo potrebbe trovare ospitalità, sottraendosi alle ricerche
della PG, risultando concretamente desumibile dalla circostanza che la sostanza
sarebbe stata acquisita in Olanda ed il Bresciani recentemente arrestato in Cile.

criminis non ancora delineata nella sua specificità fattuale; l’omessa indicazione
anche sommaria degli elementi di fatto in relazione alla quale si formula l’ipotesi
delittuosa con riferimento all’indagato, costituirebbe insanabile violazione di
legge.

3. Con atto depositato presso la cancelleria di questa Corte, il PG presso la Corte
Suprema ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

5. Deve qui premettersi che nell’attuale assetto normativo il fermo è una misura
endoprocessuale limitativa della libertà personale, che può essere adottato
quando, trascorsa inutilmente la flagranza, siano emersi gravi motivi a carico
dell’indagato e sussista concreto pericolo di fuga. I due suddetti presupposti – di
natura sostanziale, il primo, e cautelare il secondo – costituiscono il referente
accertativo e valutativo, sul quale, fra l’altro, deve vertere il controllo di legalità
dell’operato del P.M. o della polizia giudiziaria da parte del G.I.P. in sede di
convalida. Più precisamente il riscontro che tale giudizio è chiamato ad effettuare
deve riguardare non solo la legittimità sostanziale delle misure negli aspetti
relativi all’edittalità della pena stabilita per il reato, in ordine al quale il fermo è
stato eseguito e all’osservanza dei termini stabiliti dagli artt. 386, commi terzo e
quarto, e 390, comma primo, cod. proc. pen., ma anche la sua legittimità
formale con riferimento alla ricorrenza del pericolo di fuga e alla sussistenza di
indizi atti a giustificarla (v., tra le tante: Sez. 1, n. 1090 del 09/03/1992 – dep.
22/06/1992, Criscuolo, Rv. 191162).

6. Tanto premesso, non v’è dubbio che tutte le deduzioni operante nell’atto di
impugnazione difensivo rivolgano a questa Corte una richiesta di procedere ad
5

Il fermo sarebbe stato eseguito a fini “esplorativi” al fine di acquisire una notitia

un sindacato “di merito” del provvedimento oggetto di impugnazione,
soffermandosi il ricorrente a censurare profili (consistenza del complesso
indiziario, gravità della condotta criminosa, ravvisato pericolo di fuga) che
attengono più ad un giudizio di verifica della congruità logico argomentativa di
una misura custodiale che di un provvedimento coercitivo “rebus sic stantibus”
quale quello di fermo. Questa Corte, a Sezioni Unite, ha infatti affermato che «il
fermo va (…) inteso come una misura predisposta dalla legge allo scopo di non

compromettere irrimediabilmente lo sviluppo delle indagini preliminari e
l’esercizio delle funzioni della polizia giudiziaria e del P.M.», e ne ha evidenziato
altresì la temporaneità, «non potendo, infatti, detto provvedimento protrarre i
sui effetti una volta che abbia avuto esecuzione» (Sez. U, n. 9 del 11/05/1993 dep. 01/07/1993, Maroni, Rv. 193748).

6.1. In particolare, alla stregua dell’art. 384 le condizioni cui è subordinata la
possibilità di adottare il fermo sono, da un lato, la sussistenza di «specifici
elementi» che facciano ritenere «fondato il pericolo di fuga» della persona e,
dall’altro, l’esistenza di «gravi indizi» a suo carico in ordine alla commissione di
taluno dei delitti indicati dalla norma.
Alla luce di quanto sopra, il GIP ha valutato la sussistenza delle condizioni di
legittimità del fermo – come emerge dalla lettura dell’impugnata ordinanza ravvisando, anzitutto, la gravità indiziaria su una serie di elementi specifici,
valorizzando, segnatamente, sia le sommarie informazioni testimoniali dei medici
ospedalieri che avevano ricevuto le dichiarazioni dell’indagato, sia i referti medici
che attestavano la presenza degli ovuli; quanto, poi, al pericolo concreto di fuga,
il giudice della convalida ha valorizzato, tra gli altri, come già esposto, l’elemento
dell’irreperibilità iniziale del ricorrente, quale elemento di notevole significatività
al fine della valutazione imposta dall’art. 384 c.p.p.
Sul punto, vale la pena qui di ricordare che il “pericolo di fuga” atto a giustificare
il fermo dell’indiziato di un delitto non può dirsi superato in conseguenza della
sopravvenuta effettività della fuga, e sussiste anche quando l’indiziato si sia
immediatamente allontanato dal luogo del fatto e sia rimasto momentaneamente
irreperibile, giacché per condizione di chi si sia “dato alla fuga” deve intendersi
solo quella nella quale il soggetto abbia già realizzato lo scopo di sottrarsi, in
modo per lui sufficientemente sicuro, alle ricerche della giustizia (Sez. 2, n.
48367 del 20/10/2011 – dep. 28/12/2011, P.M. in proc. Cerreto, Rv. 252048).

7. A fronte di tali argomentazioni, il ricorrente oppone rilievi generici ed intrisi di
valutazioni e censure fattuali (necessità di ulteriori verifiche in ordine alle
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dichiarazioni autoaccusatorie attribuite all’indagato; assenza di certezza circa il
peso e la qualità dello stupefacente); trattasi, all’evidenza, di censure che seppure in astratto pertinenti con riferimento alla valutazione richiesta al giudice
in sede di valutazione dei gravi indizi in relazione alla possibile applicazione di
una misura cautelare – non colgono nel segno se riferiti al tipo di giudizio che
dev’essere svolto dal giudice nella preliminare fase della convalida del fermo,
atteso che il pericolo di fuga può ritenersi fondato quando una persona

ragionevole, in base alle informazioni disponibili al momento del fermo (Sez. 1,
n. 8708 del 08/02/2012 – dep. 06/03/2012, P.M in proc. Rosiichuk, Rv. 252217),
riterrebbe che l’indagato sta per darsi alla fuga.
E, nel caso in esame, può convenirsi con il giudizio espresso dal GIP laddove ha
ritenuto che il pericolo concreto di fuga è desumibile da molteplici elementi
(abbandono dell’ospedale dopo aver appreso dai medici, cui si era rivolto per
aver ingerito gli ovuli sospetti, che poteva essere in pericolo di vita; mancato
rinvenimento del medesimo presso l’abitazione da parte della PG operante subito
dopo il fatto, in quanto cancellato dall’anagrafe per irreperibilità; dichiarazioni
dell’indagato di aver acquistato lo stupefacente in Olanda; arresto del medesimo
in Cile per detenzione di cocaina); trattasi di elementi che – come precisato
nell’impugnata ordinanza – erano sintomatici di collegamenti del ricorrente con
Paesi esteri ove lo stesso avrebbe potuto trovare ospitalità, sottraendosi alle
ricerche della polizia giudiziaria. L’inferenza del pericolo di fuga evincibile
dall’impugnata ordinanza era, quindi, l’inferenza che farebbe qualsiasi persona
ragionevole.
Del resto, come già affermato da questa Corte, in tema di fermo, gli specifici
elementi dai quali assumere il pericolo di fuga non devono essere tali da poter
fornire la prova diretta del progetto di fuga; infatti, essendo la fuga un
avvenimento futuro ed incerto, la probabilità del suo verificarsi può essere
desunta da elementi indiziari (Sez. 1, n. 1396 del 23/03/1994 – dep.
26/04/1994, Spangher, Rv. 197214). Orbene, nel caso in esame, il pericolo di
fuga è stato desunto dall’esistenza dei predetti elementi indiziari, elementi che,
pertanto, rendevano verosimile la possibilità di fuga del ricorrente.
Da qui, dunque, l’infondatezza manifesta del motivo di ricorso.

8. Il ricorso dev’essere, pertanto, dichiarato inammissibile. All’inammissibilità del

ricorso segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero,
al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione
pecuniaria, di una somma che si stima equo fissare, in euro 1000,00 (mille! 00).
7

,

4

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.

Il Co igliere es

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 15 maggio 2014

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