Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29978 del 12/04/2016


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29978 Anno 2016
Presidente: ROSI ELISABETTA
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Minnone Antonino, nato a Palermo il 3/12/1981
Verga Vincenzo, nato a Corleone (Pa) il 4/11/1983
Tortorici Vincenzo, nato a Corleone (Pa) il 16/10/1980

avverso la sentenza del 13/3/2013 della Corte di appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Fulvio Baldi, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza
con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rigetto nel resto
..)
RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13/3/2013, la Corte di appello di Palermo, in parziale
riforma della pronuncia emessa dal Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Termini Imerese, rideterminava la pena inflitta ad Antonino
Minnone, Giovanni Di Maio, Vincenzo Verga e Vincenzo Tortorici in ordine al
delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110 cod. pen., 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre

Data Udienza: 12/04/2016

1990, n. 309, nei termini di cui al dispositivo; agli stessi erano ascritti molteplici
episodi di cessione di stupefacenti del tipo hashish e marijuana, accertati fino al
10/8/2006.
2. Propongono autonomo ricorso per cassazione Minnone, Verga e Tortorici,
personalmente, deducendo la violazione e l’errata applicazione degli artt. 133
cod. pen., 192 cod. proc. pen., nonché il difetto motivazionale. La Corte di
appello avrebbe confermato la condanna in forza delle sole intercettazioni
telefoniche – peraltro dal contenuto ambiguo – ed in difetto di qualsiasi altro

metodo impiegati per pervenire a tale conclusione. Del pari, la quantificazione
del trattamento sanzionatorio sarebbe priva di motivazione, sì da imporre
l’annullamento della sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. I ricorsi sono manifestamente infondati; ciononostante, la sentenza deve
essere annullata senza rinvio, per essere i reati contestati estinti per
prescrizione.
Innanzitutto, con riguardo al merito degli atti di gravame, il Collegio ne
sottolinea l’assoluta genericità, la palese vaghezza, l’evidente apoditticità, la
completa assenza di passi che integrino effettivamente una censura alla
pronuncia impugnata; i ricorrenti, infatti, riportati astratti (sia pur condivisibili)
principi di diritto in punto di motivazione delle sentenze, si limitano ad affermare
che quella offerta dal Giudice di appello sarebbe carente, illogica e fondata sulle
sole intercettazioni telefoniche, senza però – in concreto – evidenziare alcuna
reale doglianza.
Dal che, la declaratoria di inammissibilità.
4.

I ricorsi, inoltre, disattendono del tutto il percorso logico-giuridico

sviluppato dalla Corte di merito, che ha confermato la sentenza di primo grado
(sia pur con qualche correzione) con argomento del tutto adeguato, fondato su
oggettive risultanze istruttorie e privo di ogni illogicità manifesta.
In particolare, quanto al Minnone, il Collegio di appello ha richiamato
molteplici intercettazioni telefoniche tra questi ed altre persone – avvenute tra il
dicembre 2005 ed il 2006 – il cui contenuto illecito non pare revocabile in
dubbio; al punto che, in talune di queste, il ricorrente – peraltro già gravato da
due precedenti specifici – nomina espressamente «la droga», così come «la
Maria», «la canna», «il bilancino» (in altre, invece, la sostanza è chiamata in
termini volutamente criptici, ma non diversamente spiegabili, quali «magliettine
verdi», «una lana e mezza», «una grande ed una piccola», «mezza maglietta»).

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elemento a conferma; mancherebbe, inoltre, ogni indicazione dei criteri di

Conversazioni

numerose, reiterate e di interpretazione univoca,

analiticamente indicate in sentenza, dalle quali – con adeguato e logico percorso
argomentativo – la Corte di merito ha tratto la conclusione che «il Minnone
acquista partite di droga per poi venderle a terzi soggetti», mantenendo costanti
contatti tanto con i fornitori quanto con gli acquirenti.
Di seguito, il Collegio di appello ha verificato anche la tesi difensiva dell’uso
di gruppo, penalmente irrilevante, rigettandola – ancora in modo logico – per
palese difetto di presupposti; ed invero, nel caso di specie non sono stati

questa Corte – presiedono all’individuazione di tale fattispecie: ossia, a) che
l’acquirente fosse uno degli assuntori; b) che l’acquisto avvenisse sin dall’inizio
per conto degli altri componenti del gruppo; c) che fosse certa sin dall’inizio
l’identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per
mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all’acquisto
(Sez. U, n. 25401 del 31/1/2013, Galluccio, Rv. 255258; tra le altre, Sez. 4, n.
6782 del 23/1/2014, Cheggour, Rv. 259285).
Una motivazione – si ribadisce – alla quale il Minnone oppone soltanto
asserzioni prive di ogni specificità.
5. Alle medesime conclusioni, poi, perviene la Corte in ordine ai ricorsi di
Verga e Tortorici, redatti nei medesimi termini del precedente. Anche con
riguardo a’ questi imputati, infatti, il Giudice di appello ha individuato le
intercettazioni fondanti la responsabilità, evidenziandone ancora il tenore non
equivoco, come tale probatoriamente sufficiente («Dai, scendi e ti do i soldi o te
li do domani», «fumo», «un pochettino di fumogeno, un bel cinquantino»,
«Come ti è sembrata?», «sbrigati che se la fumano tutta, muoviti»). Un
compendio istruttorio dal quale è emerso, dunque, che i due ricorrenti erano in
grado di reperire stupefacente per cederlo a diversi acquirenti, che a loro si
rivolgevano in modo non occasionale, nella piena consapevolezza del ruolo così
svolto; un compendio, ancora, sul quale gli atti di gravame non muovono alcuna
reale censura, limitandosi – al pari del Minnone – a valutazioni astratte ed
apodittiche.
6. Tutti i ricorsi, pertanto, devono essere dichiarati inammissibili.
Tuttavia, rileva la Corte che – successivamente alla sentenza di appello l’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, è stato interessato da plurimi interventi
manipolatori, quali la sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 25/2/2014
(che ha reintrodotto la distinzione tra droghe “leggere” e droghe “pesanti”), il
d.l. n. 146 del 23/12/2013, convertito dalla I. n. 10 del 21/2/2014 (che ha
trasformato l’ipotesi attenuata di cui al comma 5 – riconosciuta ai ricorrenti – in
fattispecie autonoma di reato, riducendo il massimo edittale da 6 a 5 anni di

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riscontrati affatto i rigorosi requisiti che – per costante e condiviso indirizzo di

reclusione e confermando la pena pecuniaria da 3.000 a 26.000 euro) e, da
ultimo, il d.l. 20 marzo 2014, n. 36, convertito, con modificazioni, dalla I. 16
maggio 2014, n. 79 (che, ancora in ordine al comma 5, ha novellato la cornice
edittale – riducendola – nei termini della reclusione da 6 mesi a 4 anni e della
multa da 1.032 a 10.329 euro); si imporrebbe, pertanto, l’annullamento della
sentenza con rinvio, per verificare se il trattamento sanzionatorio sia ancora
conferme alla vigente cornice edittale.
Quel che, però, è precluso dalla prescrizione, nelle more maturata per tutti i

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per essere i reati estinti
per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 12 aprile 2016

Consigliere estensore

Il Presidente

reati, ai sensi degli artt. 157-161 cod. pen..

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