Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29977 del 31/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29977 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NAPOLI
nei confronti di:
ABAGNALE PASQUALE N. IL 09/02/1975
BELPASSO SALVATORE GIOVANNI N. IL 11/01/1977
BOCCARUSSO CANDELORO N. IL 20/05/1977
CAROTENUTO SANTOLO N. IL 14/01/1973
CESARANO ALFREDO N. IL 02/01/1961
CIANO ROSARIO N. IL 08/05/1976
CIPRIANO GIUSEPPE N. IL 26/11/1975
D’AMORE ANNA N. IL 04/12/1968
DE LUCA VINCENZO N. IL 15/09/1967
DELLA PORTA ARGENTINO N. IL 29/04/1963
GARCIA MELO IBAN N. IL 21/02/1983
GIORDANO FELICE N. IL 12/10/1972
IZZO LUCIO EMILIANO N. IL 28/03/1972
LAMBERTI FRANCESCO N. IL 05/01/1965
LOFANO VITANTONIO N. IL 07/01/1965
LUMIA PAOLO N. IL 02/10/1967
MARESCA FRANCESCO N. IL 01/01/1934
MAROTTOLI PASQUALE N. IL 21/08/1968
MUNOZ MORA CARLO AGUSTIN N. IL 26/08/1969
NOCERINO PASQUALE N. IL 13/03/1975
NOCERINO BIAGIO N. IL 19/10/1986
NOCERINO CIRO N. IL 29/05/1956
OKEKE JOHNSON IFEANYI N. IL 15/10/1965
PAPILLO FRANCESCO N. IL 22/07/1972
PERNA SALVATORE N. IL 20/12/1977
ROMEO CARMINE N. IL 17/10/1970
RUGGIERO GIUSEPPE N. IL 26/12/1966
SANSO’ LUIGI N. IL 09/03/1961
SANTAMARIA SERGIO N. IL 08/06/1967
SCARPA NATALE N. IL 28/09/1978

Data Udienza: 31/05/2013

TAOUFIK BELLO TOYN N. IL 09/09/1973
ZENO ANTONIO N. IL 04/07/1971
avverso l’ordinanza n. 9686/2011 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
29/06/2012

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sentita la relazione fatta dal ConsigliereENtt. GIACOMO ROCCHI;
lotte/sentite le conclusioni del N Dott.

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 29/6/2012, il Tribunale del Riesame di Napoli
dichiarava inammissibile l’appello proposto dal P.M. presso lo stesso Tribunale
avverso l’ordinanza con cui il G.I.P. aveva rigettato la richiesta di applicazione
della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di numerosi
soggetti, indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico
internazionale di stupefacenti nonché per vari episodi di detenzione a fini di
d.P.R. 309 del 1990 e artt. 3 e 4 legge 146 del 2006.
Secondo il Collegio, l’appello non conteneva una specifica ed analitica
indicazione delle doglianze dell’appellante, individualmente puntualizzate per
ogni soggetto appellato, così da perimetrare l’area del controllo devoluta al
giudice dell’impugnazione. Il generico rinvio operato dal P.M. impugnante alla
richiesta di misura cautelare non soddisfa il requisito della specificità
dell’impugnazione.
Secondo il Tribunale, l’atto di impugnazione si risolveva in una generica
critica dell’ordinanza impugnata, omettendo, salvo che per isolati capi di
imputazione, qualsiasi confutazione puntuale e soggettivamente individualizzata
delle argomentazioni addotte dal G.I.P.. Anche per le imputazioni su cui la
Pubblica Accusa si era soffermata, non vi era alcun riferimento al profilo della
sussistenza ed attualità delle esigenze cautelari e al profilo dell’adeguatezzza
della misura richiesta.
2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
di Napoli, Direzione Distrettuale Antimafia, rilevando che nell’atto di appello
erano state individuate con precisione le censure mosse all’ordinanza del G.I.P.
di Napoli, eccependo la contraddittorietà del percorso motivazionale in alcuni
precisi e decisivi passaggi relativi all’analisi di specifiche conversazioni
intercettate nonché, quanto all’interpretazione del linguaggio criptato, la
mancata valutazione delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Montella
Alessandro, che assumevano decisiva rilevanza in relazione alla contestazione
del reato associativo ad alcuni indagati, la considerazione errata delle cessioni di
droga poste in essere dagli indagati Taoufik e Munoz all’estero, ritenute dal P.M.
inquadrabili nell’attività delittuosa di carattere transnazionale oggetto della
contestata aggravante, l’errata valutazione della sussistenza dei gravi indizi a
carico di Lumia Paolo e della posizione di Okeke Johnson Ifeany.
Si trattava, quindi, di impugnazione per niente generica e assolutamente
motivata, che enucleava e argomentava gli elementi di critica in fatto e in diritto

spaccio di stupefacenti, fattispecie aggravate ai sensi dell’art. 73, comma 6 e 80

che inficiavano il percorso argomentativo e valutativo del provvedimento
impugnato, sia nel suo impianto metodologico, che nella disanima degli elementi
a carico dei singoli indagati.
Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
3. Ha depositato memoria il difensore di Nocerino Ciro, Nocerino Antonio e
D’Amore Anna, rilevando, in primo luogo, che nei confronti dei due Nocerino, era
stata emessa sentenza di giudizio abbreviato il 27/11/2012, cosicché, nei loro
Quanto al ricorso del Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del Tribunale del
Riesame, il ricorrente ne aveva riportato solo una parte. Il Tribunale aveva
esattamente ritenuto che, per essere ammissibile, l’impugnazione del P.M. non
può riproporre l’esistenza di elementi investigativi integranti la gravità indiziaria,
ma deve illustrare le censure mosse nei confronti del provvedimento del G.I.P..
Non si comprendeva, quindi, quale fosse il vizio di motivazione denunciato dal
P.M., e il ricorso era generico: ad esempio con riferimento alla posizione della
Dell’Amore, non vi era nessun richiamo alla gravità indiziaria legittimante
l’adozione di un provvedimento coercitivo nei suoi confronti.
Il difensore conclude, pertanto, per il rigetto del ricorso.
A seguito del rinvio il difensore ha depositato altra memoria in cui precisa
talune circostanze.
4.

Ha depositato memoria anche il difensore di Giordano Felice,

sottolineando che l’intero ricorso del Procuratore della Repubblica si fonda
sostanzialmente su questioni di fatto precluse in questa fase, in quanto il
ricorrente si limita ad esporre le circostanze di fatto che giustificherebbero
l’applicazione della misura cautelare: il ricorso è, quindi, inammissibile. Mancano,
poi, motivi specifici di impugnazione. L’ordinanza impugnata, poi, non presente i
vizi di motivazione denunciati.
Il difensore conclude per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
5. Ha depositato memoria il difensore di Sergio Santamaria, deducendo
l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso del P.M., nel quale è
rinvenibile una considerazione generale che attiene a tutti gli imputati, senza una
specifica valutazione delle singole posizioni.
Il G.I.P. aveva adeguatamente motivato il proprio rigetto affrontando
specificamente le singole posizioni e dimostrando l’insussistenza dei requisiti per
l’adozione di una misura cautelare. Ciò valeva anche per la posizione del

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confronti, la questione appariva superata.

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Santamaria, rispetto alla quale l’impugnazione del P.M. nulla confuta nello
specifico. Inoltre il P.M. non motiva in alcun modo in ordine all’attualità delle
esigenze cautelar’, tenuto conto che i fatti contestati sono molto risalenti nel
tempo.
Il difensore allega memoria della sesta sezione penale di questa Corte che
ha già trattato la sua posizione e conclude per la declaratoria di inammissibilità o
il rigetto del ricorso.

Il ricorso è inammissibile.
L’atto di appello avverso l’ordinanza del G.I.P. e il ricorso per cassazione
soffrono del medesimo vizio, già rilevato dal Tribunale nell’ordinanza impugnata:
di fronte ad un’ordinanza che accoglieva in parte la richiesta di misura cautelare
e la respingeva con riferimento a determinati indagati e a specifiche imputazioni,
il P.M., da una porte chiede la riforma integrale dell’ordinanza, insistendo
affinché tutte le richieste di misura cautelare siano accolte, dall’altra si limita ad
argomentare solo con riferimento a specifiche imputazioni e a determinati
indagati, tacendo del tutto su altri, per i quali, tuttavia, chiede l’applicazione
della misura custodiale.
Analogamente, nel ricorso a questo Corte, il P.M. ricorrente rivendica di
avere proposto un appello pienamente ammissibile, ma tace del tutto sulle
posizioni già tralasciate nella prima impugnazione: cosicché hanno buon gioco i
difensori di alcuni indagati – ad esempio Giordano Felice o Zeno Antonio – a
sottolineare che il P.M. appellante prima e ricorrente poi ignora del tutto i loro
assistiti, non spiegando affatto per quale motivo la decisione del G.I.P. di
rigettare la misura cautelare nei loro confronti sia errata e sulla base di quali
corrette considerazioni agli stessi dovrebbe essere applicata la misura richiesta.
Si deve ricordare che è inammissibile il ricorso per cessazione fondato su
motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse
ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che
risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate
dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez.
4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849), così come
quello i cui motivi si limitino a lamentare l’omessa valutazione, da parte del
giudice d’appello, delle censure articolate con il relativo atto di gravame,
rinviando genericamente ad esse, senza indicarne specificamente, sia pure in

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CONSIDERATO IN DIRITTO

modo sommario, il contenuto, al fine di consentire l’autonoma individuazione
delle questioni che si assumono irrisolte e sulle quali si sollecita il sindacato di
legittimità, dovendo l’atto di ricorso essere autosufficiente, e cioè contenere la
precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da
sottoporre a verifica. (Sez. 6, n. 21858 del 19/12/2006 – dep. 05/06/2007,
Tagliente e altro, Rv. 236689)

Nel caso di specie, la scelta del P.M. di riproporre per intero le richieste

salvo che per poche imputazioni, la correlazione tra le argomentazioni poste a
base dell’ordinanza impugnata e le censure poste a fondamento
dell’impugnazione sia carente e che, di fatto, il ricorrente ripropone le
argomentazioni già esposte nella richiesta di misura cautelare: non a caso, il
ricorso contiene considerazioni in fatto che sono del tutto precluse in questa
sede.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso il 31 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

respinte prima dal G.I.P. e poi dal Tribunale del riesame dimostra che, in realtà,

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