Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29969 del 02/04/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29969 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cocuzza Carmelo, nato a Catania il 26/01/1941
avverso la ordinanza del 08/07/2013 del Tribunale della Libertà di Catania
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Antonio Bellia che ha concluso per l’accoglimento del
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Data Udienza: 02/04/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale della Libertà di Catania, con ordinanza emessa in data 8 luglio
2013, ha confermato il decreto di sequestro preventivo per equivalente emesso
dal GIP presso il Tribunale della medesima città ai sensi del combinato disposto
degli artt. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, 322-ter cod.
pen. e 321, comma 2, cod. proc. pen. , con il quale era stato disposto il vincolo
“delle somme giacenti su conti correnti o depositi o su qualsiasi altro tipo di

Carmelo, quale legale rappresentante della Etnall SpA, per un valore
corrispondente al prezzo o profitto del reato”, pari ad euro 866.899,00 avendo
ritenuto il fumus del delitto di cui all’art. 4 d.lgs. 10 marzo 2000, n.74 del, per
avere il predetto, nella indicata qualità, indicato, nella dichiarazione annuale
modello unico 2008 per l’anno d’imposta 2007, elementi attivi per un importo
inferiore a quello effettivo, così non versando la maggiore imposta dovuta nella
misura di euro 866.899,00 (importo superiore al 10% dell’ammontare
complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, pari a euro
2.408.703,00).

2. Ricorre per cassazione Carmelo Cocuzza, tramite i suoi difensori fiducia,
affidando il gravame a due complessi motivi, sviluppati sotto plurimi profili, con i
quali denuncia violazione ed errata applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen., in
relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., per inosservanza
ed errata applicazione della legge penale ed altresì per mancanza e manifesta
illogicità della motivazione addotta in riferimento alla sussistenza del

fumus

commissi delicti (primo motivo); violazione ed errata applicazione dell’art. 1,
comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 nel suo combinato disposto
con il principio di legalità sancito dalla Costituzione della Repubblica italiana e
dagli artt. 1 e 2 del codice penale in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) ed
e), per inosservanza ed errata applicazione della legge penale ed altresì per
mancanza e manifesta illogicità della motivazione addotta in riferimento alla data
del presunta commesso reato (secondo motivo).
Si assume, da un lato, la mancanza del fumus sul rilievo che non può in
alcun modo ritenersi dovuta VIVA non versata dalla società sulla base di precise
disposizioni normative (art. 1, comma 1011, legge 27 dicembre 2006, n. 296)
che escludono di considerare come sopravvenienze attive tassabili le imposte
non versate per effetto dell’abbattimento consentito dalla legge, contestandosi
l’avversa interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate, pedissequamente
recepita dal pubblico ministero e condivisa dai giudici cautelari, in ordine alla
natura di sopravvenienza attiva tassabile del debito tributario IVA non versato

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rapporto bancario intestato o cointestato o comunque riconducibile a Cocuzza

dalla Etnall SpA, avendo questa aderito alla definizione agevolata sulla scorta del
richiamato art. 1, comma 1011, della legge n. 296 del 2006, alla luce della ratio
sottostante al detto intervento legislativo nonché al combinato disposto degli
artt. 88 e 99 TUIR e alla natura dell’IVA, come pure alla contraria prassi adottata
dall’amministrazione finanziaria in relazione ad analoghi interventi normativi
riferiti al sisma del 1990 che aveva interessato la Sicilia ed altresì a quello delle
Marche del 1997.
Dall’altro lato, si deduce come il Collegio cautelare abbia erroneamente

comma 143, della legge n. 244 del 2007, ratione temporis invece non applicabile
al caso di pecie, atteso che la sopravvenienza attiva prospettata nella
contestazione cautelare doveva ritenersi realizzata nel 2006, anno di entrata in
vigore della disposizione dell’art. 1, comma 1011, della legge n. 296 del 2006,
con conseguente obbligo di annotazione contabile per l’esercizio relativo al 2007
e di inserimento nella dichiarazione fiscale del 2007, laddove l’art. 1, comma
143, della legge n.244 del 2007 consente l’operatività del sequestro preventivo
per equivalente per i reati tributari ivi indicati solo in relazione a quelli commessi
a decorrere dall’i gennaio 2008.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Quanto al primo motivo, va rilevato come la soluzione adottata dal
Tribunale del riesame sia da ritenersi corretta.
Il ricorrente peraltro si limita non tanto a sollevare specifiche censure al
riguardo, quanto piuttosto a riproporre le tesi già sollevate e respinte, con
adeguata motivazione, dal Tribunale all’esito dell’incidente cautelare.
Ciò posto, l’art. 1, comma 1011, della legge n.296 del 2006 prevede che:
“Ai soggetti destinatari dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 10
giugno 2005 n. 3442, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 giugno
2005, interessati dalla proroga dello stato di emergenza nella provincia di
Catania, stabilita per l’anno 2006 con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 22 dicembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31
dicembre 2005, è consentita la definizione della propria posizione entro il 30
giugno 2008, relativamente ad adempimenti e versamenti, corrispondendo
l’ammontare dovuto per ciascun tributo e contributo a titolo di capitale, al netto
dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 50 per
cento, ferme restando le vigenti modalità di rateizzazione. I contribuenti hanno
la facoltà di definire la propria posizione di cui al periodo precedente attraverso

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ritenuto applicabile la misura cautelare introdotta per i reati tributari dall’art. 1,

un unico versamento attualizzando il debito alla data del versamento medesimo.
Per il ritardato versamento dei tributi e contributi di cui al presente comma si
applica l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto
legislativo 18 dicembre 1997 n.472, e successive modificazioni, ancorché siano
state notificate le cartelle esattoriali”.
L’art. 88, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) considera come
sopravvenienza attiva, tra l’altro, la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite

L’adesione alla definizione agevolata di cui all’art. 1, comma 1011, della
legge n. 296 del 2006, nel consentire l’abbattimento del 50% del debito (anche)
tributario, determina un vantaggio in termini di riduzione dei debiti per imposte
già registrate, anche se non ancora liquidate, con la conseguenza che tale
elemento, nella fase di redazione del bilancio, va considerato quale
sopravvenienza attiva, a prescindere dalla natura del tributo per il quale si
ottiene la riduzione di quanto dovuto.
Viceversa, per quanto attiene alla rilevanza fiscale di siffatte sopravvenienze
attive, vanno operate delle differenziazioni con riferimento alla natura del tributo
in relazione alla loro deducibilità giacché, da un punto di vista fiscale, una
sopravvenienza attiva in tanto è soggetta a tassazione se ed in quanto si
riferisca a «spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio
in precedenti esercizi» (ai sensi del richiamato art. 88, comma 1 del TUIR),
circostanza che, come sarà chiaro in seguito, paralizza l’obiezione, pure mossa in
ricorso, cifca la indeducibilità dell’Iva a rivalsa ex art. 99 Tuir.
Ne consegue che l’obbligo di sottoporre a tassazione la sopravvenienza
attiva dipende essenzialmente dalla natura della spesa sicché le sopravvenienze
attive connesse alla definizione delle imposte dirette e dell’IRAP, non sono
soggette ad imposizione sul rilievo che esse si riferiscono a spese o a costi
indeducibili con riferimento agli anni per i quali si è resa applicabile la
sospensione degli adempimenti, mentre le sopravvenienze attive connesse alla
definizione dell’Imposta sul valore aggiunto ovvero alla ritenute operate sui
compensi dei propri dipendenti o collaboratori ma non versate, sono soggette ad
imposizione, trattandosi di elementi di passività parzialmente cancellate nel
bilancio che concorrono sempre a formare il reddito imponibile andando a
costituire, ai sensi dell’art. 88, comma 1, TUIR, una componente positiva di
reddito.
Come è stato condivisibilmente affermato nelle risposte a talune
interrogazioni parlamentari presentate in proposito, anche in occasione a
contingenze diverse ma assoggettate alla medesima normativa fiscale di
riferimento, e come ha testualmente rilevato conche il Collegio cautelare

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od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi.

nell’ordinanza impugnata, va osservato che, ove si affermasse l’esclusione
dall’assoggettamento ad imposta delle sopravvenienze relative ad oneri dedotti
fiscalmente in precedenti esercizi, all’agevolazione – prevista dalle leggi emanate
in occasione di calamità naturali, come quella che specificamente riguarda lo
stato di emergenza nella provincia di Catania – si aggiungerebbe anche il
mancato recupero a tassazione di componenti negative che hanno concorso a
formare il reddito in esercizi precedenti.
In senso contrario, non sembra potersi richiamare la fattispecie «analoga»,

che interessò le province di Catania, Ragusa e Siracusa.
Sul punto è stato osservato come il relativo contesto normativo fosse
maggiormente articolato rispetto a quello caratterizzante il caso in esame e, in
tale occasione, la non tassabilità delle sopravvenienze derivanti dalla definizione
agevolata prevista dall’art. 9, comma 4, della legge n. 289 del 2002 era stata
utilmente sostenuta sulla scorta del tenore dell’art. 14, comma 5, della stessa
legge che, senza prevedere alcuna eccezione per le fattispecie del citato art.9,
comma 17, consentiva ai soggetti interessati di regolarizzare le scritture
contabili, tra l’altro, eliminando attività e passività fittizie, inesistenti o indicate
per valori superiori a quelli effettivi, senza che dette variazioni comportassero
l’emergenza di componenti positivi o negativi di reddito.
Norme analoghe, invece, non risultano essere state previste per la presente
fattispecie con la conseguenza che, ove la volontà del legislatore fosse stata
quella di escludere da imposta anche le sopravvenienze risultanti
dall’applicazione dell’art. 1, comma 1011, della legge n. 296 del 2006, sarebbe
stata necessaria un’espressa previsione normativa sicché, in mancanza di una
previsione siffatta, detti valori assumono rilevanza fiscale con le ovvie
conseguenze anche sul piano della responsabilità penale.
Altrettanto correttamente il Collegio cautelare ha ritenuto non convincente,
il richiamo alla non deducibilità dell’Iva, ai sensi dell’art. 99 Tuir, tanto sul rilievo
che la sopravvenienza attiva tassabile, scaturente dall’abbattimento del debito
tributario IVA, discende nel caso di specie dalle conseguenze legate alla
sopravvenuta insussistenza di “passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi”
(il che, ai sensi del citato art. 88, configura sopravvenienza attiva), senza che s
tale specifico punto la difesa abbia addotto alcuna utile allegazione nel corso
dell’incidente cautelare o, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso,
abbia utilmente sollevato specifica doglianza in sede di legittimità.
Ne consegue l’infondatezza del motivo.

3. Anche il secondo motivo è infondato.

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pure invocata nel ricorso, relativa ai soggetti colpiti dal sisma del dicembre 1990,

La legge finanziaria del 2008 ha esteso l’applicazione dell’art. 322 ter cod.
pen. anche ai delitti tributari, ed in specie a quelli previsti agli artt. 2, 3, 4, 5, 8,
10 bis, 10 ter, 10 quater, 11, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
Le Sezioni Unite hanno chiarito che la confisca per equivalente, introdotta
per i reati tributari dall’art. 1, comma 143, I. n. 244 del 2007, ha natura
eminentemente sanzionatoria e, quindi, non essendo estensibile ad essa la
regola dettata per le misure di sicurezza dall’art. 200 cod. pen., non si applica ai
reati commessi anteriormente all’i gennaio 2008, data di entrata in vigore della

La fattispecie di dichiarazione infedele (art. 4 d.lgs. n. 74 del 2000), alla
stessa stregua degli altri delitti in dichiarazione, fonda la ratio dell’incriminazione
sulla violazione dell’obbligo di completa e veridica esposizione delle componenti
qualitative e quantitative che determinano la base imponibile per l’applicazione
delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto ed il momento consumativo
coincide con quello di presentazione della dichiarazione annuale infedele.
Siccome l’infedeltà è inerente alla dichiarazione annuale modello unico 2008,
riferita all’anno d’imposta 2007 e presentata nel corso dell’anno 2008, la
disposizione ex art. 1, comma 143, legge n. 244 del 2007 risulta

ratione

temporis applicabile senza alcuna violazione del principio di legalità penale.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese
processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 2/04/2014

legge citata (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami ed altro, Rv. 255037).

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