Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29968 del 02/04/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29968 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Menegat Paola, nata a Roma il 07/10/1973
nei confronti del
Ministero dell’economia e delle finanza
avverso la ordinanza del 18/10/2012 della Corte di appello di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
udito per l’imputato l’avv. Cesare Gai che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso;

Data Udienza: 02/04/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma, con ordinanza emessa in data 18 ottobre
2012, giudicando in sede di rinvio, ha respinto nuovamente la richiesta di
riparazione per ingiusta detenzione proposta da Paola Menegat con riferimento al
procedimento penale che l’aveva vista imputata dei delitti di cui agli artt. 73 e 74
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e definito con sentenza di assoluzione con formula
ampia, emessa in data 23 novembre 2009 dal Tribunale di Roma, e divenuta

Per quanto qui interessa, la Corte territoriale ha ritenuto come nella
fattispecie in esame fosse ravvisabile un comportamento extraprocessuale
gravemente colposo, desumibile dalle risultanze processuali, ostativo al
riconoscimento del diritto alla riparazione.
Tanto sul rilievo che l’attività investigativa, consistita in intercettazioni
telefoniche ed ambientali protrattesi per un anno e mezzo ed in sequestri di
ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, aveva dimostrato l’esistenza di un
sodalizio criminoso, con sede principale nel quartiere Monteverde Nuovo,
finalizzato a trarre profitto dal commercio di sostanza stupefacente.
La Menegat era in quotidiano contatto con i soggetti apicali del sodalizio
(Massimo Galletti, capo dell’organizzazione) nonché con altri soggetti inseriti nel
suddetto contesto criminale (Marco Luca Furciniti, Manuel Morgia e Massimiliano
Celli) .
Il Furciniti, convivente della ricorrente con la quale aveva avuto una figlia,
era poi legato al Galletti da una pregressa amicizia familiare ed era
costantemente impegnato con il nipote, Morgia, in consegne al dettaglio di
sostanza stupefacente.
Tale quotidiano contatto era emerso sulla base delle dichiarazioni rese dalla
ricorrente nel corso dell’interrogatorio di garanzia e nel corso dalle spontanee
dichiarazioni effettuate a dibattimento: conviveva con il Furciniti, dal quale aveva
avuto una figlia, e con il Morgia, nipote del predetto Furciniti, ed aveva rapporti
di amicizia con il Galletti.
Da ciò la considerazione, desumibile dalla stessa sentenza di assoluzione e
dai contenuti di talune intercettazioni, secondo cui doveva ritenersi inverosimile
che la donna non avesse avuto conoscenza della quotidiana e frenetica attività
illecita che i predetti ponevano in essere.
E se anche la Menegat fosse stata all’oscuro di tali illeciti traffici, siffatta
ignoranza era dipesa da sua colpa grave, avendo dichiarato in sede di
interrogatorio e di spontanee dichiarazioni di essere a conoscenza dello stato di
tossicodipendenza del Furciniti e di essere stata aiutata economicamente dal

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irrevocabile il 19 aprile 2010.

Galletti, quando il convivente, appena uscito dal carcere, si trovava a Villa
Ma rai n i.
Secondo la Corte territoriale, la Menegat aveva inoltre rafforzato, sebbene la
sua condotta non fosse a ciò finalizzata, il proposito criminoso dei coimputati,
consentendo a questi ultimi di utilizzare il suo appartamento per gli illeciti traffici
di droga ed emergendo ciò da una conversazione nel corso della quale il Galletti,
dopo avere discusso con il Morgia dell’acquisto di 2 etti di sostanza stupefacente,
dichiarava di volere andare a casa di Paola Menegat per pesare la sostanza, una

In tal modo, secondo la Corte territoriale, i correi facevano affidamento sulla
disponibilità della Menegat a consentire che nell’abitazione sua e del Furciniti
venisse svolta tale illecita attività.
Il Galletti ed il Morgia erano quindi certi che la donna, anche in virtù dei
rapporti di convivenza con il Furciniti ed il predetto Morgia, non li avrebbe mai
denunciati, qualora avesse scoperto o sospettato dei loro illeciti traffici.
Da quanto precede emerge, secondo la Corte territoriale, che la Menegat,
con la suddetta condotta passiva, aveva rafforzato, sebbene inconsapevolmente,
il proposito criminoso del Galletti e del Morgia sicché tutto ciò – unitamente alla
circostanza che la ricorrente era a conoscenza o, comunque, ignorava con colpa
grave l’attività illecita posta in essere dal convivente, dal Galletti e dal Morgia consentiva di escludere il riconoscimento della pretesa riparatoria.

2. Ricorre per cassazione Paola Menegat, tramite il proprio difensore,
denunciando violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in
relazione all’art. 314 cod. proc. pen., ed affidando il ricorso ad un unico
complesso motivo con il quale lamenta erronea applicazione della legge penale,
illogicità e carenza della motivazione.
Si assume come la Corte di appello sia incorsa, nel giudizio di rinvio, in un
duplice errore, ritenendo che il proprio compito fosse limitato ad esplicitare le
ragioni sulla cui base pervenire alla reiezione della domanda di indennizzo, senza
svolgere nessun vaglio critico sul materiale processuale utilizzato, e cadendo in
un evidente e censurabile errore di percezione in ordine al contenuto degli atti
processuali esaminati laddove aveva tratto l’erroneo convincimento che la
Menegat, attraverso la propria condotta, dolosa o gravemente colposa, avesse
concorso a determinare il provvedimento restrittivo della libertà personale e il
suo mantenimento per oltre due anni, ponendo, a sostegno del proprio assunto
motivazionale, il contenuto di atti dai quale sarebbero emersi quotidiani contatti
con il Furciniti, il Morgia e il Galletti.
Tale circostanza sarebbe del tutto irrilevante quanto ai primi due, con i quali
la ricorrente conviveva al momento dell’arresto nell’abitazione condotta in

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volta arrivato Marco Furciniti.

locazione dalla coppia, e sarebbe invece pienamente smentita quanto alla
quotidianità di contatti telefonici con il Galletti.

3. Il Ministro dell’economia e delle finanze ha depositato memoria con la
quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.

1. Il ricorso è fondato nei limiti e sulla base delle considerazioni che
seguono.

2. Questa Corte, con la pronuncia cassata, aveva chiarito come, ai fini della
concessione o meno dell’indennizzo, un atteggiamento di connivenza potesse, in
astratto, essere ritenuto idoneo ad integrare la colpa grave purché, nella
situazione in concreto accertata, fosse riscontrata la presenza di determinati
presupposti, tra i quali la necessità di provare la conoscenza delle attività
criminose compiute (o almeno che con grave negligenza il connivente non se ne
fosse reso conto).
Si richiedeva quindi che fossero indicati gli elementi a supporto di questo
convincimento o quelli che avrebbero dovuto persuadere l’istante circa i traffici in
cui erano coinvolti i coimputati Furciniti, Morgia e Galletti; che fosse specificata
la condotta concretamente posta in essere dalla ricorrente e come questa avesse
influito sull’emissione e sul mantenimento del provvedimento restrittivo; che
fosse chiarito il tenore delle conversazioni telefoniche ascritte alla Menegat e
dalle quali sarebbe risultato che la stessa fosse consapevole dell’attività illecita
svolta, fornendo un proprio contributo; che fosse evidenziato se la ricorrente,
dopo l’esecuzione della misura, avesse tenuto un comportamento silenzioso o
mendace tale da influire sul mantenimento della misura restrittiva.

3. Rispetto alle prescrizioni commesse con la cassazione della precedente
ordinanza, è dunque fondato il rilievo della ricorrente circa il fatto che la Corte
territoriale abbia ritenuto di esaurire il proprio compito senza procedere ad alcun
vaglio critico in ordine al materiale censito per negare l’accoglimento della
pretesa riparatoria, incorrendo perciò nel vizio di

manifesta illogicità della

motivazione.
Il quale ricorre quando il giudice di merito, nel compiere l’esame degli
elementi probatori sottoposti alla sua analisi e nell’esplicitare, nel
provvedimento, l’iter logico seguito, si esprima attraverso una motivazione
incoerente, incompiuta e parziale, che si risolve in una carenza di logica nella
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CONSIDERATO IN DIRITTO

motivazione la quale va desunta, più che dalla mancanza di parti espositive del
discorso motivazionale, dalla assenza, emergente dal testo del provvedimento
impugnato, di singoli elementi esplicativi, i quali siano tali da costituire tappe
indispensabili di un percorso logico-argomentativo, che deve necessariamente
snodarsi tra i temi sui quali il giudice è tenuto a formulare la sua valutazione
(Sez. 5, n. 4893 del 16/03/2000, P.G. in proc. Frasca, Rv. 215966).

4. Ed infatti la Corte territoriale afferma come dal tenore di talune

di ricevere qualcosa destinata al suo convivente, fondando da ciò il
convincimento che l’oggetto della ricezione non poteva che essere la sostanza
stupefacente, ma senza alcuna indicazione delle ragioni di un tale approdo, né la
precisazione se alla conversazione (ed alle altre pure ritenute indicative di una
connivenza passiva tale da rafforzare l’altrui proposito criminoso) avesse
partecipato la Menegat, né alcuna indicazione se, sulla base degli atti
processuali, tale ricezione fosse avvenuta o meno, se fosse sfociata in una
imputazione e, in caso positivo, quale l’esito processuale di essa visto l’oggetto
illecito del trasferimento della res.
Allo steso modo, si afferma che la Menegat avrebbe consentito che la
propria abitazione fosse utilizzata per lo svolgimento dell’attività illecita,
desumendo ciò dal fatto che in una conversazione intercettata (alla quale
pacificamente non avrebbe partecipato la Menegat) il Galletti, discutendo con il
Morgia dell’acquisto di due etti di sostanza stupefacente, dichiarava di volerla
pesare a casa di Paola Menegat, una volta arrivato Marco Furciniti, ma senza
spiegare se la presenza del Furciniti fosse o meno alternativa a quella della
Menegat e, se non alternativa, la ragione per la quale, pur con la connivenza
della Menegat, fosse ritenuta necessaria la presenza del Furciniti.
Infine, all’affermazione per la quale la Menegat sarebbe in quotidiano
contatto con i soggetti inseriti nel sodalizio criminale (con il Furciniti ed il Morgia
perché conviventi con essa; con il Galletti per i rapporti di amicizia con costui),
corrisponde l’affermazione che la ricorrente non poteva essere all’oscuro
dell’attività illecita svolta dai predetti (e dal Celli, con riferimento al quale però
nulla è stato accertato), senza spiegare sulla base di quali precisi elementi fosse
fondata una tale asserzione, che sarebbe logicamente ovvia e neutra quanto ai
rapporti con Furciniti ed il Mogia perché coabitanti con la Menegat, e sfornita di
riscontri quanto al Galletti giacché un rapporto di amicizia non implica
necessariamente una quotidianità di contatti, posto che non risultano, dallo
stesso testo del provvedimento impugnato, intercettazioni tra la Meneagt ed i
predetti soggetti.

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conversazioni intercettate emergerebbe che la Menegat dovesse essere in attesa

Questa Corte ha affermato che la frequentazione, in modo gravemente
imprudente, con determinati soggetti, dediti alla commissione di delitti, con
forme e modalità tali da risultare equivoche e sospette può integrare una
fattispecie ostativa al conseguimento della pretesa riparatoria, tanto sul rilievo
che le frequentazioni ambigue – quali quelle che si prestano oggettivamente ad
essere interpretate come indizi di complicità – quando non sono giustificate da
rapporti di parentela e sono poste in essere con la consapevolezza che trattasi di
soggetti coinvolti in traffici illeciti, possono dare luogo ad un comportamento

del 26/11/2013,dep. 14/01/2014, Calò, Rv. 258610).
Nel caso di specie, la ricorrente deduce che i rapporti con il Furciniti ed il
Murgia fossero giustificati proprio dal rapporto di convivenza con i predetti con la
conseguenza che la condotta di connivenza idonea ad escludere la pretesa
riparatoria deve tenere conto di siffatte contingenze.

5. Le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995,dep.
09/02/1996,Sarnataro,Ry. 203638) hanno chiarito che “i/ rapporto tra giudizio
penale e giudizio della riparazione si risolve solo nel condizionamento del primo
rispetto al presupposto dell’altro, vale a dire all’accertamento della ingiustizia
della detenzione (che non può essere posto in discussione); il che, non conduce
automaticamente né al riconoscimento dell’indennizzo, né all’esclusione dello
stesso, spettando al giudice della riparazione una serie di accertamenti e
valutazioni da condurre in piena autonomia e con l’ausilio di criteri propri
all’azione esercitata dalla parte”.
Nel caso di specie, nei compiti del giudice di rinvio rientrava tale
accertamento da compiersi in modo non meramente ricognitivo, avendo questa
Corte già avuto modo di affrontare la problematica della valenza della
connivenza quale condotta ostativa al riconoscimento della riparazione,
riservando l’ambito di operatività di essa a tre casi e cioè: a) nell’ipotesi in cui
l’atteggiamento di connivenza sia indice del venir meno di elementari doveri di
solidarietà sociale per impedire il verificarsi di gravi danni alle persone o alle
cose (Sez. 4, n. 8993 del 15/01/2003, Lushay, Rv. 223688); b) qualora, nella
situazione in concreto accertata, la connivenza si concreti – non già in un mero
comportamento passivo dell’agente riguardo alla consumazione di un reato – ma
nel tollerare che tale reato sia consumato, sempreché l’agente sia in grado di
impedire la consumazione o la prosecuzione dell’attività criminosa (Sez. 4, n.
16369 del 18/03/2003, Cardillo, Rv. 224773); c) nell’ipotesi in cui la connivenza
passiva risulti aver rafforzato la volontà criminosa dell’agente, richiedendo, in tal
caso, per esser accertata, la prova positiva che il connivente fosse a conoscenza

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gravemente colposo idoneo ad escludere la riparazione stessa (Sez. 4, n. 1235

dell’attività criminosa dell’agente medesimo (Sez. 4, n. 6878 del 17/11/2011,
dep. 21/02/2012, Cantarella Rv. 252725).
Ciò posto, va riaffermato il principio, consolidato nella giurisprudenza di
legittimità, secondo il quale, in materia di riparazione per l’ingiusta detenzione, il
dolo o la colpa grave idonei ad escludere l’indennizzo devono sostanziarsi in
comportamenti specifici che abbiano dato o abbiano concorso a darvi causa
all’instaurazione dello stato privativo della libertà, sicché è necessario
l’accertamento del rapporto tra tali condotte ed il provvedimento restrittivo della

valutazione del giudice della riparazione si svolge su un piano diverso,
autonomo, rispetto a quello del giudice del processo penale, pur dovendo
eventualmente operare sullo stesso materiale: tale ultimo giudice deve valutare
la sussistenza o meno di una ipotesi di reato ed eventualmente la sua
riconducibilità all’imputato; il primo, invece, deve valutare non se determinate
condotte costituiscano o meno reato, ma se esse si posero come fattore
condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento
detenzione. Il mancato assolvimento di tale obbligo in termini di adeguatezza,
congruità e logicità della motivazione è censurabile in cassazione, ai sensi
dell’art.606, primo comma lett. e), cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 2365 del
12/04/2000, Vassura, Rv. 216311).

6. L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio per nuovo esame,
dovendo il Giudice del rinvio completare, se del caso, la motivazione secondo le
osservazioni sopra indicate (par. 4 del considerato in diritto) verificando, sulla
base di dati certi e non congetturali, se ritenga o meno di confermare che i
comportamenti scrutinati siano tali da risolversi, e per quale ragione (v. sub par.
5 del considerato in diritto), in una connivenza sia pure passiva ma in ogni caso
ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione.

P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Roma.
Così deciso il 2/04/2014

libertà personale, ancorato a dati certi e non congetturali. Sotto questo profilo, la

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