Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29964 del 26/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 29964 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SAIF ABDELKRIM N. IL 05/04/1967
avverso il provvedimento n. 1380/2003 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 12/06/2008
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
lette/s9tite le conclusioni del PG Dott.
Sr■

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 26/02/2014

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con istanza del 10 agosto 2013 presentata a questa Suprema Corte, SAIF
ABDELKRIM, premesso di essere detenuto in forza di ordine di esecuzione della pena di anni
tre, mesi tre e giorni dieci di reclusione inflittagli con sentenza del 29 novembre 2001 emessa
dal Tribunale di Palmi e divenuta irrevocabile il 31 ottobre 2008, ha richiesto di essere rimesso
in termini per proporre impugnazione avverso la sentenza della Corte di Assise di Appello di
Reggio Calabria del 12 giugno 2008 confermativa della menzionata sentenza del Tribunale di
Palmi, asserendo di non aver avuto notizia del procedimento a suo carico perché senza fissa
dimora.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile. A seguito delle modifiche apportate all’art. 175 cod. proc.
pen. disciplinante l’istituto della restituzione in termini dall’art. 1 comma 1 lett. d) del D.L.
21.2.2005, convertito con modifiche nella legge 60/05, nella ipotesi di pronuncia di sentenza di
condanna in contumacia è prevista a richiesta dell’imputato la restituzione nel termine per
proporre impugnazione, salvo che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del
provvedimento ovvero che abbia volontariamente rinunciato a comparire o a proporre
opposizione. All’autorità giudiziaria è consentito, a tale fine, di effettuare le necessarie
verifiche.
2. In coerenza con tali modifiche normative è stato così precisato da questa Suprema
Corte che agli effetti dell’accertamento della non “effettiva conoscenza” e degli altri presupposti
“volontari” indicati e richiesti dalla norma per ottenere la restituzione nei termini, è l’autorità
giudiziaria richiesta che deve compiere ogni necessaria verifica, tenuto conto che la legge in
questione ha introdotto una sorta di presunzione juris tantum di non conoscenza, ponendo a
carico del giudice l’onere di reperire negli atti l’eventuale prova contraria e, più in generale, di
effettuare tutte le verifiche occorrenti al fine di accertare se il condannato abbia avuto effettiva
conoscenza del procedimento ed abbia volontariamente rinunciato a comparire (tra le tante
Sez. 2^ 22.11.2012 n. 9776, El Badaoui, Rv. 254826; Sez. 6^ 20.11.2013 n. 46749,
Calcagnile, Rv. 257456; Sez. 4^ 14.5.2008 n. 23137, Mostardini, Rv. 240311).
2.1 Ciò anche in considerazione del fatto che la rado del nuovo intervento legislativo va
ravvisata nella necessità di adeguare la legge processuale ai principi della C.E.D.U. e di
riformare il previgente regime di restituzione in termini, già giudicato reiteratamente dalla
Corte di Giustizia europea come contrastante con il diritto dell’accusato alla effettiva
conoscenza dell’accusa e del processo, ad essere presente, a conoscere la decisione finale ed,
in difetto, ad ottenere una nuova sede giurisdizionale per la verifica della fondatezza
dell’accusa.

1

2.2 Né può bastare ai fini di ottenere la rimessione in termini, la mera (e necessariamente
interessata) affermazione di non aver ricevuto notizia della notificazione, in quanto come
precisato nella ricordata decisione El Badaoui, ferma restando la presunzione juris tantum di
non conoscenza dell’atto in questione da parte dell’imputato contumace, il riferimento
contenuto nell’art. 175 comma 2 cod. proc. pen., all’onere dell’Autorità Giudiziaria di compiere
ogni necessaria verifica implica necessariamente un corrispondente onere di allegazione di
circostanze rilevanti ad hoc, suscettibili di verifica da parte dell’A.G., a carico del soggetto

contumaciale.
2.3 Nel caso in esame la mera indicazione del richiedente secondo la quale l’Autorità
Giudiziaria “non ha posto in essere alcuna condotta specifica atta a non ricevere le notificazioni
che avrebbero dovuto essere effettuate” è del tutto generica e non consente di escludere che
l’Autorità Giudiziaria abbia rispettato quell’onere di verifica su di essa gravante.
3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché al versamento – trovandosi egli in colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità – della somma di C 1.000,00 (che si ritiene congrua) ciascuno in
favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma 26 febbraio 2014
Il Con igliere estensore

Il Presidente

interessato ad ottenere la rimessione in termini per l’impugnazione della sentenza

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