Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29961 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29961 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TALERICO PALMA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IMPELLIZZERI SERAFINO N. IL 26/02/1970
avverso l’ordinanza n. 207/2015 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 16/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PALMA TALERICO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. p
Ad)lt À

Uditi difensor Avv.;

3jvjec-(A-c,

ko,)

Data Udienza: 11/12/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 16 luglio 2015, il Tribunale di Caltanissetta, decidendo sul riesame
proposto nell’interesse di Impellizzeri Serafino, avverso il provvedimento emesso dal GIP del
medesimo Tribunale in data 26.6.2015 di applicazione nei confronti del predetto della misura
cautelare della custodia in carcere, annullava detto provvedimento limitatamente al reato di cui
al capo D) della rubrica (tentata estorsione aggravata ai sensi dell’art. 7 della legge n. 203/91
ai danni di Plumari Carmelo), confermandolo, invece, con riferimento al reato di cui al capo A)

territoriale della “famiglia Santapaola” di Catania, inserita nel’organizzazione di Cosa Nostra,
aggravata ai sensi del IV comma dell’art. 416 bis cp, in quanto gruppo avente disponibilità di
armi per il conseguimento delle finalità associative).
Secondo il predetto Tribunale, l’appartenenza dell’indagato all’articolazione territoriale di Troina
di Cosa Nostra si fondava su un granitico quadro indiziario desumibile dall’attività di
intercettazione telefonica e ambientale e dalle dichiarazioni di alcune persone vittime delle
pressioni del gruppo diretto da Davide Schinocca o che avevano avuto modo di avere contatti
con lo stesso, mentre i contatti tra alcuni membri del gruppo con esponenti della mafia nel
territorio di Catania dimostravano i legami del sodalizio con il clan Santapaola di quella città.
Più in particolare, le emergenze investigative avevano dimostrato che l’indagato aveva svolto
un ruolo attivo nel settore del racket nel mercato dei videogiochi, partecipando all’imposizione
di slot machine illegali (si trattava di normali videogiochi in cui una modificazione abusiva del
software consentiva la vincita di premi in denaro, eludendo il collegamento con i monopoli di
Stato) e alla conseguente spartizione di parte dei profitti conseguiti dagli esercenti; e che la
gestione delle slot machine illegali era stata svolta dall’Impellizzeri quale appartenente
dell’associazione mafiosa di riferimento non solo per le modalità utilizzate per l’inserimento
delle stesse sul mercato attraverso l’imposizione del pagamento di percentuali dei profitti, ma
anche perché il predetto era ben consapevole dei legami del gruppo con l’organizzazione
mafiosa catanese; l’appartenenza dell’Impellizzeri all’associazione mafiosa risultava, altresì,
provata dai precisi riferimenti del cugino del ricorrente (Impellizzeri Angelo), il quale si era
rivolto al congiunto perché preoccupato a causa di una minaccia ricevuta ed era stato da questi
rassicurato che, pur facendo parte del gruppo, l’avrebbe in qualche modo tutelato o avvertito
se vi fosse stato un pericolo effettivo per la sua incolumità; il quadro indiziario, inoltre, veniva
ulteriormente rafforzato dal contenuto di altre conversazioni dal quale emergeva che
l’Impellizzeri discuteva con Barbera Salvatore dell’opportunità di inviare del denaro ai sodali
ristretti in carcere e concordava con il suo interlocutore di destinare una somma a Scaminaci
Giovanni (tratto in arresto e condannato per associazione mafiosa ed estorsione; soggetto
indicato quale referente nel territorio di Agira di Cosa Nostra); gli esiti delle indagini relative al

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della rubrica (partecipazione all’associazione mafiosa operante a Troina, quale articolazione

sequestro in data 12.8.2014 di armi, anche candestine, dotate di munizionamento, avevano,
infine, dimostrato la riconducibilità delle stesse al sodalizio.
La natura permanente del reato associativo, in assenza di elementi da cui desumere il recesso
dell’associato dal gruppo o lo scioglimento della consorteria criminosa, fondava il giudizio di
pericolosità sociale dell’indagato che legittimava quello di adeguatezza della misura della
custodia cautelare in carcere.

avvocato Gaetano Grassia, deducendo i seguenti vizi:
a)

“ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) – e) cpp, per omessa e/o insufficiente e/o illogica

motivazione e per violazione di legge con riferimento agli artt. 416 bis cp, 192, 273, 274 cpp capo A) della rubrica di imputazione”;
b)

“ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) – e) cpp per omessa e/o insufficiente e/o illogica

motivazione e per violazione di legge con riferimento all’art. 416 bis, comma 4 0 , cp”.
2.1. Quanto al primo motivo di ricorso, il ricorrente ha dedotto che l’ordinanza impugnata
sarebbe del tutto “carente” in riferimento alla posizione dell’indagato e non avrebbe fatto buon
governo dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità in materia di partecipazione
ad associazione di stampo mafioso; che la motivazione della stessa sarebbe, altresì,
contraddittoria e illogica nella parte in cui, pur non ritenendo la sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza a carico dell’Impellizzeri per il reato di tentata estorsione aggravata ai danni di
Plumari Carmelo, avrebbe, poi, confermato il provvedimento restrittivo per l’ipotesi associativa
nonostante l’indagato non abbia commesso alcun reato fine e non siano emersi contatti con
altri sodali; che, inoltre, non sussisterebbero elementi circa il legame dell’Innpellizzerí con la
“famiglia” dei Santapaola, essendo venuta meno la posizione di Puglisi Concetto il quale,
secondo l’accusa, avrebbe svolto funzione di collegamento tra l’organizzazione di Troina e
quella di Catania; che il Plumari avrebbe riferito di pressioni esercitate da Schinocca Davide per
il posizionannento nel suo bar di videogiochi illegali ma mai dell’esistenza di un’associazione
criminale.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha censurato l’ordinanza impugnata per “omessa e/o
insufficiente e/o illogica motivazione e per violazione di legge con riferimento all’art. 416

bis

co. 4 cp “, evidenziando che, poiché detta aggravante sarebbe “configurabile a carico di ogni
partecipe che sia consapevole del possesso di armi da parte degli associati o lo ignori per
colpa”, il Tribunale avrebbe dovuto effettuare un penetrante vaglio al fine di verificare la
consapevolezza dell’Impellizzeri del possesso di armi da parte dell’organizzazione ovvero
l’ignoranza non colpevole dello stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2

t

2. Avverso detta ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’Impellizzeri,

3.

Giova, innanzitutto premettere che, secondo la costante giurdipsrudenza di questa Corte, “il

controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi
della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica
dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo,
stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli
apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la

coerente ed esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della
motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza
non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando non risulti “prima facie” dal testo
del provvedimento impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della
razionalità della motivazione sulle questioni di fatto” (Cass. Sez. 1 sent. n. 1700 del
20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566; Cass. Sez. 2 sent. n. 56 del 7.12.2011 dep. 4.1.2012,
rv 251761; Cass. Sez. 4 sent. n. 26992 del 29.5.2013 dep. 20.6.2013, rv 255460, secondo
cui, “in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione,
vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla
consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il compito di
verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso
ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai
canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze
probatorie”; Cass. Sez. Fer. n. 47748 dell’11.8.2014, rv 261400).
4.

Ciò posto, occorre rilevare che il vaglio logico e puntuale delle risultanze procedimentali

operato dal Tribunale per il riesame non consente a questa Corte di legittimità di muovere
critiche, nè tantomeno di operare diverse scelte di fatto.
Le osservazioni del ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno
emergere profili di manifesta illogicità della stessa; nella sostanza, al di là dei vizi formalmente
denunciati, esse svolgono, sul punto dell’accertamento del quadro indiziario, considerazioni in
fatto, insuscettibili di valutazione in sede di legittimità, risultando intese a provocare un
intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione adottata dal
Giudice del merito.
In proposito, va osservato che il Tribunale del riesame ha logicamente ritenuto sussistente la
gravità indiziaria nei confronti del ricorrente in ordine al delitto in contestazione valorizzando
tutti gli elementi emersi nel corso delle investigazioni.

3

concludenza dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata,

In paricolare, ha evidenziato che dal contenuto delle conversazioni captate (testualmente
trascritte) risultava che che l’Impellizzeri e Barbera Salvatore operavano già prima di
Schinocca Davide nel settore dei videogiochi, nel quale, solo nell’estate del 2012, si era inserito
quest’ultimo, che aveva imposto con la forza l’istallazione delle macchinette a tale Plumari
Carmelo, il quale aveva anche subito l’incendio della sua autovettura per avere tenuto spento
l’apparecchio illegale; successivamente a detto episodio, l’Impellizzeri e il Barbera, che, in un
primo momento, si erano opposti all’iniziativa dello Schinocca di inserirsi nella distribuzione

due come atto intimidatorio da parte dello Schinocca stesso che li determinava – ben
consapevoli dei legami del sodalizio di Troina, il cui comando era in mano allo Schinocca, con
l’organizzazione mafiosa catanese – a chiedere “un richiamo” nei confronti di quest’ulltimo da
parte di esponenti del gruppo mafioso di Catania a lui sovraordinati; si evinceva, infatti, dalla
conversazione intercettata tra Barbera Salvatore, l’Impellizzeri e tale Travaglia Cristian (già
condannato per avere fatto parte dell’organizzazione Cosa Nostra e, in particolare, della
famiglia Santapaola di Catania) il 31.10.2012 e dall’altra captata il 26.12.2012 tra il Barbera e
Salvatore Giuliano, che lo Schinocca era stato “ammonito” dai suoi capi; accadeva, poi, che,
nonostante l’iniziale opposizione, sia l’Impellizzeri che il Barbera, non solo avevano tollerato la
presenza dello Shinocca nel mercato dei videogiochi – in ragione della posizione di comando
dello Schinocca nel territorio di Troina – ma si erano associati con il gruppo di questi per la
spartizione dei profitti accettando che lo Schinocca ottenesse la percentuale di introiti
maggiore.
Ha, altresì, evidenziato come le modalità utilizzate per l’inserimento delle slot machine illegali
sul mercato attraverso l’imposizione del pagamento di percentuali dei profitti e la
consapevolezza da parte dell’indagato dei legami del gruppo con l’organizzazione mafiosa
catanese fossero elementi sintomatici dell’appartenenza del predetto nell’organizzazione
criminale di che trattasi; e che a essi si aggiungevano – con identico precipuo valore – i
riferimenti provenienti dal cugino del ricorrente e i contenuti di altre conversazioni intercettate
relativi all’opportunità di inviare somme di denaro ai sodali ristretti di cui in precedenza si è
fatto richiamo.
L’ordinanza impugnata, poi, risulta sorretta da un conferente percorso logico argomentativo in
relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari, laddove è stato messo in rilievo che “la
natura permanente del reato di cui all’art. 416 bis del codice penale, in assenza di elementi da
cui desumere il recesso dell’associato dal gruppo o loscioglimento della consorteria criminosa
pone una presunzione di pericolosità sociale dell’indagato”.
Ebbene, dette considerazioni risultano logicamente coerenti e del tutto conformi ai criteri di
inferenza che presiedono all’apprezzamento della esigenza cautelare del pericolo concreto e
attuale di reiterazione di reati della stessa specie.
4

delle slot machine, subivano un incendio di un’autovettura e tale gesto veniva interpretato dai

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
Roma, 11A
5.

Quanto al secondo motivo di ricorso, va rilevato che costituisce orientamento costante

quello secondo il quale, vi è carenza di interesse sia al riesame che al ricorso per cassazione
quando, con essi, l’indagato tenda ad ottenere una diversa qualificazione giuridica del fatto
dalla quale non consegua, per lui, alcuna concreta utilità (Sez. V, ordinanza 9.11.2005, n.
45940 RV 233219) e, in particolare, il tribunale del riesame, chiamato a decidere soltanto se,
in ordine al reato per il quale è stata emessa l’ordinanza impugnata, siano ravvisabili gravi
indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari, non può statuire circa la configurabilità o meno di

della disposta misura (Sez. I, Sentenza 6.11.1997 n. 6226, RV 209177; conformi: Cass. Sez.
VI, 21.11.2013, n. 50980, RV 258502, secondo cui “in tema di impugnazioni avverso misure
cautelari personali, vi è carenza di interesse sia al riesame sia al ricorso per cassazione quando
con essi l’indagato tenda ad ottenere l’esclusione di una circostanza aggravante, salvo che da
tale esclusione derivi, per lui, una concreta utilità”; Cass. Sez. VI, 28.11.2013, n. 7468, RV
258984).
In applicazione di tale principio, l’indicato motivo è inammissibile per carenza di interesse.
6.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, il

ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del
procedimento.
Devesi inoltre disporre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’articolo 94,
comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone
trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto
penitenziario, ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso, in Roma 1’11 dicembre 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

una circostanza aggravante, salvo che da quest’ultima dipenda in modo specifico la legittimità

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