Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29958 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29958 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LICI RIZA N. IL 30/05/1989
avverso l’ordinanza n. 895/2015 TRIB. LIBERTA’ di BOLOGNA, del
24/08/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. p As 4v ti ec Fi rAx ” i t/L e

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iL DitAiro

Data Udienza: 11/12/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 24.08.2015 il Tribunale di Bologna, costituito ai sensi
dell’art. 310 cod.proc.pen., ha rigettato l’appello proposto da Lici Riza avverso
l’ordinanza emessa il 22.07.2015 con cui la Corte d’appello di Bologna aveva
rigettato l’istanza di revoca della misura cautelare della custodia in carcere
applicata nei confronti dell’imputato, ovvero in subordine la sua sostituzione con
quella degli arresti domiciliari presso l’abitazione dei genitori.
Il Tribunale dava atto che il Lici, sottoposto a misura coercitiva per il delitto di

cautelati), all’esito dei due gradi di giudizio di merito, alla pena di anni 7 di
reclusione con sentenza in data 7.07.2015 della Corte d’appello di Bologna; e
riteneva tuttora concrete e attuali le esigenze di prevenzione di cui alla lettera c)
dell’art. 274) cod.proc.pen., in relazione alla personalità violenta e altamente
pericolosa, incapace di controllare le proprie pulsioni, dimostrata dal Lici in
occasione del reato commesso, consistito nell’accoltellamento di due persone,
dapprima importunate e minacciate in un bar, e poi aggredite fisicamente e
attinte da ripetuti fendenti vibrati con un coltello che l’imputato aveva
preventivamente portato con sé; valorizzava l’assenza di una revisione critica del
comportamento deviante, ricavabile dalla complessiva condotta processuale
dell’imputato, nonchè la permanente necessità della misura custodiale al fine di
cautelare il pericolo di reiterazione del reato, non contenibile con gli arresti
domiciliari, implicanti una capacità di autodisciplina contraddetta dall’attitudine
alla violenza e dallo spessore criminale dimostrato dal Lici; rilevava che
l’accertata indisponibilità, concretamente verificata, di strumenti di controllo
elettronico a distanza ex art. 275-bis cod.proc.pen. rendeva in ogni caso
impraticabile la custodia domiciliare.
2. Ricorre per cassazione Lici Riza, a mezzo del difensore, deducendo violazione
di legge e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, in relazione agli artt.
274, 275, 292 comma 2 lett. c-bis), 275 bis cod.proc.pen..
Il ricorrente lamenta l’omessa valutazione, nel giudizio sull’attualità delle
esigenze cautelari, della personalità del Lici, soggetto sostanzialmente
incensurato, costituitosi spontaneamente e detenuto in carcere da quasi due
anni, che aveva effettuato un’offerta risarcitoria alle persone offese e aveva
sempre lavorato regolarmente prima dell’arresto, così da contraddire il giudizio
di pericolosità, di inaffidabilità e di incapacità di autocontrollo formulato dal
Tribunale; deduce l’occasionalità del delitto commesso, in stato di alterazione
indotto dall’assunzione di alcol, e la natura assertiva dell’affermata inclinazione
alla violenza; censura la subordinazione degli arresti domiciliari alla disponibilità
immediata del c.d. braccialetto elettronico.
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tentato omicidio, era stato condannato, per tale titolo di reato e per altri (non

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Il Tribunale ha dato conto, con motivazione adeguata, coerente ed esaustiva,
delle ragioni della ritenuta permanenza di un pericolo concreto e attuale di
reiterazione di delitti della stessa specie, contro la vita e l’incolumità delle
persone, da parte dell’imputato, tutelabile solo con la massima misura coercitiva,
escludendo in particolare l’idoneità della custodia domiciliare ad assicurare le
esigenze di prevenzione, con specifico riferimento all’attitudine degli spazi di

rimessa in larga misura alla capacità di autodisciplina dell’interessato – a
concretizzare la probabilità di recidiva da parte di un soggetto che ha dimostrato
di non saper contenere le proprie pulsioni violente, valorizzando al riguardo
l’elemento di rischio direttamente discendente dalle circostanze e modalità in cui
si è estrinsecato il tentato omicidio, nel contesto di una pervicace aggressione
portata dal Lici a più persone, dapprima importunate e minacciate, e poi
ripetutamente colpite con un coltello portato in luogo pubblico, ferendo uno degli
aggrediti (Husic) alla regione lombare e attingendo l’altro (Ruggiero) con più
fendenti inferti in profondità alle regioni addominale e toracica (ledendo la milza
e il cavo pleurico della vittima), così da rendere necessario un immediato, e
salvifico, intervento chirurgico.
L’esclusione, da parte del provvedimento impugnato, di qualsiasi affievolimento
delle esigenze cautelari in grado di giustificare l’uscita dal carcere dell’imputato si
fonda pertanto su un percorso argomentativo munito di una propria, intrinseca,
coerenza logica, supportato da una corretta valutazione dei presupposti
normativi della massima misura custodiale anche alla stregua della novella di cui
alla legge n. 47 del 2015, capace di resistere alle censure del ricorrente, che si
limitano a sollecitare una rivalutazione delle esigenze cautelari, che non compete
alla Corte di legittimità, basata sull’allegazione di elementi valutativi di merito quali la sostanziale incensuratezza dell’imputato, la sua costituzione spontanea,
la risalenza dell’inizio della carcerazione, la titolarità di un lavoro, la formulazione
di un’offerta risarcitoria alle vittime (peraltro ritenuta modesta dal giudice di
merito) – che il Tribunale ha evidentemente ritenuto soccombenti rispetto alla
specifica pericolosità del Lici derivante dalla sua verificata attitudine a
manifestazioni di incontrollata violenza.
3. Anche la motivazione con cui il Tribunale, a completamento dell’indicazione
delle ragioni che rendono in concreto inidonea la misura degli arresti domiciliari a
cautelare le esigenze di cui all’art. 274 lett. c) cod.proc.pen., sotto il profilo
dell’assenza di garanzia del rispetto dei relativi obblighi e prescrizioni da parte
dell’imputato, ha dato atto dell’accertata indisponibilità, comunque, da parte

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libertà – comunque consentiti da una misura la cui osservanza è pur sempre

della polizia giudiziaria, dei dispositivi tecnici di controllo a distanza a cui l’art.
275-bis, comma 1, del codice di rito subordina la possibilità di applicare la
misura domiciliare cautelata dal c.d. braccialetto elettronico, si rivela conforme al
dettato normativo ed è perciò incensurabile.
Premesso, infatti, che l’applicazione del c.d. braccialetto elettronico non
costituisce una misura coercitiva ulteriore rispetto a quelle previste dalla legge,
ma rappresenta soltanto una modalità di esecuzione della custodia domiciliare e
dei controlli demandati alla polizia giudiziaria (Sez. 2 n. 6505 del 20/01/2015,

il giudice – ritenendo che tale strumento di controllo integri nel caso concreto una
modalità esecutiva necessaria ai fini della valutazione sulla capacità effettiva
dell’imputato di autolimitare la propria libertà di movimento (e dunque, in
definitiva, ai fini del giudizio sull’adeguatezza cautelare della misura gradata) non accolga un’istanza di sostituzione della custodia in carcere a causa della
concreta indisponibilità di “braccialetti” da parte della p.g., non sussiste alcun

vulnus ai principi di cui agli artt. 3 e 13 Cost., perché l’impossibilità della
concessione degli arresti domiciliari senza controllo elettronico a distanza
dipende pur sempre dall’intensità delle esigenze cautelari, ed è perciò ascrivibile
alla persona – inaffidabile – dell’imputato (Sez. 2 n. 28115 del 19/06/2015, Rv.
264230).
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
La cancelleria trasmetterà copia della presente sentenza al direttore dell’istituto
penitenziario di appartenenza dell’indagato, ai sensi dell’art. 94 comma 1-ter
disp. att. cod.proc.pen..

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 co. 1-ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso in data 11/12/2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Rv. 262600), questa Corte ha affermato il conseguente principio per cui, qualora

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