Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29957 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29957 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COPPOLA NICOLA N. IL 13/11/1966
avverso l’ordinanza n. 4221/2015 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
31/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. p t,50″t,c
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Uditi difensor Avv.;

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C.0 (A, ctut 141

Data Udienza: 11/12/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 31.07.2015 il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi
dell’art. 309 cod.proc.pen., ha confermato l’ordinanza applicativa della misura
cautelare della custodia in carcere emessa 1’1.07.2015 dal giudice per le indagini
preliminari in sede nei confronti di Coppola Nicola, gravemente indiziato del
reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., consistito nella partecipazione, in qualità di
associato (anziché di promotore od organizzatore, riformando su tale solo punto
l’ordinanza genetica), dell’associazione camorristica denominata “clan dei

associative funzionali all’infiltrazione della consorteria mafiosa nel comune di
Villa di Briano allo scopo di orientare in proprio favore la gestione degli appalti
relativi alle opere pubbliche e a conseguire un più generale asservimento
dell’azione amministrativa agli interessi del clan.
Il Tribunale dava atto che il compendio indiziarlo acquisito era costituito dalle
dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, a partire da quelle del
soggetto apicale del sodalizio Iovine Antonio, nonché dai risultati dell’attività di
intercettazione, telefonica e ambientale (in particolare a bordo dell’autovettura di
Lanza Benito e sull’utenza a lui in uso) e dalla documentazione acquisita presso il
comune di Villa di Briano.
Le complessive risultanze d’indagine avevano individuato in Coppola Nicola e
Cerullo Antonio gli uomini di fiducia dello Iovine preposti ai contatti – tramite
Lanza Benito – con Magliulo Nicola, funzionario comunale e fratello del sindaco di
Villa di Briano, disponibile a fornire informazioni riservate sulle gare d’appalto,
nonché ad assicurare la celerità dei pagamenti dovuti per le prestazioni eseguite
dalle imprese aggiudicatarie, imposte dal clan camorristico e ad esso riferibili.
Le dichiarazioni dello Iovine, riportate per ampi stralci nell’ordinanza, avevano
descritto il sistema e l’intreccio di rapporti illeciti attraverso il quale il capo del
clan era in grado di indirizzare, anche durante la sua prolungata latitanza, le
gare d’appalto verso imprenditori di sua fiducia; in particolare, il collaborante
aveva collocato il Coppola nel “secondo cerchio” dei suoi fiduciari, che aveva reso
diversi servizi nel corso della latitanza, tra l’altro attraverso la società ANAV,
operante dal 1989 e direttamente riferibile allo Iovine, della quale erano soci,
cointeressati alla divisione degli utili, il Cerullo e “Coppola Nicola detto Nicolino a’
Baschina”, incaricata di gestire gli appalti per la refezione scolastica in numerosi
comuni dell’agro aversano; lo Iovine aveva precisato che Coppola, imprenditore
a luì ininterrottamente legato fin dagli anni 80 e conosciuto sul territorio come
sua diretta emanazione e soggetto di riferimento, anche per la gestione delle
attività estorsive, non era stipendiato dal clan ma traeva dagli illeciti rapporti
d’affari procacciati dallo stesso Iovine i propri profitti. r ti-5
1

casalesi” facente capo a Iovine Antonio, con particolare riguardo alle condotte

Il ruolo del Coppola di soggetto che curava gli affari dello Iovine durante la
latitanza del capoclan, era stato confermato dagli altri collaboratori Venosa
Salvatore, Diana Luigi, Di Caterino Emilio, Caterino Massimiliano (che aveva in
particolare riscontrato il ruolo dell’indagato di alter ego e prestanome dello
Iovine nella gestione del servizio di mensa scolastica insieme al Cerullo); mentre
Pellegrino Attilio aveva dichiarato di essersi rivolto proprio al Coppola per
perorare la situazione di un amico soggetto a estorsione.
Il Tribunale dava atto della complessiva attendibilità delle dichiarazioni dei

del sodalizio, che si riscontravano reciprocamente tra loro quanto al nucleo
centrale della narrazione, nonché della loro idoneità a dimostrare l’intraneità al
clan camorristico del Coppola, i cui contatti continuativi coi principali referenti
dello ‘ovine avevano trovato conferma nell’attività di videoripresa, attestante gli
incontri tra i sodali e lo scambio di comunicazioni avvenuto in tali occasioni.
2. Ricorre per cassazione Coppola Nicola, a mezzo del difensore, deducendo
violazione di legge in relazione agli artt. 273, 125 comma 3, 292 comma 2, 192
commi 2 e 3 del codice di rito, 416-bis cod. pen., nonché vizio di motivazione,
anche sotto il profilo del travisamento del fatto, dell’ordinanza impugnata.
Il ricorrente lamenta l’assenza di sovrapponibilità delle dichiarazioni, di natura
frammentaria e contraddittoria, dei collaboratori di giustizia sui cui contenuti il
Tribunale aveva basato la prova indiziarla della partecipazione associativa del
Coppola al clan camorristico capeggiato dallo Iovine, nonché l’omessa specifica
indicazione degli elementi di riscontro delle chiamate in correità; deduce che il
Tribunale si era limitato a riportare le dichiarazioni collaborative senza operarne
il necessario vaglio critico di attendibilità e valenza probatoria, così da escludere
la sussistenza della gravità indiziaria richiesta dall’art. 273 del codice di rito;
rileva la natura generica di quanto dichiarato dallo Iovine sul presunto ruolo del
Coppola all’interno del clan, neppure contestualizzato nel tempo e nello spazio;
allega che gli altri collaboratori si erano limitati a riferire una generica
“vicinanza” del ricorrente allo Iovine, senza attribuirgli alcuna condotta specifica;
rileva che il Coppola non era mai stato intercettato o visto col Magliulo, ìndicato
dai collaboranti come il tecnico del comune di Villa di Briano col quale lo Iovine
avrebbe intrattenuto i contatti illeciti; deduce l’assenza di elementi sul
coinvolgimento del Coppola nell’accelerazione dell’emissione dei mandati di
pagamento da parte dell’amministrazione comunale; contesta l’individuazione nel
Coppola del “Nicolino” al quale aveva fatto riferimento Lanza Benito nella
conversazione intercettata il 27.10.2009; deduce che lo stesso Iovine aveva
escluso che il Coppola fosse stipendiato dal clan, indicandolo come un soggetto
economicamente autonomo, che non lo aveva adeguatamente appoggiato nel

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collaboratori di giustizia, in particolare di quelle provenienti dal soggetto apicale

suo programmato inserimento nel settore industriale della refezione; contesta la
prova dell’affectio societatis,

dell’inserimento organico dell’indagato nel clan

camorristico e di un contributo funzionale dallo stesso apportato alla vita del
sodalizio; lamenta l’omessa considerazione della circostanza che la società ANAV,
partecipata dal Coppola, era autonomamente cresciuta, in modo progressivo,
nelle sue capacità imprenditoriali anche durante la latitanza dello Iovine,
operando e conseguendo appalti pubblici anche in comuni estranei alla sfera di
influenza del clan, alcuni addirittura commissariati, fino all’anno 2008; rileva che

coinvolto il Coppola e che dalle intercettazioni nulla era emerso su eventuali
affari illeciti dell’indagato con Cerullo Antonio, mentre le telefonate e gli incontri
tra i due soggetti documentati dalle videoriprese effettuate presso un bar della
zona trovavano giustificazione nel fatto che i due erano compaesani e soci
(entrambi) della ANAV; lamenta infine l’assenza di motivazione sulla corretta
qualificazione giuridica delle condotte attribuite all’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere rigettato.
2. Costituisce principio acquisito nell’elaborazione giurisprudenziale di questa
Corte che i gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 273, commi 1 e 1-bis,
cod.proc.pen. per l’applicazione di una misura cautelare personale possono
fondarsi sulle propalazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia, la cui
chiamata in correità (o in reità), soggetta anche in sede cautelare ai criteri di
valutazione stabiliti dall’art. 192 commi 3 e 4 del codice di rito, oltre a soddisfare
i requisiti di credibilità soggettiva e di attendibilità intrinseca propri della prova
dichiarativa, risulti corroborata da riscontri estrinseci di natura individualizzante,
capaci di assumere idoneità dimostrativa in ordine alla compartecipazione del
chiamato nel reato associativo, che possono essere costituiti anche dalle
convergenti propalazioni di altri collaboranti (Sez. 1 n. 16792 del 9/04/2010, Rv.
246948), ferma restando, in relazione alla natura incidentale del procedimento
de libertate, la diversità di oggetto della delibazione cautelare delle dichiarazioni
accusatorie, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e
qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato, rispetto a quella demandata
al giudizio di merito, che è intesa invece all’acquisizione della certezza
processuale della colpevolezza dell’imputato (Sez.

1 n. 19517 dell’i/04/2010,

Rv. 247206).
3. Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata ha puntualmente valorizzato, a
carico del ricorrente, i contenuti delle dichiarazioni accusatorie rilasciate e
ribadite in più interrogatori – e riportate per ampi stralci nel testo del
provvedimento – da Iovine Antonio, provenienti da un coindagato del medesimo
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Venosa Salvatore non era stato in grado di indicare alcun affare in cui fosse

reato associativo, che, in ragione della veste apicale rivestita non solo
nell’articolazione del clan camorristico operante nel territorio di Villa di Briano e
zone limitrofe, ma nell’ambito più generale dei sodalizio criminale denominato
“clan dei casalesi”, deve ritenersi portatore di conoscenze privilegiate e
approfondite sull’organigramma associativo, sulle persone dei suoi componenti,
nonché sui ruoli singolarmente ricoperti e sulle attività rispettivamente svolte; in
particolare, il ruolo che è stato attribuito al Coppola dallo Iovine è quello di
appartenente (insieme a Cerullo Antonio e altri soggetti) al c.d. “secondo

apicali e il controllo delle attività illecite da parte del capoclan durante la sua
latitanza, rendendogli numerosi servigi, con speciale riguardo alla gestione degli
appalti pubblici controllati dal clan camorristico, come quelli nel settore della
refezione scolastica, in numerosi comuni dell’agro aversano, operando tra l’altro
attraverso una società – ANAV – della quale il Coppola era socio, suddividendone
gli utili, insieme al Cerullo, a Della Volpe Vincenzo e allo stesso Iovine.
Il ruolo del Coppola, descritto in termini costanti e adeguatamente analitici dallo
Iovine nei suoi interrogatori, era dunque quello di un imprenditore di fiducia del
capoclan nei rapporti con le amministrazioni pubbliche e con gli altri imprenditori
della zona, che rappresentava – in tale veste – un punto di riferimento per
l’imposizione delle estorsioni e lo sconto di assegni, in quanto considerato
“diretta derivazione” dello stesso Iovine; e tale ruolo, di fiduciario del capo
durante la latitanza, è stato riscontrato, in termini conformi, dagli altri
collaboratori le cui dichiarazioni sono state riportate, per stralcio, nel
provvedimento impugnato, come Venosa Salvatore, Diana Luigi, Di Caterino
Emilio, Pellegrino Attilio e Caterino Massimiliano: quest’ultimo, in particolare, ha
testualmente definito, in sede di riconoscimento fotografico, “Coppola Nicola
detto A Baschina” come “alter ego e prestanome di Antonio Iovine” (pagina 13
dell’ordinanza).
L’identificazione del Coppola col soprannome – individualizzante – di “Nicolino a’
Baschina” è stata operata, del resto, direttamente dallo Iovine nei suoi
interrogatori, così da fugare ogni possibile dubbio sul soggetto al quale hanno
fatto riferimento i propalanti con tale specìfica indicazione.
Il Tribunale ha dato altresì conto degli ulteriori elementi di riscontro del
compendio dichiarativo rappresentati dai risultati delle attività di captazione di
conversazioni e di videoripresa degli incontri intercorsi tra il Coppola e i principali
referenti dello Iovine durante la latitanza, caratterizzati anche dallo scambio
riservato di comunicazioni scritte (i c.d. pizzini), nonché dalla documentazione
che è stata acquisita sul conto della società ANAV.
4. Gli elementi di prova così acquisiti in ordine alla natura risalente, continuativa,
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cerchio” dei soggetti addetti ad assicurare il permanente esercizio delle funzioni

e strettamente fiduciaria del contributo apportato dal ricorrente alla permanente
vitalità, durante la latitanza del capo, del clan camorristico e delle sue attività in
settori essenziali come quelli del controllo degli appalti pubblici e della gestione
delle estorsioni nel territorio di riferimento, sono stati dunque correttamente
ritenuti idonei dall’ordinanza impugnata a integrare quel rapporto di stabile e
organica compenetrazione nel tessuto associativo nel quale è giuridicamente
configurabile la condotta di partecipazione al sodalizio mafioso (Sez. 1 n. 26331
del 7/06/2011, Rv. 250670; Sez. 2 n. 53675 del 10/12/2014, Rv. 261620); né

economica di cui godeva il Coppola, avendo il collaborante precisato come i
profitti dell’impresa mafiosa (co)gestita dal ricorrente, destinati a remunerare i
suoi “servizi”, trovassero comunque la loro radice causale negli affari e negli
appalti illeciti imposti dallo Iovíne grazie alla forza intimidatrice esercitata dal
clan camorristico.
La valutazione della capacità dimostrativa posseduta dagli elementi costituiti
dalle chiamate in correità e dagli ulteriori riscontri acquisiti a carico del Coppola,
al fine di integrare un quadro indiziario munito della gravità necessaria a
supportare l’applicazione della misura coercitiva per il delitto di cui all’art. 416
bis cod. pen. è dunque sorretta da una motivazione adeguata, conforme a
coerenti criteri logico-giuridici, che resiste alle censure del ricorrente e non è
sindacabile dalla Corte di legittimità, alla quale non è consentito di sovrapporre
un proprio, diverso, apprezzamento del peso e della concludenza probatoria degli
indizi, che resta di esclusiva competenza del GIP e del Tribunale del riesame
(Sez. 4 n. 26992 del 29/05/2013, Rv. 255460; Sez. 6 n. 11194 dell’8/03/2012,
Rv. 252178); così che il ricorso deve essere rigettato, con conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
5. La cancelleria trasmetterà copia della presente sentenza al direttore
dell’istituto penitenziario dì appartenenza dell’indagato, ai sensi dell’art. 94
comma 1-ter disp. att. cod.proc.pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 co. 1-ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso in data 11/12/2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

possono rilevare, in senso contrario, le dichiarazioni dello Iovine sull’autonomia

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