Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29954 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29954 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TALERICO PALMA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOCCIA FERDINANDO N. IL 23/04/1981
avverso l’ordinanza n. 20619/2010 GIP TRIBUNALE di NOLA, del
04/08/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PALMA TALERICO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/12/2015

RITENUTO IN FATTO
1.

A seguito della declaratoria di incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del decreto

legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n.
49 pronunciata con sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 e della conseguente
reviviscenza della disciplina modificata dal legislatore con le norme dichiarate incostituzionali,
il P.M. presso il Tribunale di Noia chiedeva al giudice dell’esecuzione di rideterminare la pena
(anni quattro di reclusione ed C. 20.000,00 di multa, previo riconoscimento delle circostanxze

Ferdinando dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Noia con sentenza del 13
giugno 2011, divenuta irrevocabile dal 30.7.2012, per il reato di cui all’art. 73 DR n. 309/90
per avere il condannato detenuto all’interno della propria abitazione, al fine di cederla a terzi,
815 grammi di sostanza stupefacente del tipo hashish (contenente 98,28 grammi di principio
attivo).
2.

Con ordinanza del 4 agosto 2014, il giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale di

Noia, quale giudice dell’esecuzione, procedeva a rideterminare la pena inflitta al Moccia con la
citata sentenza nella misura di anni tre, mesi quattro di reclusione ed C. 16.000,00 di multa,
secondo il seguente calcolo: p.b. anni cinque, mesi dieci di reclusione ed C. 30.000,00 di
multa, ridotta, in virtù del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche operanti come sancito dal giudice della cognizione – non nella massima estensione, in anni cinque di
reclusione ed C. 24.000,00 di multa, ulteriomente ridotta per la scelta del rito.
Il citato giudice, al fine di ripristinare la legalità del trattamento sanzionatorio a seguito della
richiamata pronuncia di incostituzionalità n. 32/2014, dopo avere premesso che poteva “agire
in piena libertà nella rideterminazione della pena, operando una nuova valutazione secondo i
parametri di cui all’art. 133 cp”, senza doversi “attenere a un criterio rigorosamente
matematico di carattere proporzionale”, rideterminava la pena inflitta al Moccia nei termini in
precedenza indicati in considerazione “che il soggetto deteneva a fini di spaccio un quantitativo
di hashish decisamente notevole (gr. 815, contenenti 98,28 grammi di principio attivo puro, da
cui avrebbero potuto ricavarsi 3.931,5 dosi medie singole), mentre i dati positivi
indubbiamente esistenti (l’incensuratezza e la confessione resa), erano stati già considerati dal
giudice della cognizione ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche”;
specificava, inoltre, “che la pena base per il calcolo non può essere individuata in prossimità
del limite edittale minimo (lo stesso giudice della cognizione, del resto, l’aveva fissata in
misura sensibilmente superiore all’allora minimo edittale) e deve essere anzi prossima al limite
massimo della cornice edittale”.
3.

Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo difensore di

fiducia, Moccia Ferdinando, deducendo “violazione ex art. 606 lett.b) e c) cp”.
1

attenuanti generiche e operata la riduzione per la scelta del rito abbreviato) inflitta a Moccia

Secondo il ricorrente il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto quantificare in modo
“matematico la pena che si sarebbe dovuta infliggere se la norma (generante condanna e
conseguente determinazione in cognizione) fosse stata costituzionalmente legittima”; e ciò
“perché ogni altra e ultronea valutazione violerebbe il giudicato già cristallizzato”; in particolare
ha evidenziato che mentre il giudice della cognizione si sarebbe attestato su una pena base di
anni otto di reclusione rispetto a una cornice edittale da sei a venti anni di reclusione, quello
dell’esecuzione si sarebbe, invece, attestato su una pena prossima al limite massimo della

drohe “leggere”.
4.

Con requisitoria scritta, il Procuratore Generale di questa Corte, dott. Giulio Romano, ha

chesto il rigetto del ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
5.

Il ricorso è infondato e, pertanto, va respinto, per le ragioni di seguito specificate.

Giova evidenziare che, alla stregua delle pronuncie di legittimità anche a Sezioni Unite
(sentenza 29.5.204, n. 42858, ric. Gatto; sentenza 26.2.2015, n. 22471, ric. Sebbar;
sentenza 26.2.2015, n. 33040, ric. Jazouli; sentenza 26.2.2015, n.37107 ric. Marcon) – che
hanno affrontato il tema del rapporto tra l’intangibilità del giudicato e le ricadute di decisioni
della Corte Costituzionale incidenti sul mero trattamento sanzionatorio – è possibile affermare
che il giudice dell’esecuzione, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del
2014, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del D.L. 30
dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, con
conseguente reviviscenza del previgente trattamento sanzionatorio dettato dal d.P.R. 9 ottobre
1990, n. 309, deve procedere alla rideterminazione della pena in favore del condannato a
norma degli artt. 132 e 133 cod. pen., attenendosi al rispetto sia dei limiti edittali previsti dalla
originaria formulazione dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, in relazione alla tipologia di
condotta e di sostanza stupefacente oggetto di contestazione, sia delle valutazioni già
effettuate in sentenza dal giudice della cognizione con riferimento alla sussistenza del fatto e al
significato allo stesso attribuibile.
Ciò posto, ritiene la Corte che Tribunale di Nola, quale giudice dell’esecuzione, ha fatto buon
governo dei suddetti principi, procedendo a rideterminare la pena secondo i criteri di cui all’art.
133 del codice penale e spiegando, anche, le ragioni, del perché non avesse applicato un
rigoroso ricalcolo aritmetico.
Ha, infatti, evidenziato la gravità della condotta posta in essere dal condannato, “soggetto che
deteneva a fini di spaccio un quantitativo di hashish decisamente notevole (gr. 815, contenenti
98,28 grammi di principio attivo puro, da cui avrebbero potuto ricavarsi 3.931,5 dosi medie
2

cornice edittale “rivissuta” che prevede una pena da anni due ad anni sei di reclusione per le

singole)” e ha rilevato che “i dati positivi indubbiamente esistenti (l’incensuratezza e la
confessione resa), erano stati già considerati dal giudice della cognizione ai fini della
concessione delle circostanze attenuanti generiche”.
In tal modo, ha, con motivazione assolutamente congrua, valutato la concreta idoneità del
trattamento sanzionatorio – come rideterminato – rispetto alla fattispecie accertata.
6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma 1’11 dicembre 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

processuali.

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