Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29951 del 05/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 29951 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ARCODIA PIGNARELLO ANTONINO N. IL 10/06/1975
avverso la sentenza n. 1279/2011 CORTE APPELLO di MESSINA, del
03/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 05/06/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza 3 febbraio 2014 la Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza emessa
in data 9 febbraio 2011 dal Tribunale di Patti, Sezione distaccata di Sant’Agata di Militello, appellata da ARCODIA PIGNARELLO Antonino, dichiarato responsabile del delitto di violenza
privata, commesso il 2 aprile 2005.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione e violazione di legge
sul ricorrere della violenza privata.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
In primo luogo la doglianza sulla motivazione della sentenza di appello la definisce piuttosto carente, senza evidenziare spunti di manifesta illogicità, che, unici, consentirebbero un annullamento al proposito.
In ogni caso la Corte di merito ha evidenziato il ricorrere del delitto contestato, a conferma della
decisione del primo giudice, con valutazione adeguata delle dichiarazioni della persona offesa
dalle quali ha chiaramente rilevato che già la prima manovra del prevenuto, di costringere il
RIOLO ad arrestarsi nel suo percorso normale di marca sterzando per evitare la vettura di quello
posta di traverso, aveva integrato il delitto lui ascritto. E si tratta di motivazione corretta in fatto
e diritto atteso che una tal manovra ha avuto per effetto di costringere la persona offesa ad un
comportamento che senza la stessa non avrebbe tenuto.
Non operante la prescrizione in quanto il termine, che sarebbe scaduto il 2 ottobre 2012, era stato
prorogato per plurime sospensioni per giorni 540 fino al 26 marzo 2014, data successiva a quella
della sentenza di secondo grado; l’inammissibilità del ricorso impedendo il formarsi di un valido
rapporto di impugnazione rende inoperante l’avvenuta scadenza del termine per l’estinzione del
reato.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P . Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma i giugno 2015.

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