Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29950 del 19/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29950 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso presentato nell’interesse di
Artale Gaetano, nato a Palermo il 27/04/1967

avverso la sentenza emessa il 16/01/2014 dalla Corte di appello di Palermo

visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo
il rigetto dei ricorsi;
udito per il ricorrente l’Avv. Antonino Gattuso, il quale ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

Il difensore di Gaetano Artale ricorre avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la parziale riforma della sentenza emessa nei confronti del suo

Data Udienza: 19/06/2014

assistito il 07/03/2011 dal Tribunale di Palermo. I fatti si riferiscono a presunte
condotte di bancarotta documentale (che la Corte territoriale derubricava
nell’ipotesi di cui all’art. 217 legge fall.) poste in essere nell’ambito della gestione
dell’impresa individuale di cui VArtale era titolare, dichiarata fallita nel 2007.
Con l’odierno ricorso, la difesa lamenta la violazione degli artt. 159, 415-bis
e 418 cod. proc. pen., reiterando una eccezione di nullità che assume essere
stata erroneamente, rigettata dai giudici di merito: ciò in quanto l’avviso di
conclusione delle indagini preliminari, come pure

il successivo avviso di

rito degli irreperibili, sul presupposto che egli non fosse stato rintracciato presso
l’abitazione di residenza. Assume il ricorrente che le ricerche effettuate
all’epoca furono incomplete, atteso che:
– l’imputato era stato sempre residente in Palermo, Largo Primavera 14,
dove infatti fu regolarmente reperito in occasione della notifica di atti
successivi;
non si era proceduto ad assumere informazioni, su come e dove
rintracciare l’Artale, presso il curatore del fallimento, avendo l’imputato
(appunto in quanto fallito) l’obbligo di rendersi reperibile per quell’ufficio,
tanto da avere in effetti comunicato al curatore medesimo il proprio
numero di utenza cellulare;
lo stesso curatore aveva segnalato, aggiornando il Giudice delegato sullo
stato della procedura, che l’Artale si era già presentato per rendere
interrogatorio;
non si era tentato di acquisire elementi neppure dalla madre
dell’imputato, con lui regolarmente convivente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve ritenersi inammissibile.
La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di affermare che
entrambe le ipotesi di nullità lamentate dal ricorrente non possono considerarsi
di natura assoluta; si è infatti da tempo precisato che integrano nullità a regime
intermedio l’omessa notifica all’imputato sia dell’avviso di conclusione delle
indagini preliminari (v. Cass., Sez. I, n. 47529 del 02/12/2008, Barcellona, Rv
242075), sia dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare (v. Cass., Sez. V,
n. 49473 del 09/10/2013, Leone, Rv 257182), con il conseguente regime di
rilevabilità previsto dall’art. 180 cod. proc. pen.

2

fissazione dell’udienza preliminare, risultano essere stati notificati all’Artale con il

Ergo, l’eccezione ribadita con il ricorso in esame avrebbe dovuto essere
proposta, al più tardi, entro la deliberazione della sentenza di primo grado;
dall’esame degli atti emerge invece che l’Artale, ricevuta una rituale notifica del
decreto ex art. 429 cod. proc. pen. (a mani della madre convivente) il 3 maggio
2010, in vista dell’udienza dibattimentale del 07/07/2010, rimase contumace per
l’intero corso del giudizio dinanzi al Tribunale, senza che il suo difensore ponesse
mai questioni di sorta sulla regolarità delle notifiche sopra ricordate. In ordine
alla pretesa incompletezza delle ricerche ai fini dell’emissione del decreto di

presentazione dell’appello avverso la sentenza di condanna, quando la pur
paventata nullità era oramai da considerare sanata.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna dell’Artale al
pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa
nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla
volontà del ricorrente (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 18/06/2014.

irreperibilità venne formulata espressa doglianza soltanto nel momento della

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