Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29950 del 10/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29950 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE FRANCESCHI GIORGIO N. IL 17/01/1959
avverso l’ordinanza n. 36/2015 TRIB. LIBERTA’ di TRENTO, del
09/06/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ADET TONI NOVIK;
lette/s~e le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 10/12/2015

RILEVATO IN FATTO
1. Con sentenza n. 18.195 del 2015 la Sezione Quinta di questa Corte ha
annullato l’ordinanza del tribunale del riesame di Trento, costituito ai sensi
dell’art. 309 cod. proc. pen., di rigetto della richiesta di riesame proposta
nell’interesse di De Franceschi Giorgio avverso l’ordinanza in data 28 agosto
2014 con cui il Gip del Tribunale di Rovereto aveva applicato al medesimo De
Franceschi la misura cautelare dell’interdizione per due mesi dall’esercizio degli
uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per il reato di furto

pen., comma 1, n. 5, 7 e 11). All’indagato, quale direttore di supermercato, era
stato addebitato di aver sottratto merce con l’uso di “mezzo fraudolento”, per
essersi messo egli stesso alla cassa del supermercato, fatto passare beni per
ingenti quantitativi e valori destinati a se stesso familiari o amici simulando
l’emissione di regolare scontrino che poi annullava.

2. La Corte di Cassazione con la sentenza sopra indicata ha confermato la
sussistenza del quadro indiziario, rigettando il relativo motivo di ricorso, ma ha
annullato l’ordinanza del riesame per vizio di motivazione sulla sussistenza della
circostanza aggravante di cui all’art. 625 cod. pen., comma 1, n. 2 e di quella del
danno patrimoniale di rilevante gravità. In ordine al primo profilo, la Quinta
sezione censurava l’ordinanza per non aver esaminato la doglianza relativa alla
rintracciabilità dello scontrino emesso, mentre sul punto del danno rilevava che il
tribunale del riesame non aveva dato adeguata risposta alle doglianze della
difesa, avendo fatto riferimento ad una valutazione “complessiva” e non ai
singoli episodi delittuosi.

3. Con ordinanza emessa il 9 giugno 2015, il tribunale del riesame di Trento
ha escluso la sussistenza del danno di rilevante gravità, ma ha confermato la
ricorrenza del mezzo fraudolento e dell’abuso di relazioni di ufficio. In
particolare, quanto alla prima, escludeva che la possibilità di un successivo
controllo contabile sull’annullamento degli scontrini rendesse possibile risalire
all’autore delle relative operazioni, che risultavano del tutto anonime.

4. Avverso l’indicata ordinanza del Tribunale di Trento ha proposto ricorso
per cassazione De Franceschi Giorgio per mezzo del difensore, articolando tre
motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.,
comma 1.
4.1. Il primo motivo di ricorso ripropone il tema della mancanza di
motivazione sui gravi indizi di colpevolezza per aver il Gip accolto acriticamente
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continuato e pluriaggravato (artt. 625 cod. pen., comma 1, n. 2, art. 61 cod.

le argomentazioni del pubblico ministero senza effettuare il vaglio di fondatezza.
Il tribunale del riesame avrebbe dovuto annullare l’ordinanza. Il ricorrente cita la
giurisprudenza che esclude che il tribunale del riesame possa esercitare i poteri
integrativi in caso di mancanza totale di motivazione. Richiama le
argomentazioni difensive introdotte con l’interrogatorio e deduce che il rapporto
di lavoro aveva natura privata.
4.2. Con il secondo motivo, denuncia carenza di motivazione in ordine alla
qualificazione giuridica. Con riguardo alla circostanza aggravante di cui all’art.

indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione e non aveva specificato quale era il
mezzo fraudolento utilizzato. Non vi era prova che De Franceschi si fosse messo
alla cassa per far passare beni, e l’emissione di uno scontrino era operazione
usuale, conosciuta e autorizzata. Il ricorrente indica che l’importo dovuto da tale
Bertolini Paolo non era stato ancora pagato. Alla luce della giurisprudenza di
legittimità (è citata Sezioni Unite 40.354 del 2013), nessun mezzo fraudolento
era stato utilizzato nel caso di specie.
4.3. Il terzo motivo denuncia insussistenza, carenza, contraddittorietà della
motivazione in ordine alle esigenze cautelari. Sul punto il tribunale del riesame
non aveva motivato. È citata giurisprudenza di legittimità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato
inammissibile.
1.1. In relazione al primo motivo, come correttamente rilevato dal tribunale
del riesame, sul tema dei gravi indizi di colpevolezza, a seguito della decisione
della Corte di Cassazione che ha respinto questo motivo, si è formato il
cosiddetto giudicato cautelare che, in difetto di elementi nuovi, preclude la
possibilità di rimettere nuovamente in discussione questioni già trattate “ad
libitum, quando piaccia, e quante volte si voglia, tanto palesemente
pregiudicando la ragionevole durata del processo”.
1.2. Anche il secondo motivo è privo di fondamento, non apparendo
revocabile in dubbio la correttezza della qualificazione giuridica operata dal
tribunale del riesame. Come affermato dal Supremo Collegio nella sua
espressione più autorevole, l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento, delinea
una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa dotata di marcata
efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea,
quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure
che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità, (cfr. Cass.,
sez. un., 18/07/2013, n. 40354, rv. 255974, citata dallo stesso ricorrente). Il
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625 cod. pen., comma 1, n. 2, il tribunale del riesame aveva disatteso le

Tribunale del riesame ha preso in esame la condotta concretamente posta in
essere da De Franceschi, come ricostruita attraverso gli atti di indagine (filmati
effettuati nell’esercizio, testimonianze, documentazione contabile), e con
giudizio di fatto, incensurabile in questa sede, ha correttamente valutato che
l’annullamento degli scontrini rendeva impossibile risalire all’autore delle
operazioni e realizzava una modalità idonea ad aggirare i mezzi di tutela
apprestati dal possessore del bene sottratto. Detta condotta presenta quindi il
grado di disvalore che, nell’ottica della legge, giustifica la maggiore gravità del

relazione alla contestazione elevata, è la notazione esposta in ricorso sulla
natura giuridica dell’ente.
1.3. Il terzo motivo è destinato ad uguale sorte, attesa la genericità della
censura che si limita ad una elencazione di massime di giurisprudenza, senza
nessun confronto con la decisione impugnata. Sul punto delle modifiche
apportate dall’art. 2, legge 16 aprile 2015, n. 47, norma che ha introdotto il
requisito della attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lett.
c), cod. proc. pen., requisito che ormai risulta indispensabile per compiere il
giudizio prognostico, questa Corte ha avuto già modo di sottolineare che per
ritenere concreto ed “attuale” il pericolo di reiterazione, non basta ipotizzare che
l’imputato, se libero, sicuramente, o con alta probabilità, continuerà a delinquere
quando ne avrà l’occasione, ma è necessario che tale prognosi investa anche
l’occasione del delitto, che deve quindi risultare “certa o comunque probabile” (in
tal senso, si veda la parte motiva di Sez.3, n. 37087 del 19/5/2015, Marino, Rv.
264688). Ne deriva che non è più sufficiente ritenere – in termini di certezza o di
alta probabilità – che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti
l’occasione, ma è anche necessario, anzitutto, prevedere – negli stessi termini di
certezza o di alta probabilità – che all’imputato si presenti effettivamente
un’occasione per compiere ulteriori delitti. (Conf. Sez. 3, n. 37087 del
19/05/2015 – dep. 15/09/2015, Marino, Rv. 264688; Sez. III, sent. n. 37089 del
2015, non mass.). Di fatto, la valutazione di attualità non può che essere
ancorata all’esame della situazione concreta da cui desumere che con elevato
grado di probabilità l’imputato reitererà i reati. Nel caso di specie la motivazione
del collegio territoriale, non appare ne’ carente, ne’ illogica. Il Tribunale ha
adeguatamente motivato il pericolo di reiterazione ravvisando elementi
sintomatici del rischio di recidiva nella durata nel tempo delle condotte, portate
avanti con sfacciataggine approfittando del ruolo rivestito.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento nonché al versamento in favore della
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fatto e l’incremento della sanzione che ne deriva. Del tutto irrilevante, in

Cassa delle Ammende, di una somma determinata, equamente, in Euro 1000,00,
tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che “la parte
abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”. (Corte Cost. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2015.

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