Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29946 del 03/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 29946 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CICCONE LUCIANO N. IL 06/02/1958
avverso la sentenza n. 4521/2008 CORTE APPELLO di MILANO, del
14/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
che ha concluso per

Udito, per la parte ivile, l’Avv
Udit i difenso Avv.

Data Udienza: 03/06/2014

udito il PG in persona del sost.proc. gen. Dott. E Selvaggi, il quale ha chiesto rigettarsi il
ricorso,
udito per l’imputato l’avv.sa P. Vella in sost.ne dell’avv. R. Vitali, che si è riportata al ricorso e
ne ha chiesto l’accoglimento-

. 1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte d’appello di Milano, in parziale riforma
della pronuncia di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere a carico di Ciccone
Luciano in ordine al delitto di cui agli articoli 110, 646, 61 nn. 7 e 11 cp perché estinto per
prescrizione; ha confermato l’affermazione di responsabilità a carico del predetto con
riferimento al delitto di bancarotta patrimoniale, relativa al fallimento della spa EUROPEAN
SECURITIES SIM, della quale il predetto era direttore generale, fallimento dichiarato con
sentenza del 4 ottobre 2002, rideterminando il trattamento sanzionatorio in senso più
favorevole all’imputato, ma applicando la pena accessoria, omessa dal primo giudice.
2. Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato e deduce violazione di legge, atteso
che i giudici del merito non hanno provato il dolo e -dunque- non hanno motivato sulla
sussistenza dell’elemento psicologico, perché, evidentemente, per essi, nei fatti distrattivi è
implicita la volontà di nuocere ai creditori della società.
2.1. I giudici del merito non hanno neanche preso in considerazione il fatto che il
coimputato Lee William ebbe a versare nelle casse sociali un assegno per un controvalore di
oltre 1 miliardo e ottocento milioni di lire, assegno che, per cause indipendenti alla sua
volontà, restò impagato. Tale condotta, se non è utile ad escludere l’elemento oggettivo del
reato, vale, quanto meno, ad escludere l’elemento psicologico, atteso che evidentemente gli
imputati non potevano coltivare la volontà dolosa prevista dall’articolo 216 LF.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e merita rigetto; il ricorrente va condannato alle spese del
grado’.
2. Al Ciccone sono addebitate, secondo quanto si legge nel capo d’imputazione, le
seguenti condotte distrattive: a) per la somma di lire 520.000.000 nel 2001, somma incassata
dalla moglie dell’imputato, asseritamente in restituzione di un prestito erogato dal Ciccone e
dal Lee alla spa, b) per la somma di lire 9.000.000 nel corso dell’anno 2000, sempre alla
moglie dell’imputato, d) per la somma di lire 120.000.000, incassati dal Ciccone con assegni
circolari emessi a debito del conto della società, e) per la somma di lire 492.000.000 per
parcella pagata a uno studio legale, relativa a prestazioni professionali non pertinenti
all’attività aziendale.
2.1. I fatti distrattivi, nella loro materialità, non sono contestati dalla difesa del
ricorrente, la quale tuttavia, sostiene -nel ricorso- che si trattò di somme provvisoriamente
incassate dal Ciccone a titolo di prestito, somme che poi il Lee avrebbe tentato di restituire con
un assegno, tuttavia non andato a buon fine, per l’importo complessivo di oltre lire
1.800.000.000. ciò a fronte di una uscita “anomala”, ammontante a circa 1.150.000.000 di
lire.
2.2. A dimostrazione di ciò, il ricorrente riporta interi brani della istruttoria
dibattimentale sviluppatasi in primo grado e, in particolare, alcuni passi della deposizione del
curatore, pretendendo che questa corte di legittimità ne apprezzi il contenuto, il significato e la
valenza.
Al proposito è appena il caso di ricordare che, come la giurisprudenza di questa corte ha più
volte chiarito (es. ASN 200618119-RV 233680), anche dopo la entrata in vigore della
novellazione dell’art. 606, comma primo lett. e), cpp, ad opera dell’art. 8 della L. 20 febbraio
2006 n. 46, il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati probatori, rimane
estraneo al giudizio di legittimità, atteso che non vi è alcuna prova che abbia un significato
isolato, disancorato dal contesto nel quale è inserita; ne consegue che, per potere stabilire se
una prova non considerata dal giudice del merito abbia effettivamente un significato

RITENUTO IN FATTO

I

3. Tanto premesso, due notazioni devono essere fatte.
3.1. La prima è che, per quel che riguarda il dolo della bancarotta per distrazione,
trattasi di dolo generico (tra le tante, ASN 201011899-RV 246357), essendo sufficiente che
l’agente abbia consapevolmente e volontariamente sottratto alle finalità aziendali beni,
strumenti, capitali o, comunque, risorse. Non è dunque necessario che egli coltivi il proposito di
danneggiare i creditori.
3.2. La seconda notazione consiste nel fatto che, una volta avvenuta la distrazione,
l’eventuale successiva restituzione non pone nel nulla il reato, trattandosi di un post factum,
penalmente irrilevante, se non, per la sua eventuale influenza sul trattamento sanzionatorio.
Nel caso di specie, peraltro, come lo stesso impugnate comunica, l’assegno del Lee rimase
impagato. Si sostiene che ciò avvenne per cause indipendenti dalla volontà del traente, ma si
tratta ovviamente di una mera affermazione del ricorrente, che questa corte non può e non
deve riscontrare.
33. Non si comprende poi per qual motivo l’intenzione (rimasta tale, seppure vi fu) del
Lee di versare nelle casse sociali la somma predetta possa valere ad escludere il dolo del
concorrente Ciccone.
Il ricorso non lo afferma e tantomeno lo chiarisce.
PQM
rigetta il ricorso e condanne ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, in data 3 giugno dell’anno 2014.-

pregnante, occorre una valutazione complessiva di tutto il materiale probatorio disponibile,
valutazione certamente non effettuabile da parte del giudice di legittimità, sulla base della
lettura, necessariamente parziale, suggeritagli dal ricorso per cassazione.
Invero, nessuna prova può essere valutata e apprezzata in sé, vale a dire, isolata dall’intero
contesto probatorio nel quale necessariamente si inserisce e che emerge a seguito
dell’istruttoria dibattimentale.

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