Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 29943 del 10/12/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 29943 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCHIBONI VINCENZO N. IL 23/04/1965
avverso l’ordinanza n. 3184/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
BOLOGNA, del 11/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
lette/seatite le conclusioni del PG Dott. f2,c, e,to
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Data Udienza: 10/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 11.2.2014, il Tribunale di Sorveglianza di Bologna confermava
il provvedimento dell’11.9.2013 con il quale il Magistrato di Sorveglianza di Modena aveva disposto
la proroga per otto mesi della misura di sicurezza della casa di lavoro applicata a SCHIBONI
Vincenzo con ordinanza emessa in data 31.1.2013 dal Magistrato di Sorveglianza di Firenze.
Nel provvedimento del primo Giudice si giustificava la disposta proroga in base alla caratura

suo carico, alla scarsa o assente revisione critica dei propri agiti delittuosi, alla impossibilità, allo
stato, di elaborare un progetto rieducativo che tenesse conto dell’assenza di risorse esterne e del
suo disturbo di personalità.
Il Tribunale reputava corrette le argomentazioni svolte dal Magistrato di Modena sulla
sussistenza dell’attuale pericolosità sociale dello SCHIBONI, soprattutto alla luce della reiterazione di
condotte tali da determinare proroghe e aggravamenti di misure di sicurezza anche quando si
prospettavano ipotesi di reinserimento sociale.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, chiedendo, dopo un’ampia digressione
sulla propria capacità di intendere e di volere, di porre fine alla misura di sicurezza in esecuzione per
avere tenuto “in tutti questi anni” buona condotta in carcere, tale da renderlo meritevole della
concessione di 900 giorni di liberazione anticipata.
Nelle more della trattazione del ricorso da parte della Settima Sezione di questa Corte
(udienza del 26.1.2015), è pervenuta memoria sottoscritta dall’avv. Laura Polimeno a sostegno dei
motivi di impugnazione e in contestazione della prospettata inammissibilità.
Secondo il difensore, le doglianze espresse dallo SCHIBONI erano conformi al contenuto
normativo della L. n. 81/2014 che aveva convertito il D.L. n. 52/14 e, in particolare, al principio
secondo cui non costituiva elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola
mancanza di programmi terapeutici individuali.
Nel caso in esame, l’applicazione dell’indulto ex lege n. 241/2006, l’assenza di disturbi
psichiatrici suscettibili di giustificare il giudizio di pericolosità sociale del soggetto, e, infine, il
principio costituzionale di ragionevolezza, imponevano la censura del provvedimento impugnato.
2.1. All’udienza del 26.1.2015, la Settima Sezione di questa Corte, ritenuta l’insussistenza di
alcuna causa di inammissibilità come rilevata in sede di esame preliminare del procedimento,
ordinava rimettersi gli atti alla Prima Sezione penale tabellarmente competente.
3.

Il Procuratore Generale presso questa Corte, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto

dichiararsi inammissibile il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

2

delinquenziale del condannato quale emergente dai precedenti penali e dalle informazioni di Polizia a

2. Premessa l’assoluta genericità dei motivi di ricorso originari, ritiene il Collegio che neppure
la memoria depositata dal difensore in data 9.1.2015 contenga spunti significativi.
Invero, il riferimento alle disposizioni contenute nel D.L. 31 marzo 2014 n. 52, convertito
nella L. 30 maggio 2014 n. 81, non incide sulla conformità ai parametri normativi del provvedimento
impugnato.
Il Tribunale di Sorveglianza ha richiamato sinteticamente, facendola propria, la motivazione
del provvedimento del Magistrato di Sorveglianza, che aveva debitamente argomentato in ordine

introdotta – per ritenere la permanenza della pericolosità sociale dello SCHIBONI, con conseguente
proroga della misura di sicurezza originariamente applicatagli.
Ciò in quanto l’art. 1, comma 1, lett. b) del citato D.L. n. 52/14 dispone che l’accertamento
della pericolosità sia effettuato “sulla base delle qualità soggettive della persona e senza tenere
conto delle condizioni di cui all’articolo 133, secondo comma, numero 4, del codice penale” ed inoltre
che “non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza
di programmi terapeutici individuali”.
Nella specie, i Giudici di Sorveglianza non hanno fondato la valutazione di pericolosità sociale
del ricorrente né sulle sole condizioni di vita individuale, familiare e sociale, né sulla sola mancanza
di programmi terapeutici, bensì sulla gravità dei fatti commessi, sulla scarsa o assente revisione
critica, sulle condotte tenute anche nel corso dell’esecuzione delle misure di sicurezza applicate.
Quanto all’ulteriore novità legislativa, cui fa un accenno la citata memoria difensiva, e cioè
l’introduzione di un limite alla durata delle misure di sicurezza detentive, che non può ora superare il
massimo edittale della pena detentiva prevista per il reato commesso, determinato a norma dell’art.
278 c.p.p. (art. 1, comma 1-quater D.L. n. 52/2014), non risulta che detto limite sia stato superato.
La condanna nei confronti dello SCHIBONI concerne, infatti, come risulta dal certificato
penale, il reato di sfruttamento della prostituzione di cui all’art. 3, n. 8, L. n. 75/58, aggravato ai
sensi dell’art. 4 della stessa legge, dunque con pena massima di dodici anni di reclusione.
La prima misura di sicurezza risulta applicata nel 2008, sicché il termine massimo non può,
all’evidenza, considerarsi scaduto.
3. Al rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2015

alla sussistenza dei requisiti necessari – anche alla stregua della normativa successivamente

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